UGOLINI, Agostino Gaetano
Nacque a Verona il 12 aprile 1755, come documentato dal registro dello Stato d’anime della parrocchia di S. Paolo in Campo Marzio (Brenzoni, 1972) e da quello comunale dell’Ufficio Sanità (Guzzo, 1997, p. 255 nota 43). La madre si chiamava Domenica Borlati (Zannandreis, 1891), o Borlotti, ed era nata nel 1722, mentre il padre Antonio, che svolgeva la professione di 'rudar', ovvero di fabbricante di ruote di carri – come dimostra anche la registrazione nell’Estimo dei marangoni della città nel 1768 (Guzzo, 1997, p. 255 nota 43) – era nato nel 1709 (Ferrarini, 2011, p. 391 nota 5).
Precedentemente la data di nascita di Agostino era stata fissata al 1758 dal suo biografo ufficiale, il padre camilliano Camillo Cesare Bresciani (1783-1871; 1826, p. 9) e dallo storico Diego Zannandreis (1768-1836; 1891). Entrambi si basavano probabilmente su una differente documentazione, quale, ad esempio, lo Stato d’anime della parrocchia di S. Giovanni in Fonte del 1799, dove Agostino era dichiarato quarantenne (Guzzo, 1997, p. 256). Ugolini rimase orfano in tenera età – secondo Bresciani (1826, p. 9) a quattordici anni, secondo Zannandreis (1891) verso i dodici –, circostanza sostanzialmente confermata dal decesso del padre, registrato dall’Ufficio sanità del Comune di Verona nel 1772 (Ferrarini, 2011, p. 385).
Frutto di un fraintendimento è invece l’ipotesi di una provenienza della famiglia Ugolini dalla Valpolicella, come proposto da Pierpaolo Brugnoli (2008-2009) sulla base di alcune divisioni di case e di terreni nei comuni di Fumane e Marano. Questi atti, redatti tra il 1800 e il 1806, videro protagonisti un Agostino Ugolini e il fratello Bortolo o Bartolomeo, figli di Antonio. In realtà si tratta con tutta probabilità di un caso di omonimia, perché l’entità del patrimonio in questione mal si concilia con la professione di marangone dell’Antonio padre del pittore Agostino. Anche altri dati biografici confutano la proposta di Brugnoli. In primo luogo le registrazioni dello Stato d’anime della parrocchia di S. Paolo in Campomarzio dal 1755 al 1781 annoverano tra i membri del nucleo famigliare di Antonio Ugolini e Domenica Borlotti la sola Caterina, sorella di Agostino; manca invece un fratello di nome Bortolo o Bartolomeo (Brenzoni, 1972; Ferrarini, 2011, p. 391 nota 5). Inoltre sappiamo che Agostino aveva preso abitazione e bottega presso il Capitolo del duomo di Verona, all’attuale numero 39 di corte S. Elena, dal 1783 fino al 1787, come testimonia un libretto degli affitti percepiti dal Capitolo (Guzzo, 1997, p. 256), e poi dal 1787 al 1791, come documenta lo Stato d’anime di S. Giovanni in Fonte (Ferrarini, 2011, p. 391 nota 6). Il pittore è attestato nello stesso complesso abitativo assieme alla sorella di 44 anni dallo Stato d’anime della parrocchia di S. Giovanni nel 1799, e dal 1807 al 1823 dalle relative registrazioni anagrafiche (Guzzo, 1997, p. 256). Questi dati, che suggeriscono una sostanziale continuità abitativa di Agostino presso corte S. Elena, portano a escludere la sua presenza nella contrada della Colomba nel 1803 e in quella di S. Pietro in Carnario nel 1806, come suggerito da Brugnoli (2008-2009, pp. 133 s.). Infine, dalla lettura di questi registri si è potuto desumere che Agostino non si sposò mai e che visse con la madre fino alla sua morte, nel 1795, e con la sorella maggiore nubile (Ferrarini, 2011, p. 391 nota 6).
La fortuna professionale del pittore è strettamente legata al luogo in cui risiedette e lavorò, e dove poté entrare facilmente in contatto con i prelati più influenti della diocesi di Verona. Come ricorda Bresciani (1826, p. 30), infatti, Agostino «ebbe per molti anni a suo direttore monsignor Gualfardo Ridolfi, fu poi vescovo di Rimini, che l’amava come fratello, ne parlava come di anima rarissima per l’interezza de’ suoi costumi, e per la pietà. Fu caro e stimato da monsignor Avogadro, per cui ordine lavorò delle bellissime tavole per la Russia; caro a monsignor Liruti, che dell’opere dell’Ugolini si valse assai, e ne fece gran pregio; né fu meno caro a tutti i monsignori canonici, ai parrochi, alle persone dabbene e pie, che ad una voce esaltano la sua religione, piangono la sua perdita».
