FORNO, Agostino
Nacque a Palermo intorno al secondo decennio del secolo XVIII da nobile e influente famiglia imparentata con i Forni di Modena. Il F. è conosciuto anche come barone della Tavola, forse perché un antenato, suo omonimo, aveva acquistato nel 1639 l'ufficio di archiviario della Tavola e pubblico banco. Scarse sono le notizie relative alla vita del F., mentre è possibile ricostruire con continuità le fasi della sua feconda attività di studioso eclettico, attratto da molteplici interessi, che vanno dal diritto ecclesiastico e privato alla musica, dall'eloquenza alla poesia e alla critica teatrale. Il luogo di risonanza di questo assiduo impegno fu l'Accademia del Buon Gusto, dove il F. entrò nel 1743 (Di Giovanni, p. 11), assumendo il nome di Dafni Oreteo. Ma dalle occasioni di certe sue opere si intuisce che egli soggiornò anche a Napoli, Roma e Firenze.
La formazione culturale e gli indirizzi estetici e filosofici del F. sono comunque da riportare a certo clima muratoriano della Palermo della prima metà del sec. XVIII, il cui ceto intellettuale era pervaso da spiriti razionalistici e da caute esigenze di riformismo religioso.
A L.A. Muratori, di cui fu anche corrispondente, il F. fa del resto frequente riferimento nei suoi scritti, sia per confutare i sistemi filosofici di impianto scientifico (Dissertazione nella quale provasi non esser valevole la fisica medicina a prolongare l'umana vita, Palermo 1754), sia nell'invocarne l'autorità, in sede di valutazione letteraria, come nel giudizio sull'Attilio Regolo metastasiano (Lezione accademica sopra l'Attilio Regolo, in Nuova Raccolta di opuscoli di autori siciliani, Palermo 1788-1796, III, pp. 278-300), di cui viene condannata la scarsa verosimiglianza del soggetto e soprattutto l'incapacità di "porgerci un esempio di virtù, o pure una lezione da farci fuggire il vizio". E un'uguale celebrazione delle qualità intellettuali e dell'insegnamento morale del letterato modenese si trova nell'Orazione per la morte di L.A. Muratori (Modena 1751), in cui la traboccante ammirazione per la figura del "defunto eroe" non manca di tradursi nel riconoscimento della sua influenza sull'Accademia del Buon Gusto, che da lui derivò il "suo nascimento e il nome" (p. 55).
Oratore assai prolifico, il F. è autore di un gran numero di scritti d'occasione, che però apparvero già allo Scinà "slavati, senz'anima, senza sapere" (Prospetto, p. 359), pur se talora impostano utili indagini su momenti della cultura e della storia isolana.
A questo tipo di interessi risale la giovanile raccolta di Prose di diversi uomini illustri siciliani… (Napoli 1750), che contiene dieci orazioni di autori vissuti tra Cinquecento e Settecento, accompagnate da laudativi profili biografici. Presente nel volume con la sua orazione Per la liberazione della peste (quella di Messina del 1743), il F. è mosso da orgoglio di patria, tanto da voler dimostrare che l'eloquenza ebbe il suo "cominciamento" in Sicilia. In queste professioni patriottiche, che ritroviamo anche nell'orazione per la nomina di A. Leanti a storiografo di Sicilia (1764), il F. seguiva gli indirizzi dell'Accademia, che promuoveva istituzionalmente gli studi di storia patria. Per il resto l'autore trova il soggetto delle sue dissertazioni negli spunti più vari, come si vede nella raccolta di Prose volgari… (Palermo 1767), dove ora si produce, con mediocri qualità poetiche, in ironiche cicalate (le lodi del seicentismo, della pancia), ora celebra i piccoli eventi del repertorio accademico (monacazioni, ricorrenze, morti).
Legato agli ambienti filogiansenisti, il F. fu anche vicino alle correnti moderatamente illuministe; importante è la sua presenza accanto a S. Di Blasi, I. Bianchi, T. Natale nel giornale Notizie de' letterati, dove, a proposito della sua Dissertazione sopra le doti de' maritaggi (Palermo 1772), viene lodata l'alacrità del suo spirito, così in contrasto con l'ozio e il parassitismo del suo gruppo di appartenenza.
