MARTI, Agostino. –
Figlio dell’orafo Francesco e di Caterina Baldini, nacque a Lucca, dove fu battezzato nella chiesa S. Michele in Foro il 6 sett. 1482.
Il ritrovamento dell’atto di battesimo (p. 151 di Tazartes, 1991, cui si fa riferimento se non altrimenti specificato) ha permesso di anticipare di circa un decennio l’attività del M., che entrò dapprima nella bottega del padre e poi in quella del pittore tardoquattrocentesco Michelangelo di Pietro (già noto come Maestro del tondo Lathrop), entrambe in piazza S. Michele in Foro.
Nel 1507 il M. entrò nel Terz’Ordine di S. Maria dei Servi e fu pagato con il maestro Michelangelo per la figura di un S. Cristoforo per la pieve di Lammari (nel contado di Lucca): probabilmente si tratta della figura destra della pala che rappresenta una Madonna col Bambino tra i ss. Iacopo e Cristoforo, ancora oggi nella pieve lucchese.
Il M. era già chiamato maestro nel 1509, quando Guglielmo di Poggio, rettore di S. Paolino a Lucca, gli commissionò la pala d’altare e gli affreschi di una cappella della chiesa.
La tavola, sormontata da una lunetta con Dio Padre, che doveva raffigurare la Vergine tra s. Paolino e il beato Teobaldo (o Lorenzo) è forse identificabile con l’opera conservata a Lucca nel Museo nazionale di Villa Guinigi. Gli affreschi dovevano, invece, occupare l’intero sacello, con la volta di colore azzurro a stelle d’oro, e i pilastri decorati a grottesche, il tutto conforme a un modello del maestro lignario Masseo di Bertone Civitali. L’intera decorazione, che doveva essere completata entro il 12 luglio 1510, festa di s. Paolino protettore di Lucca, fu probabilmente distrutta (a eccezione della pala e della lunetta, se è giusta la loro identificazione con il dipinto di Villa Guinigi) pochi anni dopo a causa dei lavori di ristrutturazione della chiesa.
Sempre nel 1509 l’Offizio sopra le entrate decise di collocare un orologio pubblico in piazza S. Michele e ne affidò la realizzazione ai Marti: come attestano i due atti distinti, datati 22 settembre, il padre Francesco era governatore della macchina e il M. pittore del quadrante (Concioni - Ferri - Ghilarducci, p. 210).
Nel 1510 il M. doveva avere già una sua bottega, dato che iniziò a farsi aiutare dal pittore Gaspare da Imola e prese come allievo il giovane Ezechia da Vezzano (Zacchia il Vecchio).
L’anno successivo il M. prese in affitto una bottega nella contrada di S. Lorenzo in Poggio, non lontano da quella del padre, e realizzò per la chiesa di S. Michele di Guamo una Madonna col Bambino tra i ss. Giovanni Battista e Pietro sormontata da una lunetta raffigurante Dio Padre e angeli (Filieri, p. 38).
Negli anni seguenti il M. dipinse diverse opere; una delle più interessanti è la tavola eseguita per la chiesa di S. Francesco di Massa, al cui completamento lavorò tra il 1512 e il 1513. Oggi il dipinto viene identificato con quello conservato a Roma nella Pinacoteca Capitolina, raffigurante la Madonna in trono con i ss. Giovanni Battista, Paolo, Pietro, Andrea, Giovanni Evangelista e Francesco, che mostra ampie influenze bolognesi (Tumidei; Filieri, pp. 29 s.).
Conferma l’ottima posizione economica del M. la notizia dell’affitto, nel luglio 1513, di un podere con casa in contrada S. Bartolomeo in Silice ai figli del defunto Benedetto di Anchiano (Concioni - Ferri - Ghilarducci, p. 210). In questo periodo iniziò la relazione, osteggiata dalla famiglia per via delle modeste origini della ragazza, con Pasquina di Marco da Sarzana.
