SCANELLA (Scannella), Agostino
SCANELLA (Scannella), Agostino. – Nacque a Bologna, verso la fine degli anni Venti del Quattrocento, in una famiglia probabilmente di modeste condizioni economiche, se alla prematura morte del padre andò a vivere presso alcuni avunculi per non gravare sulle precarie finanze della madre.
Della breve e sfortunata vita di Agostino, brillante allievo di Niccolò Volpe allo Studio bolognese, si è ben documentati grazie soprattutto al carteggio che il giovane e il maestro vicentino tennero negli anni 1445-50 con Giovanni Tortelli, noto umanista aretino e primo bibliotecario della Vaticana.
Il rapporto d’amicizia era sbocciato a Bologna durante il soggiorno di studi di Tortelli (1441-45), un soggiorno che per l’aretino fu foriero di relazioni umane e culturali anche con altri maestri e studenti felsinei, oltre che ispiratore del primo nucleo della sua Orthographia. Nel corso di quel fervido quadriennio Tortelli ebbe modo di apprezzare le non comuni doti umane e intellettuali di Scanella, che le carenti risorse economiche della famiglia rischiavano di compromettere, per cui, lasciando Bologna per Roma alla fine del 1445, si assunse con generosità l’onere del mantenimento, soprattutto agli studi, del promettente Agostino (ma non lesinò il suo aiuto anche alla madre e ad alcuni avunculi e patrui del giovane), che si premurò di affidare alla tutela didattica di Volpe, già attivo come docente allo Studio dal 1439.
Le grandi aspettative di Tortelli non andarono tradite perché già le prime lettere di Volpe all’amico aretino lo rassicuravano sull’impegno scolastico di Agostino, che nel 1446 era dedito allo studio di Terenzio e Giovenale, poeta satirico che aveva iniziato a commentare, insieme con Virgilio, seguendo le vestigia di Servio e Nonio Marcello e sul quale avrebbe profuso maggiori energie nella primavera del 1448 vergando sui margini del codice in suo possesso una interessante rete di postille. Ma nel 1446 il giovane leggeva e al tempo stesso ricercava spasmodicamente Virgilio e sul finire dello stesso anno portava a termine il commento ai primi cinque libri dell’Eneide, mentre guidava con profitto nello studio delle Bucoliche alcuni adolescentes affidati alle sue cure.
Le marcate tensioni linguistiche del magistero volpiano indussero Agostino, allievo molto promettente nel campo degli studi grammaticali, a richiedere con insistenza per tutto il 1446 l’Institutio di Prisciano a Tortelli, al quale comunicava che il prossimo inverno avrebbe letto e corretto l’opera del grammatico latino, che all’inizio del 1447 gli fu procurata da Volpe al prezzo di tre ducati e mezzo.
Dato l’ottimo esordio negli studi umanistici, Tortelli rincarò la dose delle sue pretese chiedendo ad Agostino di estendere i suoi interessi al settore giuridico, che vantava a Bologna una scuola d’alto profilo. Ma la realizzazione di quel nuovo impegno si presentò subito ardua per il difficile reperimento dei sussidi bibliografici essenziali, nonché per i devastanti effetti dell’epidemia pestilenziale che aveva investito Bologna nell’autunno del 1448, imponendo la chiusura dello Studio e costringendo Scanella a consolarsi tra le mura domestiche con la lettura delle Vitae philosophorum.
L’inarrestabile diffusione della peste obbligò Agostino a lasciare Bologna per cercare rifugio insieme a Volpe e Girolamo Poggi dapprima a Castel d’Argile, e poi a Castel della Pieve e Cento solo in compagnia di Poggi, soggiorno durante il quale ebbe l’opportunità di leggere non solo Giovenale, Terenzio e Ovidio ma anche le Institutiones.
