Agostino di Ippona, Santo
Padre e dottore della Chiesa occidentale, A. Aurelio nacque il 13 novembre 354 a Tagaste (Numidia proconsolare; od. Souk Ahras, in Algeria). Morì nella notte tra il 28 e il 29 agosto 430 a Ippona (Hippo regio; od. Bona), mentre la città era assediata dai Vandali. In questa città era anche stato ordinato sacerdote nel 391 e nel 397 ne era diventato vescovo.
L'opera del santo ha avuto in ogni campo (v. Estetica) eccezionale importanza in Europa occidentale durante il Medioevo e le rappresentazioni che lo riguardano hanno subìto nei secoli significative modificazioni per giungere gradualmente ai tipi più diffusi che si impongono a partire dal sec. 13°, quando A. viene rappresentato come un vescovo di mezza età, quasi sempre con barba corta e grigia, e gli attributi di tale dignità (mitra, piviale, pastorale e/o libro) o come un monaco tonsurato, vestito con un saio nero stretto in vita da una cintura di cuoio.
La più antica immagine viene indicata in un affresco del Sancta Sanctorum lateranense che risale alla fine del 6° o agli inizi del 7° secolo. Qui A., non contrassegnato dall'aureola, è rappresentato seduto davanti a un leggio su cui poggia un manoscritto aperto; è abbigliato come un romano con tunica clavata e pallio, ha la barba molto corta, tiene nella sinistra un rotulo e ha la destra levata nel gesto della parola. Entro il secondo quarto del sec. 7° si colloca un'immagine aureolata del santo, rappresentato a mezzo busto e con fattezze giovanili, impressa sul sigillo del duca Pietro di Numidia conservato a Roma, Mus. Vaticani. Al secolo successivo risale un affresco, assai danneggiato, in S. Maria Antiqua a Roma dove A. è riconoscibile solo per il nome scritto sullo sfondo.Di notevole interesse è una rappresentazione aggiunta nel sec. 7° sul retro del dittico di Boezio (487) conservato nel Civ. Mus. Cristiano di Brescia. Nell'opera A., fiancheggiato da s. Girolamo e s. Gregorio, è tonsurato, ha una corta barba bianca, indossa la casula e regge in mano un libro. Il tipo si ritrova, con lievi varianti, in numerose miniature di epoca successiva, nei mosaici di S. Marco a Venezia e delle cattedrali di Cefalù e Torcello, risalenti al 12° secolo. Nella stessa epoca fa la sua apparizione nella pittura monumentale l'immagine del santo in abiti vescovili, come si vede in un affresco nella chiesa di Saint-Sernin a Tolosa, retta dai Canonici agostiniani. Nel dipinto, riferibile al secondo quarto del sec. 12° (Demus, 1968, pp. 138-139), il santo, con una folta barba bianca, mitra a due corni e piviale, è assiso in trono e mostra un libro aperto a un discepolo scrivano mentre, sul lato opposto, un altro discepolo, in piedi, regge il pastorale.
Il modello acquistò sempre maggior importanza nel corso del Duecento anche in campo miniatorio dove il tipo giovanile (Cividale del Friuli, Mus. Archeologico Naz., CXXXVII, c. 169v) si alternò a quello maturo (Perugia, Mus. Capitolare, 15, c. 126r). Le realizzazioni trecentesche, in piccolo e grande formato, confermano il definitivo affermarsi di questo modello iconografico che, con minime varianti, rimase prevalente in epoche successive.Molto diffusa è la rappresentazione del santo come dottore della Chiesa, immagine che molto spesso viene impiegata unitamente a quelle di s. Gregorio, s. Girolamo e s. Ambrogio a decorare le vele di edifici religiosi. Celeberrima è quella della basilica superiore di S. Francesco ad Assisi, dove A., in abiti vescovili, è rappresentato seduto, nell'atto di dettare a un monaco scrivano.
Rarissima è invece l'immagine del santo con il cuore trafitto, evidentemente derivata da esempi similari che ebbero origine in ambito francescano: l'unica versione sin qui conosciuta si rintraccia nel tabellone inferiore di una croce dipinta conservata nella chiesa degli Eremitani a Padova, opera eseguita da Niccolò Semitecolo e riferibile alla seconda metà del 14° secolo. Va infine ricordata per la sua eccezionalità la grandiosa cosmografia teologica nel Camposanto di Pisa, affrescata da Piero di Puccio tra il 1389 e il 1391, dove A. compare insieme a s. Tommaso.