Il 16 febbr. 1516 il M. venne emancipato dal padre con il fratello Girolamo ricevendo denaro e suppellettili per un valore di 50 ducati e si trasferì in una casa vicina alla bottega di S. Lorenzo in Poggio, che prese in affitto fino al 1521. Il 28 marzo 1516 fu incaricato da Giovanni Paolo Gigli di realizzare la pala (firmata e datata 1520) con la Madonna col Bambino e i ss. Bartolomeo e Martino e il Salvatore nella lunetta (Badia di Cantignano, Lucca: la data oggi risulta illeggibile, mentre la lunetta originaria è andata perduta).
Il 16 apr. 1517 il M. realizzò una pala con i Ss. Maria, Nicolao e Caterina e relativa lunetta per la cattedrale lucchese di S. Martino. Il 4 giugno dello stesso anno, in previsione di un viaggio, fece testamento per la prima volta, nominando suo erede universale il fratello Girolamo e lasciando alcuni ducati alle sorelle e a Pasquina. Nel luglio del 1518 il M. era di nuovo a Lucca. È possibile che il viaggio lo avesse condotto a Roma come suggeriscono i cambiamenti stilistici evidenti nella pala con Lo sposalizio della Vergine, commissionatagli nel novembre del 1518, dalla Compagnia di S. Giuseppe in S. Michele in Foro (Tazartes, 1983, p. 186).
Il dipinto, a cui il M. deve principalmente la sua fama e per il quale gli vennero offerti 100 ducati d’oro, sembra infatti risentire delle innovazioni portate nell’arte romana da Raffaello e da Michelangelo. Completò l’opera solo nel 1523, anno in cui terminò anche una Madonna tra s. Caterina e un santo vescovo, oggi perduta, identificabile con lo Sposalizio mistico di s. Caterina con s. Nicola di Bari, già a Dortmund nella collezione Cremer (Filieri, p. 26).
Secondo questa ipotesi d’identificazione, la tavola fu commissionata nel 1516 per il duomo di Lucca da Iacopo Burlamacchi, «operaio» di S. Croce; l’opera, dispersa dopo il 1590, giunse nella fortezza di Montignoso e nel 1759 fu portata nel palazzo del Governo di Lucca nell’appartamento del gonfaloniere (ibid., pp. 30-36). È stato ritenuto che la lunetta con Dio Padre, rinvenuta sul mercato antiquario e oggi conservata al Museo nazionale di Villa Guinigi, possa essere l’originario coronamento di questa pala (ibid., pp. 36-38).
Il 6 apr. 1525 il M. fece di nuovo testamento, stavolta poiché «a letto, malato», e lasciò suo erede il figlio Giovanni, avuto con Pasquina nel 1521 e appena legittimato.
È datata 1526 la Madonna col Bambino tra i ss. Francesco e Lucia, commissionata dieci anni prima da Giovanni di Michele Guinigi per la cappella familiare nel chiostro di S. Francesco a Lucca (Rovellasca, collezione Cattaneo).
Nel 1530 realizzò le tavole con S. Giovanni Evangelista e S. Andrea, per la chiesa parrocchiale di S. Paolo di Capannori (Tazartes, 1991, p. 154; Filieri, p. 38).
Nell’aprile dello stesso anno prese a bottega il pistoiese Leonardo di Matteo del Freddurello, che però lo abbandonò scatenando la reazione del M., il quale lo denunciò, lo fece arrestare, ma infine lo riammise presso di sé (Concioni - Ferri - Ghilarducci, p. 219). Nel 1531 il M. assunse un nuovo collaboratore, Giovanni Battista del fu Tommaso di Michele del Verrocchio; mentre nel 1533 si impegnò a dipingere la pala d’altare, oggi perduta, con la Madonna tra le ss. Lucia e Barbara e la lunetta con Dio Padre.
Nel 1534 il M. sposò Pasquina ed eseguì gli affreschi in due cappelle della chiesa di S. Maria Assunta di Carignano, per la quale realizzò due anni dopo anche un gruppo in terracotta policroma rappresentante S. Biagio e due angeli nudi. Purtroppo di questa complessa committenza, per cui l’artista fu pagato 48 scudi in soldi, grano e legna, resta solamente la statua del santo.
