SPINOLA, Agostino
– Nacque a Genova nel 1597 da Giovanna Basadonne e da Ambrogio, duca di Sesto e Venafro.
La coppia ebbe altri quattro figli: Filippo, Maria, Giovanni Giacomo (morto in tenera età) e Polissena, che sarebbe andata in sposa a Diego Mesía Felípez de Guzmán y Dávila, 1° marchese di Leganés, e cugino del futuro valido di Filippo IV, il conte-duca Olivares. Una famiglia potente e danarosa: Giovanna Basadonne, della cospicua linea dei conti di Gallarate, aveva portato in dote 90.000 scudi al marito Ambrogio, il quale godeva già di un’ingente rendita annua ereditata dal padre Filippo.
Ambrogio Spinola scalò rapidamente posizioni di vertice all’interno della monarchia spagnola, ottenendo titoli onorifici e importanti incarichi militari e di governo. Questa visibilità si riverberò sui figli, chiamati a rafforzarne il prestigio. Fu infatti per volontà del padre che, nel 1607, Agostino si trasferì insieme al fratello Filippo a Madrid, dove entrambi furono introdotti a corte in qualità di meninos della regina Margherita d’Austria. Agostino vi rimase sino alla morte della sovrana, nel 1611, quando si trasferì nella prestigiosa Università di Salamanca, dove studiò diritto canonico e teologia, per poi passare, cinque anni più tardi, ad Alcalá de Henares, dove attese invece allo studio della grammatica. Ad Alcalá strinse forti e duraturi legami con la Compagnia di Gesù, distinguendosi per la rigorosa spiritualità e per le pratiche penitenziali.
Nel gennaio del 1621, quando Agostino non era ancora ventiquattrenne, Paolo V lo fece cardinale, soddisfacendo un’esplicita istanza di Filippo III. Una nomina che, accolta quale segno di riconoscimento per «los servicios del Excelentissimo Señor Marqués Spinola su padre», sarebbe stata accompagnata dal clamore «de toda l’Italia» (Aranda, 1683, p. 76). Gli avanzamenti di Agostino seguivano di conserva quelli del padre Ambrogio, che, proprio nel dicembre di quello stesso 1621, avrebbe ottenuto il titolo di marchese di Los Balbases. E che si trattasse di un rafforzamento delle posizioni della famiglia presso la corte spagnola, lo evidenzia il fatto che Agostino ricevette il galero in Spagna, nel monastero di S. Bartolomeo di Lupiana presso Madrid. Del resto, egli non militò mai nell’allora corposa pattuglia di porporati genovesi, che peraltro, in larga misura espressione della nobiltà nuova genovese, osteggiarono quell’uomo appartenente invece a una delle più importanti casate della nobiltà vecchia. Spinola non dovette tuttavia curarsi granché di quelle ostilità, non avendo alcuna intenzione di servire la Repubblica di Genova. A dispetto dei suoi natali, fu e rimase sempre un porporato spagnolo.
Paolo V morì poco dopo avergli conferito la porpora. Messosi in viaggio per Roma, Spinola non riuscì tuttavia ad arrivare in tempo per partecipare al conclave che elesse Gregorio XV. Lo stesso sarebbe accaduto nel 1623 e nel 1644, quando cioè furono eletti Urbano VIII e Innocenzo X. Ritardi giustificati dalla malferma salute di Spinola, che non gli avrebbe permesso di muoversi tempestivamente dalla Spagna, ma probabilmente anche dalla sua estraneità agli ambienti curiali romani. A ogni modo, ricevuti gli ordini sacri dopo la nomina cardinalizia, si assicurò un protonotariato apostolico; ma, nonostante le insistenze di Madrid, dovette attendere due anni per iniziare la sua lunga carriera di presule spagnolo. La prima diocesi, quella di Tortosa, gli fu conferita nel 1623, e con dispensa papale, perché non aveva ancora i trent’anni necessari per assumere l’incarico. Tre anni più tardi, passò all’arcidiocesi di Granada, dove sarebbe rimasto sino al 1630, prima di essere destinato a un’altra arcidiocesi, quella di Santiago de Compostela, che resse invece per ben quindici anni. Nel 1645, infine, Innocenzo X gli conferì l’arcidiocesi di Siviglia.
In tanti anni di episcopato, Agostino si dedicò alacremente all’attività pastorale, specialmente sul fronte della devozione popolare, ordinando, ad esempio, la traslazione nella cattedrale di Tortosa delle reliquie del martire s. Crescente ricevute da Urbano VIII. Piuttosto intenso anche l’impegno nel promuovere la cultura e una buona istruzione del clero nelle diocesi che governò. Più presule che cardinale, dovette tuttavia fare i conti con le necessità politiche della Corona spagnola, alla quale era strettamente legato e in qualche modo dipendente, per i decisivi favori ricevuti. Si spiega così l’ordine, impartitogli da Filippo IV nel 1630, di recarsi a Roma per affiancare l’ambasciatore spagnolo cardinale Gaspar de Borja y Velasco, che stava operando pressioni su Urbano VIII per convincerlo a prestare maggiori soccorsi, monetari e diplomatici, al fronte asburgico impegnato nella guerra dei Trent’anni.