Esse vengono considerate un'evoluzione 'dinamica' delle immagini di A. presenti sui frontespizi contenenti le sue opere e che si potrebbero intendere come 'ritratti d'autore' secondo una consuetudine comune anche a s. Ambrogio e a s. Gregorio Magno, data la grande fortuna arrisa ai tre autori in età medievale (Grabar, Nordenfalk, 1958).
Le rappresentazioni si ispirano talora a fatti reali della vita di A. tratti dalle Confessioni o dalla Vita di Possidio, mentre in molti altri casi esse "ne racontent rien" (J. Courcelle, P. Courcelle, 1964c, p. 71), ma illustrano semplicemente ciò che è narrato nel testo o alludono al suo ruolo di predicatore, maestro o fondatore di ordini religiosi. Le scene sono state classificate nel modo seguente:
1) A. predica a un gruppo: compare per la prima volta in un omeliario del sec. 8°, il c.d. codice di Egino, dove il santo si rivolge ad alcuni chierici (Berlino, Staatsbibl., Phill. 1676, c. 18v). La scena è replicata più volte in opere successive con qualche variante. Alle figure dei chierici, che si ritrovano ancora in una miniatura del sec. 12° conservata a Firenze (Laur., Plut. 12. 17, c. 2r), in un sigillo del 1263, oggi negli archivi di Monaco (Bayer. Hauptstaatsarch.), e in un codice trecentesco a Cambridge (St John's College, 30, c. 117r), si alternano quelle di fedeli come in due manoscritti di Madrid (Bibl. Nac., 193, c. 4v) e Berlino (Kupferstichkab., 78. A.5, c. 4v) databili al sec. 12° e, nel Trecento, in un altro codice madrileno (Escorial, Bibl., P.I. 19, c. 1r) ove A. si rivolge alle gerarchie ecclesiastiche simboleggiate dal papa, da un cardinale, da un vescovo e da alcuni chierici.
2) A. si rivolge a un discepolo: si incontra per la prima volta nel sec. 10° nelle Enarrationes in Psalmos di Orléans (Bibl. Mun., 46, t. II, c. 1r) e viene replicata successivamente in un codice del sec. 12° di Engelberg (Stiftsbibl., 14, c. 125r), in uno di Vich in Catalogna (Mus. Arqueologic-Artistic Episcopal, c. 5r), dove il discepolo è identificabile in Volusiano, e nel De Civitate Dei della Bibl. Civ. Gambalunga di Rimini (D II 42, c. 1r), risalente agli inizi del Quattrocento.
3) A. discute con uno o più eretici: in alcuni casi il santo viene contrapposto a un gruppo indistinto di eretici come in due manoscritti del sec. 12° conservati a Engelberg (Stiftsbibl., 14, c. 1v; 17, c. 106r); in altri l'avversario è individuato in Feliciano (Avranches, Bibl. Mun., 72, c. 97r) e più frequentemente in Fausto (Parigi, BN, lat. 2079, c. 1v; Parigi, Maz., lat. 618, c. 1r; Avranches, Bibl. Mun., 90, c. 1v; Douai, Bibl. Mun., 263, c. 2r; Vendôme, Bibl. Mun., 34, cc. 1r e 90v). Sempre nell'ambito delle dispute ereticali si colloca l'episodio dei due monaci di Adrumeto illustrato nel sec. 11° in un codice di Metz (Arch. vescovile, 232, c. 46v). Una più generica allusione alla lotta contro l'eresia si coglie in un affresco a Saint-Jacques-des-Guérets (dip. Loir-et-Cher), dove A. è rappresentato insieme a s. Giorgio, e in una miniatura di Parigi (BN, fr. 241, c. 222v) risalente al 14° secolo.
4) A. dona la Regola: oltre che nel ricordato affresco di Saint-Sernin a Tolosa, la scena, di chiaro significato simbolico, compare in un codice del 1154 della Bibl. du Grand Séminaire di Strasburgo (78, c. 5r), in un altro duecentesco ora a Cambridge (Fitzwilliam Mus., CFM 5, c. 255v) e nel leggendario domenicano di Santa Croce a Ratisbona (1271-1276), di controversa interpretazione. La Consegna della Regola è rappresentata anche in due affreschi per le chiese agostiniane di Fabriano e Rimini, risalenti rispettivamente al tardo Duecento e agli inizi del Trecento e in uno scomparto di polittico nella Pinacoteca Naz. di Bologna (nr. 159, sec. 14°).
