MITELLI, Agostino
– Nacque il 16 marzo 1609 a Battidizzo, un borgo nelle immediate vicinanze di Bologna, da Giovanni Stanzani – che mutò il cognome, per ragioni sconosciute, in Mitelli – e da una Aurelia non altrimenti nota. Questi dati sono attestati da tutte le fonti sulla base delle notizie contenute nella Vita et opere di A. M., manoscritto redatto tra il 1665 e il 1667 da Giovanni, quinto figlio del M., e riferimento imprescindibile già per le antiche biografie dell’artista (Arfelli, pp. 295 s.).
Il M. studiò disegno presso il pittore Pellegrino Miniati e prospettiva nell’Accademia Hermatena di Bologna; ebbe quindi una formazione anche in ambito architettonico frequentando, secondo Malvasia (p. 352), l’architetto «Falcetta» (forse Giovanni Battista Natali detto il Falzetta). Raccomandato da quest’ultimo, nella seconda metà degli anni venti entrò quindi a far parte dell’équipe di Girolamo Curti detto il Dentone, in cui lavorava Angelo Michele Colonna, suo futuro compagno di lavoro. Con Curti, maestro riconosciuto nel campo, perfezionò la tecnica della quadratura, di cui divenne uno dei massimi specialisti seicenteschi.
Il M. dovette esordire all’interno della bottega del Dentone partecipando, tra l’altro, alla realizzazione di diversi apparati celebrativi: lavorò infatti alle scenografie per le feste in onore del marchese Enzo Bentivoglio a Ferrara nel 1626-27 (A. M. …, 1965, p. 149) e, l’anno successivo, a quelle per le nozze di Odoardo Farnese con Margherita de’ Medici e per il festeggiamento di Ferdinando de’ Medici, eventi svoltisi entrambi a Parma (Angiolillo). Nel 1630 il M. eseguì con Curti una Prospettiva nel dormitorio dei frati del convento di S. Rocco a Bologna, oggi non più esistente. Alcune carte d’archivio (García Cueto, p. 36 n. 79) rendono noti altri interventi all’interno del convento, indicati genericamente come Prospettive e anch’essi perduti.
L’anno successivo il M. sposò Lucrezia, figlia del ricco notaio bolognese Valerio Penna, con cui ebbe sei figli, tra i quali il noto incisore Giuseppe Maria e il già menzionato Giovanni.
Dopo la morte di Curti (1632), il M. divenne collaboratore e poi socio di Colonna, con cui creò un’officina pittorica di grande successo, occupandosi prevalentemente dell’esecuzione a fresco delle architetture e degli ornamenti, mentre al collega spettava di norma quella delle parti figurate. In ogni modo, come sostiene buona parte della letteratura recente in ragione dell’omogeneità stilistica delle opere della coppia, non è da escludere un costante interscambio nei ruoli, sia in fase progettuale sia in quella realizzativa. Ciò rende sostanzialmente inscindibili le carriere dei due artisti negli anni della collaborazione.
Al 1635 risale la prima commissione ottenuta fuori dal contesto emiliano, che seguì alcuni lavori perduti ricordati da Malvasia (pp. 352 s.). Il M. fu ingaggiato insieme con Colonna dal cardinale Bernardino Spada per dipingere un ciclo celebrante la politica temporale di Urbano VIII nella sala grande del suo palazzo romano.
Al M. fu affidato il compito di affrescare le quadrature sulle pareti, dove compaiono soluzioni spesso replicate nei lavori successivi, come i dispositivi di moltiplicazione degli spazi (finte scale e aperture), le balconate dipinte e i personaggi in abiti contemporanei che paiono assistere a quanto accade nella stanza.
L’anno seguente egli pubblicò, con dedica al conte F.M. Zambeccari, una serie di 24 acqueforti raffiguranti cartelle ornamentali. Le stampe furono diffuse con successo anche in Francia da Stefano Della Bella, amico del M., durante il suo soggiorno parigino (Raggi, 2003, p. 2).