Passando per Madrid, Agostino manifestò le sue perplessità nei confronti di un’azione che rischiava d’irritare inutilmente il pontefice. Ma, mobilitato tutto l’alto clero spagnolo, Filippo IV non era intenzionato a recedere dai suoi propositi. Così Spinola raggiunse Roma, dove sarebbe rimasto quasi cinque anni, e dove fu accolto benevolmente da Urbano VIII, che lo nominò decano del S. Collegio e lo introdusse poi in diverse congregazioni pontificie. Il papa confidava di indurlo a non secondare la politica del cardinal Borja, nella quale Spinola finì infatti per recitare un ruolo secondario. Non sostenne la rumorosa protesta espressa da Borja in concistoro nel 1632 nei confronti di Urbano VIII; e, pur consapevole della cattiva disposizione del pontefice, si limitò a perorare il diritto dei presuli spagnoli di avere due agenti diplomatici, l’uno a Roma e l’altro presso la propria sede episcopale.
Nel 1634, quando Urbano VIII ordinò a Borja e ai cardinali spagnoli di rientrare alle proprie diocesi, Spinola tornò in Spagna come presule dell’arcidiocesi di Santiago de Compostela, che nel frattempo gli era stata assegnata. Ma i doveri politici l’avrebbero presto richiamato in servizio. Nel 1638, Filippo IV lo nominò membro del Consejo de Estado e, scoppiata la sollevazione portoghese nel 1640, presidente della Junta creata ad hoc.
Arcivescovo di Siviglia dal 1645, vi trascorse i suoi ultimi anni di vita, morendo il 12 febbraio 1649 durante una grave pestilenza che aveva colpito la città andalusa, anche se il decesso fu attribuito alla gotta.
I suoi antichi legami con la Societas Iesu trovarono forte espressione nel momento del trapasso. Fu un gesuita, Diego del Marmol, a impartirgli gli ultimi sacramenti, e la gran parte dei suoi beni e rendite andò alla Compagnia di Gesù, oltre che a opere caritatevoli. Per sua espressa volontà, il corpo, che fu imbalsamato, trovò una prima sistemazione nella casa professa dei gesuiti di Siviglia. E da lì, all’inizio del Settecento – sempre secondo le disposizioni lasciate da Spinola – la salma fu traslata in quel collegio gesuitico della Conceptión sorto nella stessa Siviglia grazie ai suoi lasciti. Ebbe due orazioni funebri: l’una del gesuita Diego de Rivera, superiore della casa professa, l’altra del frate Bartolomeo de Carmona, priore del monastero sivigliano di S. Geronimo.
Fonti e Bibl.: Archivio di Stato di Genova, Archivio segreto, Lettere di cardinali, 2819; Biblioteca apostolica Vaticana, Boncompagni Ludovisi, C.20, c. 224; Simancas, Archivo General, Consejo de Estado, leg. 1936; Siviglia, Biblioteca Rector Machado y Núñez, fondo antiguo, A.111032.11: Oracion funebre en las honras del eminentissimo S. Cardenal D. Agustin de Espinola Arzobispo de la Santa Metropolitana Iglesia de Sevilla.
G. de Aranda, Inmortal memoria en la vida, virtudes, y heroicos hechos del Eminentissimo Señor cardenal d. Augustìn Spinola, Sevilla 1683; J.F.F. de Rivarola y Pineda, Monarquia española, blason de su nobleza, II, Madrid 1736, p. 53; L. Cardella, Memorie storiche de’ cardinali della Santa Romana Chiesa, Roma 1793, pp. 218 s.; A. Rodriguez Villa, Ambrosio Spínola, primer marqués de los Balbases, Madrid 1904; M.A. Visceglia, «Congiurarono nella degradazione del papa per via di un Concilio»: la protesta del cardinale Gaspare Borgia contro la politica papale nella Guerra dei Trent’anni, in Roma moderna e contemporanea, XI (2003), pp. 167-193; D. García Cueto, El mecenazgo episcopal de Agustín Spínola (1597-1649), in Actas del XVIII congreso del CEHA, Mirando a Clío. El arte español, espejo de su historia, Santiago de Compostela 2010; A. Lercari, Repertorio di fonti sul patriziato genovese, scheda 43: Basadonne, Genova 2010; F.Q., García, El arzobispo Agustín Spínola, promotor de las artes sevillanas del barroco (1645-1649), in Génova y la monarquía hispánica (1528-1713), Genova 2011, pp. 731-752; M.A. Visceglia, Morte e elezione del papa: norme, riti e conflitti: l’età moderna, Roma 2013, pp. 7 s.