5) A. riceve un'ispirazione: l'immagine si rintraccia per la prima volta nel sec. 11° (Parigi, BN, lat. 1987, c. 43r) ed è l'unica in cui il santo è visitato dallo Spirito Santo e da un angelo. Quest'ultimo compare da solo in due manoscritti di Avranches (Bibl. Mun., 75, c. 1v; 76). Carattere eccezionale assume la miniatura di un codice (coll. privata) del tardo Trecento dove A. è ispirato direttamente da Cristo (De Polo, 1979, pp. 543-551). Variazioni su questo tema si possono considerare due miniature a Valenciennes (Bibl. Mun., 75, c. 52r) e a Cambrai (Bibl. Mun., 559, c. 69v) dove il santo è a colloquio rispettivamente con la Saggezza e con la Lussuria e l'Avarizia.
6) A. intento a scrivere nel suo studio: per la maggior parte gli esempi risalgono al sec. 12° e funsero da prototipo per le successive rappresentazioni del santo come dottore della Chiesa. La realizzazione più antica si trova in un codice della Bibl. Mun. di Tours (291, c. 132v), cui seguono le scene miniate di Bruxelles (Bibl. Royale, 9137, c. 8r, e II. 2526 c. 1v) e Vienna (Öst. Nat. Bibl., 1488, c. 1v). Tardo trecentesca è la rappresentazione del tema in un codice della Biblioteca Apostolica Vaticana (lat. 8541, c. 75r).
7) A. dialoga a Cassiciaco: delle due versioni conosciute di questo episodio la più antica e completa appare quella di Admont (Stiftsbibl., 21, c. 1v) dove il santo colloquia con quattro amici, mentre nella redazione di Vienna (Öst. Nat. Bibl., 1009, c. 1r) il gruppo si riduce a tre con l'eliminazione della figura di Navigio.
8) A. viene battezzato da s. Ambrogio: è la scena che viene narrata con maggiore vivacità. Essa si ritrova in un manoscritto di Douai (Bibl. Mun., 280, c. 41v) risalente al sec. 12° e nel Salterio della beata Elisabetta (Cividale del Friuli, Mus. Archeologico Naz., CXXXVII, c. 159) dove alcune imprecisioni dovute al miniatore fanno pensare a un prototipo perduto male interpretato.
9) A. e il fanciullo con il cucchiaio: tema che viene rappresentato per la prima volta solo nella seconda metà del sec. 14°, poiché la leggenda, originatasi al principio del Duecento, venne applicata al santo molto più tardi (Marrou, 1954-1955, pp. 131-135). La versione più antica fin qui nota di questa leggenda si rintraccia in un breviario francescano conservato a Parigi (BN, lat. 760, c. 505v) databile intorno al 1360.
Va infine segnalata una singolare variante della celebre scena della morte del santo miniata su un leggendario della Biblioteca Apostolica Vaticana (lat. 8541, c. 75r). Accanto al letto di morte di A. è eccezionalmente rappresentata la figura di un giovane vescovo, forse identificabile con Eraclio suo successore, colto nell'atto di leggere l'orazione funebre.
I più antichi cicli narrativi risalgono agli inizi del sec. 14° e hanno origine dal processo di rinnovamento figurativo promosso dagli Ordini mendicanti, con precocità dai Francescani e dai Domenicani. I soggetti delle storie agostiniane traggono spunto in prevalenza da fonti medievali: la Legenda aurea e i sermoni apocrifi Ad fratres in heremo piuttosto che dalle Confessioni e dalla Vita di Possidio, citate sempre con molta precisione, ma meno adatte agli scopi didattico-propagandistici perseguiti dalle comunità che avevano adottato la Regola del vescovo di Ippona. È generale infatti la tendenza a mescolare episodi reali e leggendari e, in alcuni casi, a porre l'accento sui miracoli postumi. Di norma vengono trascurati gli 'errori' commessi dal santo prima della conversione e si fa riferimento alla sua educazione e al suo rapporto con s. Monica. Lo scopo principale è quello di celebrare A. come fondatore di ordini religiosi e questo spiega la presenza costante della scena della Consegna della Regola anche in cicli molto ridotti e la fortuna di tre episodi eremitici: Simpliciano assiste al battesimo di A. e l'aiuta a rimettere l'abito monastico, la Visita di A. agli eremiti della Toscana e A. che chiede a Simpliciano dodici eremiti per accompagnarlo a Tagaste (Arbesmann, 1963).