Tra il 1637 e il 1641 si datano gli importanti lavori eseguiti da Colonna nelle sale delle Udienze granducali in palazzo Pitti a Firenze.
La precisa entità del contributo del M. alla decorazione di tali ambienti resta però da stabilire. Nella Vita (cc. 99-100) si ricorda, senza ulteriori precisazioni, che egli collaborò alla realizzazione di una sola stanza, identificabile secondo Feinblatt (1992, pp. 63-75) con la terza (dei Fasti medicei), completata nel 1641. Matteucci (1994, p. 271) ha messo in dubbio la piena attendibilità della fonte, ipotizzando che il M. avesse preso parte all’impresa fin dall’inizio. In base alla ricostruzione della studiosa, egli ideò l’ornamento illusionistico anche delle prime sale, come si evincerebbe dal fatto che le «architetture dell’inganno» di questi ambienti, e in particolare del primo, si connotano per una certa prossimità con gli allestimenti teatrali, tratto riferibile più al M., non di rado impegnato come scenografo nel corso della sua carriera (García Cueto, pp. 180 s.), che al collega. L’ipotesi sarebbe rafforzata dall’attribuzione al M. di tre progetti grafici per alcune pareti delle sale, passati per il mercato antiquario nel 1985 (Mosco, p. 101). La proposta tuttavia, ancorché degna del massimo interesse, non risolve la questione: infatti, la paternità dei fogli suddetti non è certa e una distinzione definitiva, peraltro assai complicata, delle autografie dei disegni prodotti nella bottega rimane da compiere; inoltre, pare difficile credere che Giovanni Mitelli potesse sbagliare o non avere notizie circostanziate su una delle commissioni più rilevanti ottenute dal padre. In ogni modo, la terza sala, la cui quadratura è da assegnare con ogni probabilità completamente al M., presenta un sistema di affreschi capace di dilatare con grande efficacia le dimensioni del vano, costruendo pittoricamente un loggiato sopraelevato poggiante su pilastri e colonne doriche che incornicia la scena, eseguita da Colonna, raffigurante Ferdinando II che riceve da Giove le insegne del potere alla presenza della Toscana.
Nel 1641 il futuro cardinale Giovan Carlo de’ Medici affidò al M. e a Colonna la decorazione a fresco del casino di via della Scala a Firenze.
I lavori si protrassero per i successivi quindici anni, interessando vari ambienti dell’edificio. Dell’articolato complesso di opere, ben documentate (Raggi - Matteucci, p. 396), sopravvivono soltanto alcune parti figurate, assegnate generalmente al membro più anziano della società: l’Aurora, eseguita nel 1648 sulla volta della stanza che da essa prende il nome, il Bagno di Diana, finito nel gennaio 1654 nella grotta e pesantemente ridipinto, e la Caduta di Icaro nella sala omonima, affresco realizzato nello stesso anno.
Nel frattempo il M. diede alle stampe, nel 1645, una serie di 48 acqueforti raffiguranti i pilastri del portico della chiesa di S. Bartolomeo in Porta Ravegnana a Bologna, intitolata Freggi [sic] d’architettura e dedicata al conte Ettore Ghisilieri. Il M. fu quindi di nuovo impegnato con Colonna, tra il 1646 e il 1648, nella decorazione del salone principale del palazzo ducale di Sassuolo, su commissione del duca di Modena Francesco I d’Este. Secondo la prassi consueta il M. organizzò l’ornamento quadraturistico riuscendo a ottenere, in particolare sulle pareti corte, un formidabile illusionismo. Egli sfruttò, come a Firenze, il motivo dei balconi da cui si affacciano figure in abiti contemporanei, e articolò lo spazio per la scena con le Muse che presentano ad Apollo opere letterarie patrocinate dagli Este, elaborata da Colonna.
Nel 1650 la coppia di pittori ricevette da Diego Velázquez la proposta di trasferirsi a Madrid presso la corte di Filippo IV. Sebbene si fosse raggiunto un accordo tra le parti, per motivi rimasti ignoti gli artisti non partirono per la Spagna. Significativo della fama ormai internazionale del loro atelier, comunque, è il contemporaneo tentativo, peraltro fallito, di assicurarsi il talento dei due italiani da parte della monarchia francese (García Cueto, pp. 69-72).
