FACCHI (Facho, Faccho, Facco), Agostino
Nacque probabilmente agli inizi del sec. XVII in una località imprecisabile dell'Italia settentrionale. Nulla si conosce dei suoi primi anni di vita e della sua formazione se non che, prima del 1624, entrò a far parte dell'Ordine dei frati minori conventuali.
Si dedicò ben presto agli studi musicali, come egli stesso afferma nella dedica della sua prima opera a stampa (Concerti spirituali a 1. 2. 3. 4. con due scielte de littanie della Madona..., Venezia, stampa del Gardano, appresso B. Magni, 1624), dove definisce le sue composizioni "primi parti, novelli fiori della primavera di mia gioventù ...".
Nella stessa dedica, indirizzata a Lodovico Porcelaga, visitatore della Congregazione di S. Girolamo da Fiesole, il F. mette in evidenza il proprio "obligo particolare di gratitudine" nei riguardi del dedicatario. Da quanto si desume dal frontespizio dell'opera citata, il F. in quel periodo esercitava la funzione di organista della chiesa del convento delle "Gratie" di Bologna. Questa è l'unica notizia che possediamo sulla sua attività bolognese, ma il fatto che in quello stesso periodo il F. venisse aggregato, unico "forestiero" con Claudio Monteverdi, nell'anno di fondazione all'Accademia dei Filomusi (Banchieri, p. 110) testimonia il suo inserimento nell'ambiente musicale locale.
Il 13 sett. 1624 il F. venne nominato organista del duomo di Vicenza dopo una competizione con Tullio Largari, figlio del precedente organista (Mantese, p. 90). Non si conoscono i motivi che indussero il F. a lasciare Bologna per Vicenza. Qui iniziò la sua attività nel gennaio 1625. Nel giugno 1633 il suo nome scompare dall'elenco dei salariati del duomo riportato nel libro del massaro del duomo stesso (ibid., p. 91) e - nei due anni successivi - nel medesimo libro risulta che il posto di organista era stato preso dal maestro di cappella Gaspare Filippi. Il F., comunque, continuò a dichiararsi organista del duomo vicentino nelle sue opere: Motetti a doi, tre, quattro e cinque voci ... libro secondo; Madrigali a doi, tre..., libro secondo, dedicata, quest'ultima, a Orazio Barbisoni, abate di S. Felice di Vicenza, opere che furono pubblicate a Venezia presso Magni, rispettivamente nel 1635 e nel 1636. Nel 1637 il suo nome appare di nuovo tra i salariati del duomo.
Il F. continuò a prestare servizio ininterrottamente fino al 2 maggio 1647 quando indirizzò una lettera ai canonici del duomo chiedendo di poter lasciare l'incarico a causa della grave malattia che lo costringeva a "mutar aria" e a trasferirsi "alla patria ovvero in altro luogo ove giudicarò meglio" (Mantese, p. 91). È probabile, tuttavia, che oltre alla malattia, testimoniata dal F. stesso anche in altre circostanze. vi fossero altri motivi che lo indussero a chiedere le dimissioni dal suo incarico. Nella stessa lettera fa notare come "... da dieci anni in qua, per la miseria della cantoria non solo non ho mai potuto haver quel poco di salario ma nemmeno son stato saldato della spesa che feci nel far accomodar l'organo" (ibid.).
Nel 1650, comunque, il F. rientrò nuovamente al suo posto, riprendendo le sue solite mansioni. Tuttavia, le sue precarie condizioni di salute, connesse con i suoi impegni religiosi, lo costrinsero spesso a farsi sostituire da altri elementi.
I canonici della cattedrale gli fecero alcuni appunti ai quali nel settembre del 1655 egli rispose che "avrebbe servito fino a cappella nuova" e poi avrebbe deciso se "continuare nel servitio o rinunciare". I contrasti, però, furono ben presto appianati e il F. continuò il suo servizio. Nel 1660 chiedeva al capitolo che venisse sostituito da Giacinto Lunardi (che poi prenderà definitivamente il suo posto) in quanto era "aggravato dagli anni e da molte indispositioni" (Mantese, p. 94). Il F. comunque, pur con molte assenze, mantenne il suo incarico fino al luglio del 1661. È l'ultima volta che il suo nome compare tra i salariati della cattedrale.
Morì, secondo il Mantese e l'Eitner, a Vicenza, nel dicembre del 1662.
Il Fétis, che tra l'altro lo vorrebbe vissuto nella seconda metà del sec. XVII, gli attribuisce anche un libro di Mottetti a due e tre voci, Bologna, Monti, 1674 (la notizia è riportata anche dallo Schmidl). Un libro di madrigali (il primo) è andato perduto. Nonostante sia probabile che il F. avesse composto della musica ad uso della liturgia, negli archivi vicentini non rimane traccia delle sue composizioni.
Nelle sue opere il F. impiegò, l'uno accanto all'altro, elementi del vecchio e del nuovo stile. Pur essendo, per certi aspetti, legato alla tradizione, si mostrò tuttavia interessato alle nuove tendenze musicali. In alcuni brani e, in particolar modo, nei madrigali, gli ornamenti risultano abbondanti ma non mancano i casi in cui adopera una costruzione "i accordale", tipica invece dei mottetti. Sono presenti dei cromatismi mentre il basso continuo, pur mantenendo la sua funzione di sostegno armonico, ha una condotta cantabile di tipo vocale.
Fonti e Bibl.: Il lavoro più completo sul F. (relativamente al periodo vicentino) è in G. Mantese, Storia musicale vicentina, Vicenza 1956, pp. 90 ss. Cfr. inoltre: A. Banchieri, Discorso di Camillo Scaliggeri della Fratta qual pruova che la favella di Bologna precede, & eccede la Toscana in prosa & in rima, Bologna 1626, p. 110; G. Gaspari, Catalogo della Biblioteca del Liceo musicale G. B. Martini di Bologna, II, Bologna 1890, p. 418; III, ibid. 1893, p.126; V. Bolcato-A. Zanotelli, Sfondo musicale dell'Archivio capitolare del duomo di Vicenza, Torino 1986, pp. XIX s., XXII; Répertoire international des sources musicales, Einzeldrucke vor 1800, III, p. 4; Ibid., Recueils imprimés XVI-XVII siècles, pp. 486; Encicl. della musica Ricordi, II, p. 158; F.-J. Fétis, Biographie universelle des musiciens, III, p. 176; C. Schmidl, Dizionario universale dei musicisti, p. 512; R. Eitner, Quellen-Lexikon der Musiker, III, p. 379; La musica, Diz., I, p. 623; Die Musik in Geschichte und Gegemvart, XVI, col. 169; The New Grove Dict. of music and musicians, VI, pp. 354 s.; Diz. enc. univ. della musica e dei musicisti. Le biografie, II, p. 689.