Dei prelati elencati da Bresciani esistono alcuni ritratti, tra cui quello del canonico Gualfardo Ridolfi (Verona, Museo Canonicale), vicario generale della diocesi, e quello del vescovo di Verona Innocenzo Liruti (Verona, Seminario vescovile, ma noto in altre versioni). Discussa è invece l’autografia della serie dei vescovi veronesi di una sala attigua al salone sinodale commissionata dal Liruti (Guzzo, 1997, p. 258 nota 56). Meritano di essere menzionati inoltre i ritratti del papa Pio VII (Verona, Seminario vescovile), commissionato sempre dal Liruti, l’Autoritratto del 1822 di collezione privata e alcuni ritratti di membri della declinante aristocrazia veronese: i Dionisi (collezione privata), i Malaspina e i Giusti (Verona, Fondazione Miniscalchi Erizzo; per tutti questi ritratti si veda Marinelli,1997a, pp. 130, 132; Id., 1997b).
Bresciani (1826, pp. 9 s.) tramanda che Agostino non ebbe la possibilità di «studiare in Venezia, in Firenze ed in Roma, come avevano fatto il Cignaroli, il Rotari, il Balestra e parecchj altri veronesi», e che «gli convenne estinguere quel suo fuoco offerendolo al dover di buon figlio e fratello» andando a bottega da Giambattista Buratto (1731-1787), «nome onorato e chiaro nella pittura». Il cursus honorum di Ugolini si completò con l’elezione a professore dell’Accademia di pittura a vent’anni, nel 1775, come 'maestro di settimana' nel triennio 1783-85 e, infine, ricevendo l’incarico di eseguire il ritratto dello scienziato Anton Maria Lorgna nel 1791, in seguito alla rinuncia di Angelo Da Campo (1735-1826) e alla morte improvvisa di Antonio Pachera (1749-1791; Marchini 1986, II, pp. 516, 590 s.). Nel 1796 fu addirittura in lizza per diventare direttore dell’Accademia, incarico poi assegnato a Da Campo (Ferrarini, 2011, p. 391 nota 13).
Bresciani (1826, p. 23) affermava che il catalogo dell’artista era composto da «cento trent’otto gran quadri», ovvero pale d’altare, e si chiedeva se il pittore non avesse realizzato «altri tanti grandi ritratti, un numero maggiore di quadretti, e senza numero ritrattini, ritoccamenti, copie e ristauramenti». Considerando le molteplici tipologie di opere realizzate da Ugolini – ovvero «apparati mobili, misteri del Rosario, medaglioni applicati ai piviali, il soffitto del Vescovado e le Via Crucis», quali singole unità di catalogo – Andrea Ferrarini (2011, p. 385, 391 nota 16) ha compilato un catalogo di 140 opere, in gran parte riunite nella sua tesi di laurea inedita (1997-98). Tra le opere di piccolo formato meritano una particolare menzione i sedici bozzetti, di cui quattro conservati al Princeton Art Museum nel New Jersey, provenienti dalla collezione di Henry White Cannon, e quattro nell’Istituto delle Sorelle della Sacra Famiglia di Verona, portate in eredità dall’allieva di Ugolini, Santa Cappanini, quando prese i voti (Ferrarini, 2000, p. 54; Fabbri 2018, p. 73).
Un’altra peculiarità della produzione di Ugolini è rappresentata dalla Via Crucis, un’iconografia diffusasi nella diocesi di Verona a partire dall’inizio dell’Ottocento (Ferrarini, 2004). Ugolini realizzò quella del duomo di Verona, presa a modello e replicata in varie chiese della provincia scaligera, e quelle delle parrocchiali di Monzambano, comune al confine tra Verona e Mantova, Casaleone, nella bassa veronese, e Lonato del Garda, in provincia di Brescia (Ferrarini, 2011, pp. 389, 392 nota 37). La fama di Ugolini nelle opere di piccolo formato è testimoniata dalle parole di un contemporaneo come Giannantonio Moschini (1806, I, p. 132), che lo elogiava per essere «eccelente nel pignere in breve spazio, e che piace pella grazia con cui incanta, e pella vaghezza con cui colorisce».
Assieme a Saverio dalla Rosa, «suo illustre compagno nell’arte, e sempre suo amico» (Bresciani, 1826, p. 13), Ugolini fu senz’altro il pittore di maggior spicco della diocesi di Verona tra la fine del Settecento e l’inizio dell’Ottocento. Come nel caso di Dalla Rosa, il suo raggio d’azione non si limitò però alla città di Verona e alla sua provincia, ma si estese, come abbiamo già visto, alle province di Bolzano, Brescia, Mantova, ma anche Ferrara, Padova, Reggio Emilia, Rovigo e Trento (Guzzo, 1997, p. 256).