Tra il 1651 e il 1653 il M. lavorò con il collega alla decorazione di palazzo Balbi a Genova, dipingendo le quadrature nella camera da letto del duca Giovanni Battista, sulla cui volta campeggia il Trionfo della Primavera di Colonna, e nel camerino annesso (Bozzo, p. 105). Terminate le opere in Liguria, iniziarono nel 1653 la decorazione dell’oratorio di S. Girolamo a Rimini: al M. toccò l’esecuzione di una sorta di galleria illusionistica sopra gli stalli lignei del coro, oggi perduta (Farneti, p. 306).
Il 12 giugno 1654 i due pittori stipularono un contratto per la decorazione della cappella del Rosario nella chiesa di S. Domenico a Bologna.
La bottega cominciò gli affreschi nel febbraio del 1655, completando i lavori nel maggio di due anni dopo. Il M. elaborò una quadratura di notevole complessità, «aprendo» la volta su uno spazio celeste dominato dall’Assunzione della Vergine di Colonna. Egli raffigurò inoltre, nel catino absidale, un’altra porzione di cielo abitata da una serie di angeli, creando un singolare raddoppiamento degli sfondati illusionistici.
Come testimoniano alcuni documenti (García Cueto, pp. 86 s., 227 s.), il M. e Colonna furono quindi impegnati dal 1656 in varie opere, non precisabili sul piano iconografico, nella chiesa superiore e in quella inferiore del convento di S. Michele in Bosco a Bologna, per volere dell’abate Pier Paolo Montecalvi. L’impresa fu interrotta due anni più tardi, quando si concretizzò finalmente la trattativa con la corte asburgica per il trasferimento a Madrid. Il M. partì alla volta della Spagna nel luglio del 1658 con il socio e il figlio Giuseppe Maria, intraprendendo già nel settembre di quell’anno la pittura a fresco di alcuni ambienti dell’Alcazar, tutti distrutti in un incendio nel 1734.
Stando alle fonti (ibid., p. 106), il primo intervento riguardò la realizzazione di due finti corpi architettonici su una facciata del palazzo prospiciente il giardino settentrionale. Gli artisti italiani ottennero poi l’incarico di decorare la volta di tre stanze nel «Cuarto Bajo» – probabilmente parte degli appartamenti estivi del re – ove eseguirono rispettivamente, come di consueto, le quadrature e le scene, queste ultime raffiguranti l’Aurora, la Notte e la Caduta di Fetonte. Decorarono quindi anche una galleria aperta sul giardino della Regina, tra il dicembre del 1658 e i primi mesi dell’anno successivo. L’impresa di maggior rilievo all’interno dell’Alcazar fu la decorazione del salone degli Specchi, situato al piano nobile. Tra l’aprile e l’agosto del 1659 il M. congegnò gli illusionismi quadraturistici della volta, entro la quale si apriva l’oculo con l’Assemblea degli dei riuniti per offrire la dote a Pandora, eseguito da Colonna.
Nello stesso periodo i due furono impegnati anche ad affrescare la cosiddetta Ermita de S. Pablo, un piccolo edificio non più esistente, sito all’interno dei giardini del Buen retiro e adibito all’epoca a ospitare rappresentazioni teatrali. Con ogni probabilità, il dipinto raffigurante la quadratura di un soffitto (Madrid, Museo del Prado, in deposito presso il Museo municipal) costituisce il modello per la volta del salone dell’Ermita e risulta l’unica tela oggi ascrivibile al M. (ibid., pp. 161 s.). Nel 1660 il M. intervenne insieme con il collega anche nella Huerta de Sora, la villa di don Gaspar de Haro, nei pressi di Madrid. Mancano riferimenti che consentano un’identificazione certa dei loro lavori. Non è da escludere tuttavia che i due artisti avessero realizzato gli affreschi di alcune volte (Lademann, pp. 106 s. n. 360).