Nel 1535, anno in cui un nuovo testamento riferisce sulle mediocri condizioni economiche in cui versava, il M. completò una tavola con la Madonna tra i ss. Giovanni Battista e Michele, iniziata da Ansano Ciampanti, nel frattempo defunto, per la chiesa di S. Michele di Mugnano. Nel 1537 con Zacchia da Vezzano era a Pisa, dove stimava la tavola di Battista Franco raffigurante la Caduta della manna per la tribuna del duomo (oggi al Museo dell’Opera del duomo).
Non si conoscono né il luogo né la data di morte del M., attivo ancora intorno al 1542-43, quando risulta essere impegnato in semplici dorature di tavole, disegni per libri, pitture per gonfaloni.
Al M. vengono riferite anche altre opere su base stilistica, tra cui la Madonna col Bambino e s. Giovannino, tra i ss. Antonio Abate, Bartolomeo, Nicola (Lammari, pieve di S. Giacomo), la Madonna col Bambino tra i ss. Rocco e Sebastiano (Sellano, S. Maria a Montesanto), una lunetta con Dio Padre e angeli (Lucca, S. Martino: Borelli, 1984, p. 54). Di bottega è considerato Dio Padre appare ai ss. Barbara, Bartolomeo e Emilio (Lucca, S. Paolino), in cui i due santi laterali sembrano essere ripresi dai cartoni per il dipinto della badia di Cantignano.
Fonti e Bibl.: T. Trenta, Notizie di pittori, scultori ed architetti lucchesi, in Memorie e documenti per servire all’istoria del Ducato di Lucca, VIII, Lucca 1822, pp. 94-98; M. Ridolfi, Scritti vari riguardanti le belle arti, Lucca 1846, pp. 156-160; G. Barsotti, Lucca sacra, Lucca 1923, pp. 97, 273, 312; I. Belli Barsali, Guida di Lucca, Lucca 1953, p. 291; G. Arrighi, Il S. Biagio di Carignano in documenti sino ad ora sconosciuti, in Lucca. Rassegna del Comune, s. 3, II (1958), 2-3, pp. 11-17; E. Borelli, Un’opera di A. M., in La Provincia di Lucca, IX (1969), 2, pp. 79-81; M. Ferretti, Ai margini di Dosso, in Ricerche di storia dell’arte, 1982, n. 17, pp. 68, 75; E. Borelli, Nel segno di fra Bartolomeo. Pittori del Cinquecento a Lucca, Lucca 1984, pp. 11-16, 54-81; G. Ghilarducci - C. Ferri, in Pittori a Lucca tra ’400 e ’500, in Annali della Scuola normale superiore di Pisa, s. 3, XVI (1986), 3, pp. 772 s., 820-824; M. Tazartes, Immagini negli oratori e nelle confraternite lucchesi del ’500, in Città italiane tra Riforma e Controriforma. Atti del Convegno… 1983, Lucca 1988, pp. 159, 183, 186; G. Concioni - C. Ferri - G. Ghilarducci, I pittori rinascimentali a Lucca, Lucca 1988, pp. 18, 199-226; La pittura in Italia. Il Cinquecento, Milano 1988, I, pp. 328 s.; II, p. 765; M. Tazartes, Ipotesi di percorso per A. M., in Ricerche di storia dell’arte, 1991, nn. 43-44, pp. 149-164; A. Mazza, Vicende sulla pittura tra Romagna e Bologna dai poteri signorili alle legazioni pontificie, in Innocenzo da Imola. Il tirocinio di un artista, Bologna 1993, pp. 114 s.; S. Tumidei, Risarcimento lucchese: A. M. e la Sacra Conversazione della Pinacoteca Capitolina, in Ricerche di storia dell’arte, 1993, n. 51, pp. 53-62; M.T. Filieri, A. M. pittore lucchese del Rinascimento, in Momus, V-VI (1996), pp. 26-38.