FACHERIS, Agostino (Agostino da Caversegno, il Caversegno)
Nacque a Caversegno (ora Capersegno) in quel di Presezzo, vicino Bergamo intorno al 1500 da maestro Filippo. A documentato nel 1527, anno in cui gli Estimi del Comune di Bergamo (Togni, 1976, p. 112) lo registrano quale abitante della vicinia di Sant'Andrea a Porta Dipinta. Anche se scarne, le notizie sulla vita e sulle opere del F., tramandateci dalle fonti, unitamente ai suoi dipinti datati e firmati, sono tuttavia sufficienti per ricostruire la sua attività pittorica a partire dal 1525, epoca in cui tradizionalmente (Locatelli, 1869, p. 274) viene ricordata la sua collaborazione all'esecuzione del polittico di S. Spirito, accanto ad Andrea Previtali.
Al Tassi (1793), suo principale biografo, si devono informazioni sulla produzione datata, che inizia nel 1528, anno di esecuzione del S. Agostino in cattedra per la chiesa della Ss. Trinità in Bergamo, opera firmata ma dispersa nell'Ottocento.
Ugualmente perduto è il S. Pietro tra i ss. Martino e Quirico (firmato e datato 1531), eseguito per la parrocchiale di Bolgare, ma, come riferiscono le note al Tassi (1793, p. 45), acquistato dal nobile signore Marco Bressani alla fine del sec. XVIII.
Al 25 nov. 1531 e al 15 genn. 1532 risalgono due lettere autografe di L. Lotto alla Confraternita della Misericordia Maggiore e due richiami contenuti nel Liber fabricae chori (Chiodi, 1968; Togni, 1976, pp. 111 s.).
Le notizie riportate sono di particolare significato: attestano come il giovane F. avesse conosciuto direttamente il maestro veneziano, che non esitava, lasciata ormai definitivamente Bergamo, a servirsi di lui in qualità di affidatario e consegnatario dei suoi modelli per le tarsie destinate al coro di S. Maria Maggiore.
Tra le opere rimaste del F., la sua prima prova è stata rintracciata dal Togni (1976, pp. 111, 118) in una Trinità (Bergamo, coll. privata), firmata e datata 1533.
È possibile contare su di un limitato, ma vagliato, catalogo di opere nonché su una serie di carte d'archivio (Togni, 1976, p. 112) che documentano il quarto decennio del sec. XVI come il momento più intenso e fecondo del Facheris. Le sue composizioni migliori, databili tra il 1536 ed il 1537, in genere animate da sfondi paesistici, rivelano l'artista particolarmente attento all'esempio di Lorenzo Lotto.
È del 1536 la Madonna col Bambino e i ss. Pietro, Paolo, Stefano e Giovanni Battista della chiesa parrocchiale di S. Maria Assunta a Locatello; del 1537 il Polittico della chiesa di S. Giacomo a Piazzatorre (cfr. Togni, 1976, pp. 111, 119); ugualmente firmato e datato 1537 il S. Marco, di collezione privata bresciana, recentemente recuperato al catalogo del F. (Bassi-Rathgeb, 1971, p. 266).
In queste opere, che si caratterizzano per durezza di tratto grafico, si nota un progressivo avvicinamento a motivi e figure del Lotto, anche se lo stile del F. rimane in sostanza indifferente all'inquieto luminismo del maestro veneziano, avvicinandosi singolarmente a certe declinazioni in chiave devozionale del linguaggio lottesco in terra marchigiana (cfr. Rossi, 1991). Inoltre i dati costanti sono il cromatismo vivace ed estroso e la vena ingenua con cui vengono interpretate le tematiche lottesche, saldate ecletticamente a componenti di ispirazione tizianesca, senza riuscire a fondere i dati culturali assimilati in uno stile personale.Nel 1538 il notaio Martino Benaglio redasse il testamento del F. (Togni, 1976, p. 112), mentre al 1539 va riferito l'atto di commissione di una Pietà per la Confraternita dello Spasimo, noto da una trascrizione ottocentesca del Locatelli (1869, p. 275), sfortunatamente non riconducibile ad alcuna opera nota. A questo punto non ci soccorrono più notizie documentarie, né dipinti firmati. L'ultimo riferimento cronologico, citato dal Tassi (1793), è il 1552, anno in cui sarebbe stata eseguita la pala, firmata, raffigurante S. Vigilio tra i ss. Lupo e Massenzio, per la chiesa di S. Vigilio, opera anch'essa perduta. Si tratta probabilmente dell'ultimo impegno del F., che dovette morire poco tempo dopo.