Anche negli anni della maturità il F. continuò a mostrare attitudine dilettantesca verso i vari aspetti del sapere. E i due volumi di Opuscoli varii (Napoli 1792), dedicati a S. Simonetti, contengono i risultati di queste ininterrotte fatiche accademiche: trattazione di questioni giuridiche e morali (l'usura, il precetto della messa), l'encomio e l'epicedio dei potenti, la celebrazione di artisti e santi (G. Tartini, il Panormita, s. Tommaso), l'avvenimento politico-mondano (l'arrivo del nuovo viceré).
Il suo nome è, comunque, legato a una imponente ricerca intorno all'"apostolica legazione", un'istituzione "speciale", che regolava fin dal Medio Evo i rapporti tra i sovrani siciliani e la S. Sede, concedendo ai primi la prerogativa di legati del pontefice. Convinto sostenitore di questa "singolarità" goduta per tanti secoli dal "siciliano monarca" compose la sua Storia dell'Apostolica Legazione annessa alla Corona di Sicilia… (Palermo 1800; il solo I volume era già stato stampato a Napoli nel 1787) in sei libri, con spirito di buon cattolico, pronto a differenziare le sue vedute dalle opinioni di P. Giannone e dei luterani e a metterle al riparo da ogni sospetto di insubordinazione antiecclesiastica.
In effetti egli deplora le dispute giurisdizionalistiche settecentesche, fonte di "accesi dispareri tra il sacerdozio e l'impero", per i quali "andò sossopra la quiete di questo Regno" (p. 62); ma sarà G.M. Mira, continuatore e curatore dell'opera (Palermo 1869), che tratterà delle fasi di quella "scissura" assai forte tra governo siciliano e S. Sede intervenuta per la controversia liparitana. In realtà al F. importava la ricostruzione di quest'aspetto politico-istituzionale della storia siciliana (i rapporti diplomatici con la Chiesa), da cui si poteva scorgere la gloriosa progressione iniziata dal conte Ruggero il Normanno, che viene ricordato con un elogio assai caldo nel libro d'apertura.
Non si conoscono la data e il luogo di morte del Forno.
Quasi tutti i suoi scritti furono radunati nelle due raccolte di Prose volgari di diversi argomenti sacri, serii e giocosi (Palermo 1767) e nei citati volumi di Opuscoli. Cinque lettere al cardinale D. Passionei si trovano tra i manoscritti della Biblioteca apostolica Vaticana (Vat. lat. 12564, ff. 395-400); altri manoscritti sono custoditi presso la Biblioteca comunale di Palermo, tra cui le Memorie della vita del marchese di Villabianca (Qq E 79 n. 1) e vari scritti sulla monarchia di Sicilia (Qq H 96 nn. 36, 37 e 38).
Fonti e Bibl.: S. Di Blasi, in Notizie de' letterati, 1° sett. 1772 (rec. al vol. Dissertazione sopra le doti de' maritaggi); D. Scinà, Prospetto della storia letter. di Sicilia nel secolo decimottavo, Palermo 1825, II, ad Indicem; A. Narbone, Bibliografia sicola sistematica, I-IV, Palermo 1850-1855, ad Indicem; G.M. Mira, Bibliografia sicil., I, Palermo 1875, pp. 363 s.; V. Di Giovanni, L'Accademia del Buon Gusto, Palermo 1886, pp. 11, 17; A. Mango di Casalgerardo, Nobiliario di Sicilia, I, Palermo 1912, p. 297; F.S. Romano, Riformatori sicil. del Settecento (1770-1774), in Società, III (1947), p. 335; G. Catalano, Le ultime vicende della legazia apostolica di Sicilia, Catania 1950, ad Indicem; Id., Studi sulla legazia apostolica di Sicilia, Reggio Calabria 1973, ad Indicem; G. Fasoli, Il Muratori e gli eruditi siciliani del suo tempo, in Miscellanea di studi muratoriani, Modena 1951, p. 116; M. Condorelli, Note su Stato e Chiesa nel pensiero degli scrittori giansenisti siciliani del secolo XVIII, in Il Diritto ecclesiastico, LXVIII (1957), pp. 340 s., 353 s.