Morì «improvvisamente» il 17 gennaio 1824 e fu sepolto nella chiesa di S. Bernardino (Brenzoni, 1972, p. 292).
Se gli studi più recenti su Ugolini ne hanno messo in luce l’importanza storica – oltre ai contributi già citati, si ricordino quelli di Paolo Carpeggiani (1974) e Ferrarini (2003) –, non va dimenticato che ancora nel 1960 Edoardo Arslan, nel formulare il primo catalogo del pittore (p. 115 nota 17), lamentava come «fosse rimasto, fino allora, praticamente sconosciuto» (p. 112). La sua arte, influenzata da un lato dal magistero di Buratto e dai modelli di Antonio Balestra e, dall’altro, dalla grande tradizione veronesiana cinquecentesca, venne apprezzata da grandi pittori contemporanei come Andrea Appiani, Giuseppe Bossi e Francesco Hayez (ibid.). Oltre all’elogio 'agiografico' di Bresciani, nel 1826 venne stampato un componimento in versi sciolti dell’abate Luigi Federici, e una lapide commemorativa, trascritta da Bresciani (1826, p. 36), venne murata nella controfacciata del duomo di Verona.
G. Moschini, Della letteratura veneziana del secolo XVIII fino a’ nostri giorni, I, Venezia 1806, p. 132; C.C. Bresciani, In morte di A. U., pittore veronese recitata nel 1826, Verona 1826 (ried. in Collezione delle orazioni funebri scritte e recitate dal m.r.p. Camillo Cesare Bresciani, II, Verona 1866, pp. 161-183); L. Federici, Ritratti di alcune donne veronesi che si distinsero e si distinguono negli studi e bell’arti, con l’aggiunta di varie poesie, Verona 1826, pp. 95-97; D. Zannandreis, Le vite dei pittori, scultori e architetti veronesi, Verona 1891, p. 508; E. Arslan, Di alcune opere veronesi di A. U., in Mouseion. Studien aus Kunst und Geschichte für Otto H. Förster, a cura di H. Ladendorf - H. Vey, Köln 1960, pp. 112-116; R. Brenzoni, Dizionario di artisti veneti, pittori, scultori, architetti, etc. dal XIII al XVIII secolo, Firenze 1972, p. 292; P. Carpeggiani, A. U. (Verona 1758-1824), in Maestri della pittura veronese, a cura di P. Brugnoli, Verona 1974, pp. 411-418; G.P. Marchini, L’Accademia di pittura e scultura di Verona, in La pittura a Verona dal primo Ottocento a metà Novecento, a cura di P. Brugnoli, Verona 1986, II, pp. 497-592; E.M. Guzzo, Episodi di committenza artistica tra Settecento e primo Ottocento: la Cattedrale ed i canonici, in Studi storici Luigi Simeoni, XLVII (1997), pp. 245-261; S. Marinelli, Il mito di Napoleone e la realtà artistica veronese, in Bonaparte a Verona (catal. Verona), a cura di G.P. Marchi - S. Marinelli, Venezia 1997a, pp. 116-133; Id, ibid., 1997b, pp. 236-239, nn. 21-23; 265-266, n. 71; 269-270, nn. 74-75; A. Ferrarini, A. U. (1755-1824), tesi di laurea, Università degli Studi di Padova, Facoltà di lettere e filosofia, a.a. 1997-98; Id., I modelletti di A. U., in Verona illustrata, 2000, n. 13, pp. 51-60; Id., A. U., in La pittura nel Veneto. L’Ottocento, a cura di G. Pavanello, Milano 2003, II, pp. 834 s.; Id., Breve excursus sull’introduzione alla Via Crucis nella diocesi di Verona: dalle stazioni di A. U. alla Via Crucis di Sanguinetto, in Quaderni della Bassa Veronese, 2004, n. 1, pp. 175-184; P. Brugnoli, Vicende genealogiche e patrimoniali del pittore fumanese A. U., in Annuario storico della Valpolicella, XXV (2008-2009), pp. 129-136; A. Ferrarini, A. U. (Verona 1755-1824), in I pittori dell’Accademia di Verona (1764-1813), a cura di L. Caburlotto et al., Crocetta del Montello 2011, pp. 384-392; L. Fabbri, Sulla sfortuna attribuzionistica della pittura del Settecento veronese, in Verona illustrata, 2018, n. 31, pp. 71-81.