A questo corpus ben documentato, testimonianza di una cultura provinciale ma prevalentemente ispirata all'opera del Lotto, si possono collegare altre opere bergamasche, di discussa cronologia, che presentano i medesimi connotati stilistici e nelle quali il F. si rivela narratore piacevole, ancorato ad un grafismo quattrocentesco e a schemi compositivi semplificati.
Confermata anche dalla più antica storiografia è l'attribuzione al F. di due tavole con S. Sebastiano e S. Fabiano (Bergamo, chiesa di S. Alessandro della Croce), connotate da un disegno sommario e da una tavolozza vivace ed elementare, ragionevolmente da collocarsi alla fine degli anni Venti.
Senz'altro posteriori appaiono invece le due pale bergamasche, delle chiese di S. Spirito e S. Bartolomeo, ove più evidente appare l'influenza del Lotto che si traduce in coscienza e costruzione spaziale maggiori e in un ammorbidimento dei panneggi dopo il fare più duro delle prime tele. La prima, la Madonna col Bambino e i ss. Agostino e Giovanni Evangelista, della chiesa di S. Bartolomeo, può agevolmente attribuirsi al F. proprio per la sua ambiguità stilistica, a metà tra un'interpretazione semplificata delle Madonne lottesche e un'imitazione delle tipologie del Previtali, un po' rigide e naïf (Venturi, 1934, p. 311). Attributivamente più discussa (cfr. Togni, 1976, p. 118, che riporta la data 1531) è la seconda, la Madonna col Bambino, il vescovo Agostino Tassi e i ss. Agostino e Antonio, ove si ritrovano apporti veneti e lombardi.
Di tono piacevolmente narrativo è il dipinto con i Fatti della vita di s. Giuliano (Roma, palazzo Barberini, Galleria nazionale d'arte antica), dove il F. si esprime in un linguaggio facile, caratterizzato da pennellate cariche e brillanti.
Ancorato maggiormente al modello previtalesco (vedi S. Benedetto in trono tra santi del duomo di Bergamo), nel senso di un grafismo quattrocentesco e di un panneggiare volumetrico e irrigidito, è il S. Nicola, conservato a Rohrau (Austria Inferiore, nella Galleria del castello Harrach), la cui attribuzione al F. è largamente condivisa (Togni, 1976, p. 119, con bibl. relativa).
Fonti e Bibl.: F. M. Tassi, Vite de' pittori scultori e architetti bergamaschi (1793), Milano 1970, I, pp. 45 ss.; C. Marenzi, Guida di Bergamo (1824), Bergamo 1985, ad Ind.; P. Locatelli, Illustri bergamaschi, I, Bergamo 1867, p. 39; II, ibid. 1869, pp. 274-277; B. Berenson, Lorenzo Lotto, New York-London 1895, p. 301; A. Pinetti, Inventario degli oggetti d'arte d'Italia, I, Provincia di Bergamo, Roma 1931, pp. 27, 39; Id., Supplemento all'Inventario, in Bergomum, XI (1933), 3, p. 109; A. Venturi, Storia dell'arte ital., IX, 7, Milano 1934, pp. 3 II ss.; F. Mazzini, Mostra d'opere d'arte restaurate (catal.), Bergamo 1960, [pp. n.n.] n. 14; R. Pallucchini, Una mostra di opere restaurate in Bergamo, in Arte veneta, XIV (1960), pp. 294 s.; L. Chiodi, Lettere ined. di L. Lotto, in Bergomum, XLII (1968), 2, pp. 154-157; R. Bassi Rathgeb, Una tavola firmata del Caversegno, in Arte veneta, XXV (1971), pp. 265 ss.; C. Bajo, Un'opera ined. del Caversegno..., in Bergamo arte, II (1971), 8, pp. 31-37; R. Togni, in I pittori bergamaschi dal XIII al XIX secolo. Il Cinquecento, II, Bergamo 1976, pp. 111-125 (con bibliografia); Chiese parrocchiali bergamasche, a cura di L. Pagnoni, Bergamo 1979, ad Ind.; F. Rossi, in Pittura a Bergamo dal romanico al neoclassicismo, Milano 1991, p. 246; U. Thieme-F. Becker, Künstlerlexikon, XI, p. 180; XIII, p. 299 (s.v. Gavazzi, Agostino per l'errata attribuzione del polittico Piazzatorre).