SAGREDO, Agostino
– Nacque a Venezia il 29 novembre 1798, terzogenito dei cinque figli maschi di Giovanni, del ramo a Santa Sofia, e di Eleonora Renier di Alvise.
La Serenissima era finita e i Sagredo non tardarono ad accettare la nuova realtà: un fratello, Alvise, morì in Spagna combattendo nell’esercito napoleonico; quanto alle sorelle, Camilla sposò Francesco Raspi di Ferrara, Caterina si maritò con Ippolito Maleguzzi di Reggio Emilia: di patrizi veneziani non v’è traccia, e neppure di nobildonne perché nessuno dei fratelli si unì in matrimonio.
Sagredo compì gli studi fra le pareti domestiche con l’aiuto di un amico di famiglia, Pier Antonio Zorzi, e di validi precettori; pertanto già nel 1820 poteva esordire in ambito letterario pubblicando un opuscolo intitolato Notizie di Melchior Cesarotti, il traduttore di Ossian scomparso alcuni anni prima. Due anni dopo moriva il padre di Agostino, il cui nome da allora cominciò a comparire sempre più spesso nelle istituzioni culturali cittadine: nel 1822 divenne socio corrispondente dell’Ateneo veneto, nel 1829 consigliere straordinario dell’Accademia di belle arti.
Grazie al ragguardevole censo e al nome che portava, nello stesso anno fu nominato per un triennio assessore nella Congregazione municipale di Venezia; era l’inizio di una saltuaria partecipazione non già alla vita politica, ma amministrativa nell’ambito urbano o tutt’al più provinciale (nel 1832 fu ternato come deputato provinciale, peraltro senza conseguire la nomina). Sagredo infatti fu sempre attento a non manifestare sentimenti antiaustriaci, non più di tanto almeno; politicamente fu un moderato, salvo indulgere a qualche ininfluente concessione alle opinioni correnti: se ad Arquà volle scrivere nel libro dei visitatori della tomba di Petrarca il verso famoso «Italia mia, benché il parlar sia indarno», firmandosi poi con nome e cognome (il che gli valse un’ammenda e tre giorni di relegazione fra le pareti domestiche), nel 1839 – in occasione del fastoso viaggio nel Lombardo-Veneto del nuovo imperatore – pubblicò a Milano uno studio storico-critico Intorno al monumento da innalzarsi in Venezia per ordine di S.M. Ferdinando I re nostro alla memoria di Tiziano, non parco di lodi verso colui che dimostrando «pensiero generoso ed in uno cortese [...] fece lieta della sua presenza la città nostra» (p. 12).
Quando poi, nel 1842, cominciarono a Firenze le pubblicazioni dell’Archivio storico italiano di Gino Capponi e Giovan Pietro Vieusseux, Sagredo divenne tra i primi collaboratori della rivista, il più assiduo dell’area veneta. L’esordio fu di alta levatura, poiché egli propose e seguì la pubblicazione degli Annali veneti di Domenico Malipiero, che ancor oggi costituiscono una fonte di primaria importanza per la conoscenza degli avvenimenti concernenti la Repubblica di Venezia dal 1457 al 1500.
L’anno dopo, nel 1843, sottoscrisse una petizione all’imperatore al fine di evitare il trasloco a Vienna dell’archivio della Serenissima, e l’iniziativa venne fortunatamente accolta tre anni dopo, stante l’usuale lentezza della burocrazia austriaca; il 24 novembre dello stesso 1843, poi, fece parte di una commissione volta a studiare la fattibilità di un ponte sul Canal Grande fra S. Vidal e il monastero della Carità, l’attuale ponte dell’Accademia.
Socio corrispondente nel 1844 (effettivo dal 1855) dell’Istituto veneto di scienze, lettere ed arti, nel dicembre del 1846 fu nominato professore supplente di estetica presso l’Accademia di belle arti, dove insegnò fino al luglio del 1852, quando decise di rinunciare alla cattedra per motivi di dignità personale, non volendo essere coinvolto in adempimenti e discussioni con colleghi non sempre di alta levatura intellettuale e morale.
Nel 1847 si tenne a Venezia il IX Congresso degli scienziati italiani, che lo vide tra i protagonisti; in occasione dell’evento, infatti, venne pubblicata una ponderosa opera collettiva, Venezia e le sue lagune, ove Sagredo comparve con quello che fu forse il suo principale lavoro, il Sommario della storia civile e politica della repubblica veneta, la cui origine veniva collegata alle istituzioni romane, in una continuità volta a esprimere un recupero del passato filtrato da una visione paternalistica.
Questa concezione, propria di un «nobile borghesizzante» (Fontana, 1986, p. 556), sottendeva anche un altro suo notevole studio, uscito giusto un decennio più tardi nel 1856 e intitolato Sulle consorterie delle arti edificative in Venezia, ove Sagredo poté giovarsi delle conoscenze economiche espresse in vari saggi pubblicati nei milanesi Annali di statistica.
Alla fine del 1845 aveva accettato la nomina al Consiglio comunale per il triennio 1846-48, ma alle riunioni partecipò solo quando si doveva trattare la gestione di opere pie o del Monte di pietà; nel corso della rivoluzione del 1848, poi, fu subito eletto a suffragio universale alla prima assemblea, detta provinciale, chiamata a votare sulla fusione con il Piemonte. Tuttavia – data la piega presa dagli avvenimenti – rinunciò ben presto a condividere le sorti del governo di Daniele Manin e si ritirò nella villa di Vigonovo, nel Padovano; e se, dopo la conclusione dell’esperienza rivoluzionaria, la sua corrispondenza con amici esuli e patrioti confermava un’adesione di principio alla patria italiana, questi sentimenti non si manifestarono mai pubblicamente. Tanta moderazione gli avrebbe valso, alcuni anni più tardi, l’approvazione della polizia austriaca, che nel 1855 ne definì la condotta morale e politica «immune da censura» (Camurri, 2002, p. 257).