Fatto ritorno a Bologna tra la fine di novembre e l’inizio di dicembre del 1448, riprese con entusiasmo gli studi letterari frequentando le lezioni di Volpe su Virgilio e il De officiis di Cicerone e quelle di Giorgio Ambrosi sulle Institutiones, opera che chiedeva invece con insistenza all’amico aretino insieme al Digestum Vetus.
Ma il giovane Agostino, sebbene impegnato negli studi giuridici, continuò a coltivare nel biennio 1448-49 con grande dedizione le lettere latine, non rinunciando alla ricerca di testi importanti come Valerio Massimo, le Epistolae di Cicerone, Marziale, le Vitae philosophorum e altri libelli, tutti potenziali compagni di ventura nel caso di una nuova paventata fuga da Bologna a causa della peste. Però l’estate del 1449, data importante per il profilo degli interessi ellenici della facoltà di Arti di Bologna, segnò l’apertura allo studio del greco di Scanella e di altri suoi condiscepoli, i quali frequentarono presso il monastero servita di S. Ansano un corso di lezioni tenuto da Volpe con ambiziose aspettative.
Agostino, inoltre, tra le pieghe della sua intensa e variegata attività di studente modello riuscì a trovare spazio anche per la composizione di prose e versi che gli procurarono talora gratificanti consensi. Alla produzione in prosa, e soprattutto alla pratica dell’eloquenza alla scuola di Volpe, sono da ricollegare le performances oratorie espletate con successo il 12 settembre 1446 nella sede della magistratura bolognese in lode dei vessilliferi, il 1° giugno 1448 alla presenza dei Signori di Bologna e del governatore della città, il prelato Astorgio Agnesi, e infine il 1° marzo 1449 con un discorso rivolto ai consoli bolognesi.
L’estemporanea attività poetica, attestata solo dai versi allegati alle lettere a Tortelli, fu caratterizzata da una certa sperimentazione metrica (distici elegiaci, esametri, endecasillabi saffici ecc.) e creò, forse, qualche ottimistica aspettativa nell’amico aretino soprattutto per la promessa di un carmen in lode del pontefice, che gli fu inviato nell’autunno del 1447, e di un’elegia dedicata al cardinale del Portogallo. Tuttavia il giudizio non del tutto lusinghiero di Tortelli sui versi in lode del pontefice dovette condizionare Agostino se, nella primavera dell’anno seguente, prometteva una nuova redazione di quei carmina, che nella successiva estate risultava ancora non ultimata.
Nel 1449 l’idea di fuga da Bologna, sempre più tormentata dalla peste, e la ricerca di un luogo sicuro divennero più incombenti tanto che Tortelli, temendo per l’incolumità di Agostino, gli rimproverò la separazione da Volpe in occasione del suo trasferimento a Imola e lo sollecitò a ricongiungersi con il maestro vicentino e Filippo Fabbri a S. Ansano, dove nell’estate di quell’anno il giovane ebbe l’opportunità di fruire della consuetudine di dotti e virtuosi amici e dell’appagante frequentazione delle muse latine e greche.
Nel segmento finale della sua breve vita Agostino cominciò a nutrire un dichiarato interesse per la sfera religiosa e poi persino per la vita sacerdotale, cui lo sollecitava anche il vicario del vescovo e alla quale sembrava preludere il recente approdo allo stato clericale, che gli procurò il 7 dicembre 1449 il conferimento del canonicato e della prebenda di S. Maria della Pieve di Cento da parte di Niccolò V, che lo designò inoltre suo familiare.
Tale nuova prospettiva di vita, densa di aspettative, fu di breve respiro perché troncata, verosimilmente nel settembre del 1450, dalla prematura morte di Agostino a causa della peste.
La sua scomparsa segnò probabilmente la rottura dei rapporti tra Volpe (e il suo entourage) e Tortelli, che non perdonò al maestro vicentino l’alienazione indebita dei libri di Scanella, in gran parte venduti per devolverne il ricavato all’indigente madre del giovane, che ne aveva fatto esplicita richiesta.
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