Nell’estate di quell’anno il M. aveva completato anche i cartoni per gli affreschi della cupola della chiesa della Mercede a Madrid. Egli tuttavia non poté finire l’opera, terminata in seguito dal solo Colonna, a causa della morte, avvenuta a Madrid il 2 ag. 1660.
Fonti e Bibl.: Bologna, Biblioteca comunale dell’Archiginnasio, mss., B. 3375: G. Mitelli, Vita et opere di A. M. (1665-1667); C.C. Malvasia, Felsina pittrice [1678], Bologna 1841, II, pp. 352-363; L. Crespi, Felsina pittrice, III, Roma 1769, pp. 51-57; A. Arfelli, Per la bibliografia di A. e Giuseppe Maria Mitelli, in Arte antica e moderna, 1958, n. 3, pp. 295-301; A. M.: drawings. Loan exhibition from the Kunstbibliothek, Berlin (catal.), a cura di E. Feinblatt, Los Angeles 1965; E. Feinblatt, Observations on some drawings by «Colonna-Mitelli», in Master Drawings, XXI (1983), pp. 166-172; Id., Seventeenth-century Bolognese ceiling decorators, Santa Barbara 1992, pp. 63-75 e passim (con bibl.); A.M. Matteucci Armandi, A. M. a palazzo Pitti: un problema aperto, in Studi di storia dell’arte in onore di Mina Gregori, coordinamento di M. Boskovits, Cinisello Balsamo 1994, pp. 269-278; M. Angiolillo, Le origini della scenografia barocca, 1550-1650, Roma 1997, pp. 100-102; G. Bozzo, Il camerino del duca di Genova: un affresco inedito di A. M. e Angelo Michele Colonna, in Palazzo reale di Genova: studi e restauri, 1993-1994, a cura di L. Leoncini, Genova 1997, pp. 103-108; C. Lademann, A. M. 1609-1660: die bolognesische Quadraturmalerei in der Sicht zeitgenössischer Autoren, Frankfurt am Main 1997 (con bibl.); G. Raggi - A.M. Matteucci, Angelo Michele Colonna e A. M. al casino di via della Scala a Firenze, in Scritti per l’Istituto germanico di storia dell’arte di Firenze …, a cura di C. Acidini Luchinat et al., Firenze 1997, pp. 395-400; M. Mosco, L’appartamento d’estate dei granduchi, in Palazzo Pitti. L’arte e la storia, a cura di M. Chiarini, Firenze 2000, pp. 99-104; G. Raggi, Le incisioni di A. M. e di Agostino Mitelli il Giovane, in Grafica d’arte, XIV (2003), 53, pp. 2-7; Id., I disegni di Colonna e M.: una complessa questione attributiva, in Saggi e memorie di storia dell’arte, XXVII (2004), pp. 285-312; F. Pereda - A. Aterido Fernández, Colonna y M. en la corte de Felipe IV: la decoración del salón de los Espejos, in L’architettura dell’inganno: quadraturismo e grande decorazione nella pittura di età barocca, a cura di F. Farneti - D. Lenzi, Firenze 2004, pp. 31-47; F. Farneti, Un apparato decorativo recuperato: l’oratorio di S. Girolamo a Rimini, ibid., pp. 301-307; D. García Cueto, La estancia española de los pintores boloñeses A. M. y A.M. Colonna, 1658-1662, Granada 2005 (con bibl.); G. Raggi, Lo spazio ricreato di A. M.: realtà virtuale ante litteram?, in Realtà e illusione nell’architettura dipinta: quadraturismo e grande decorazione nella pittura di età barocca, a cura di F. Farneti - D. Lenzi, Firenze 2006, pp. 43-50; N. Bastogi, Le sale affrescate da Angelo Michele Colonna e A. M., in Fasto di corte, a cura di M. Gregori, II, Firenze 2006, pp. 60-82; U. Thieme - F. Becker, Künstlerlexikon, XXIV, p. 594.