In questo tiepido interesse per la cosa pubblica, che per secoli era stata la principale attività della sua famiglia, si poteva cogliere il malessere di chi non poteva più ricoprirvi un ruolo autonomo, dovendo tutt’al più adattarsi a servire un governo straniero o partecipare a uno rivoluzionario.
Donde il ripiegamento nell’ambito culturale e, forse, la rinuncia a sposarsi e a continuare il nome del casato; era la stessa scelta che pressoché contemporaneamente compiva un altro illustre veneziano, il conte Giovanni Querini Stampalia. Pertanto, con il trascorrere degli anni, Sagredo si divise tra Venezia e soggiorni sempre più prolungati nell’amata quiete di Vigonovo, ove poteva dedicarsi allo studio dei documenti conservati nell’archivio di famiglia e che furono alla base di numerose pubblicazioni, elencate dettagliatamente nella commemorazione dedicatagli da Tommaso Gar (1870-1871, pp. 2186-2191).
Gli eventi del 1866, con l’annessione del Veneto all’Italia, gli imposero qualche responsabilità politica, sia pure in un ruolo di rappresentanza; il suo nome era popolare e la sua figura ricordava un passato illustre, per cui il 20 ottobre 1866 fu incaricato di rivolgere il saluto di Venezia al re Vittorio Emanuele II e poco dopo – il 5 novembre – fu nominato senatore; infine, il 23 dicembre venne eletto consigliere comunale della sua città, incarico che mantenne fino al 17 agosto 1868.
Come senatore e membro della Società geografica italiana fece parte della commissione per l’esame dei progetti di legge sull’istruzione pubblica e dal 9 agosto 1867 fu per un biennio membro della commissione di contabilità interna.
Nel dicembre 1870 fu a Roma per le celebrazioni del compimento dell’Unità, poi si ritirò a Vigonovo, dove morì improvvisamente l’8 febbraio 1871.
Nel testamento lasciò i libri, i quadri e l’archivio al Museo Correr di Venezia, il patrimonio ai servi.
Fonti e Bibl.: Nonostante la sua visibilità sociale e culturale, si conosce poco della vita privata di Sagredo, che in proposito fu sempre molto riservato. Si vedano: Plausi poetici per gli egregi sposi Caterina Sagredo di Venezia Ippolito Alfonso Maleguzzi di Reggio, raccolta a cura di L. Coroneo, Venezia 1813, pp. 63 s.; i necrologi di T. Gar, Commemorazione della vita e delle opere di A. S., in Atti del R. Istituto veneto di scienze, lettere ed arti, s. 3, XXIX (1870-1871), pp. 2171-2191 e di M. Tabarrini, in Archivio storico italiano, s. 3, I (1871), pp. 159-161. Inoltre E.A. Cicogna, Saggio di bibliografia veneziana, Venezia 1847, p. 899; G. Soranzo, Bibliografia veneziana in aggiunta e continuazione del Saggio di E. A. Cicogna, Venezia 1885, p. 910; F. Nani Mocenigo, Della letteratura veneziana del secolo XIX. Notizie ed appunti, Venezia 1916, pp. 94-98; P. Rigobon, Gli eletti alle assemblee veneziane del 1848-49, Venezia 1950, pp. 23 s., 131 s., 169, 177, 204 s.; G. Benzoni, La storiografia, in Storia della cultura veneta, VI, Dall’età napoleonica alla prima guerra mondiale, a cura di G. Arnaldi - M. Pastore Stocchi, Vicenza 1986, pp. 603-605; G.L. Fontana, Patria veneta e Stato italiano dopo l’Unità: problemi di identità e di integrazione, ibid., pp. 556 s., 559, 573 s.; S. Barizza, Il Comune di Venezia 1806-1946, Venezia 1987, p. 48; Il Comune di Venezia e la rivoluzione del 1848-49. I verbali delle sedute del Consiglio comunale, a cura di S. Barizza, Venezia 1991, pp. 23, 28; G. Gullino, L’Istituto veneto di scienze, lettere ed arti dalla rifondazione alla seconda guerra mondiale (1838-1946), Venezia 1996, pp. 71, 90, 107, 111, 256-272, 431; E. Tonetti, Governo austriaco e notabili sudditi. Congregazioni e Municipi nel Veneto della Restaurazione (1816-1848), Venezia 1997, p. 134; A. Zorzi, Venezia scomparsa, Milano 2001, pp. 120, 129, 269, 366; R. Camurri, Istituzioni, associazioni e classi dirigenti dall’Unità alla Grande guerra, in Storia di Venezia. L’Ottocento e il Novecento, a cura di M. Isnenghi - S. J. Woolf, I, L’Ottocento 1797-1918, Roma 2002, p. 257; I. Collavizza, L’istituzione della commissione per la conservazione dei monumenti delle province venete, in Pietro Selvatico e il rinnovamento delle arti nell’Italia dell’Ottocento, a cura di A. Auf der Heide - M. Visentin - F. Castellani, Pisa 2016, pp. 356 s.; Archivio storico del Senato, Banca dati multimediale I senatori d’Italia, II, Senatori dell’Italia liberale, sub voce, http://notes9.senato.it/Web/senregno. NSF/A_l2?OpenPage.