Nella stragrande maggioranza dei casi le narrazioni cicliche si possono ricondurre agli insediamenti retti da frati eremiti o da Canonici regolari. Proprio in una chiesa appartenuta a questi ultimi, St. Augustin a Erfurt, si rintraccia la prima trattazione organica della vita del santo. Si tratta di una vetrata, in parte manomessa, commissionata dal vescovo della città ed eseguita nel primissimo Trecento, ove sono rappresentate ben trentatré scene relative ad Agostino. Assai più ridotto è il programma svolto, poco dopo il 1318, nella chiesa di Notre-Dame-du-Bourg a Rabastens (Tarn) dove una delle cappelle del coro, fatto erigere dal vescovo di Compostela, è impegnata da sette episodi agostiniani ed è la più antica testimonianza del genere nel campo della pittura murale. Subito dopo si collocano gli affreschi di S. Agostino a Fabriano, di breve respiro, ma dove assumono particolare importanza i miracoli postumi. Seguono i rilievi scultorei dell'arca di S. Pietro in Ciel d'Oro a Pavia, eseguita nel settimo decennio del sec. 14°, che custodisce le spoglie mortali del santo. Allo stesso decennio risalgono gli affreschi del Guariento per il coro della chiesa degli Eremitani a Padova dove le storie del santo, oggi ridotte a quattro rispetto alle sei originali, sono narrate insieme a quelle degli apostoli Giacomo e Filippo. Brevi cicli agostiniani si trovano in due dipinti su tavola: una predella con quattro scene nell'Alte Pinakothek di Monaco, che risale al 1409, proveniente forse dalla chiesa di S. Agostino a Narni, e altrettante storie, appartenenti a un momento successivo, conservate nella Pinacoteca dei Mus. Vaticani. Ampio respiro ha infine il ciclo che decora l'abside della chiesa di S. Agostino a Gubbio, eseguito dal Nelli nel secondo decennio del Quattrocento. Nelle venticinque storie che lo compongono è narrata "surtout la vie même d'Augustin comme si elle comportait de nombreux épisodes 'a la gloire des Ermites" (J. Courcelle, P. Courcelle, 1965, p. 14).
L'interesse per l'iconografia agostiniana di età medievale si è manifestato solo nel corso degli ultimi trent'anni. In precedenza gli specialisti consideravano questo argomento del tutto trascurabile e lo liquidavano in modo sommario: "Deux ordres mendiants sur quatre on produit des légendes et des figures: les Franciscains et les Dominicains" (Gillet, 1912). Non valsero a modificare la situazione gli interventi di Wilpert (1916; 1931), che per primo pubblicò la più antica immagine del santo, e di Van Marle (1925), il quale, con qualche imprecisione, segnalò nel suo monumentale lavoro sulla pittura italiana numerose testimonianze dell'iconografia di Agostino. Così Mâle (1951), Réau (1957; 1958), Salet (1957) continuarono a denunciare la scarsa consistenza dell'iconografia agostiniana nel Medioevo. Eppure già nel 1952 Kaftal, pur nell'ambito limitato della pittura toscana, era giunto a classificare molte rappresentazioni relative al santo che facevano intravedere le enormi potenzialità di approfondimento della materia. Gli anni Sessanta sono stati caratterizzati da una svolta positiva sull'argomento. Dopo un intervento di Croce (1961), sono stati soprattutto J. e P. Courcelle a compiere decisivi progressi. I due studiosi attraverso numerosi articoli hanno pubblicato svariati esempi di scene agostiniane rintracciate per larghissima parte in manoscritti databili tra l'8° e il 14° secolo. Essi inoltre nel 1965 hanno dedicato un intero volume ai cicli narrativi incentrati sul santo nel sec. 14° e agli inizi del Quattrocento, dimostrando la notevole consistenza di questo genere.
Bibliografia
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