SPINOLA, Agostino
– Figlio di Giovanni e Petruccia Riario, nacque a Savona intorno al 1480. Apparteneva a un ramo degli Spinola genovesi stabilitosi a Savona nella seconda metà del XIV secolo e legato da parentela ai Della Rovere. La madre era infatti figlia di Violantina Della Rovere, sorella di Sisto IV e madre del cardinale Pietro Riario e del conte Girolamo, signore di Imola e Forlì. A seguito del matrimonio, Giovanni si era trasferito a Roma dove aveva rivestito vari incarichi, tra cui quello di castellano di Todi. Dei sei figli maschi della coppia, ben cinque intrapresero brillanti carriere all'interno della Curia romana, sotto la protezione dei papi e dei cardinali della famiglia. La nascita di Agostino, probabile secondogenito, viene in genere collocata al 1482, anche se pare più verosimile retrodatarla di qualche anno.
Non si hanno notizie dei suoi primi anni, ma di certo dovette ricevere una preparazione di tipo giuridico che, accompagnata a una buona conoscenza delle pratiche mercantili e finanziarie, gli permise di entrare al servizio del cugino Raffaele Riario Sansoni, cardinale di S. Giorgio in Velabro e dal 1478 vescovo di Cuenca, una delle più ricche e importanti diocesi castigliane. Spinola fece infatti parte del gruppo di ufficiali e imprenditori, in prevalenza savonesi, cui il cardinale (che mai si recò in Spagna) affidò l'amministrazione delle rendite del vescovato, distinguendosi per efficienza e capacità organizzative tanto che nel 1501 fu nominato vicario generale della diocesi e provvisore, nonostante contro di lui e i suoi collaboratori fossero mosse pesanti accuse di corruzione e malversazione da parte del clero e delle autorità locali. Il costante sostegno di papa Giulio II lo mise tuttavia al sicuro dalle inchieste giudiziarie e anzi il pontificato del cugino gli procurò sempre nuovi uffici e benefici.
Canonico di Cuenca e arcidiacono di Alarcòn, nel 1503 divenne protonotario apostolico e, due anni dopo, segretario papale, pur continuando a risiedere in Castiglia, da dove fece ritorno in Italia solo nel 1510, dopo che nel dicembre dell'anno precedente il papa lo aveva nominato vescovo di Perugia. In Umbria egli fece sporadiche comparse, preferendo risiedere a Roma dove fu tra i più stretti collaboratori di Giulio II e del suo successore Leone X, che nel 1516 gli conferì un posto da abbreviatore di parco maggiore. Partecipò ad alcune sedute del V Concilio Lateranense e nel dicembre 1515 seguì il papa nel suo viaggio a Bologna per incontrare re Francesco I.
La benevolenza mostrata da Leone X nei suoi confronti non venne meno neppure dopo la cosiddetta congiura dei cardinali che, organizzata nel 1517 dai cardinali Alfonso Petrucci e Bendinelli Sauli, avrebbe dovuto portare all'uccisione del pontefice. In essa si trovò infatti coinvolto anche il cardinale Riario Sansoni, che fu arrestato e privato di tutte le sue cariche. Spinola fu tra coloro che intervennero in suo favore, ottenendone la liberazione dietro pagamento di un riscatto di 50.000 ducati, di cui si fece garante con altri prelati savonesi presso il banchiere Agostino Chigi. Questo episodio non influì minimamente sulla sua carriera, tanto è vero che tra il 1518 e il 1520 ottenne in commenda l'abbazia di S. Pastore di Contigliano nel territorio di Rieti, oltre a rendite sui vescovati di Cuenca e León.
Uomo austero e nemico del lusso, «di soverchio ritenuto nello spendere» (Giuliani, 1842), Spinola fu un attento amministratore delle proprie sostanze, che vennero notevolmente incrementate quando il fratello maggiore Francesco, anche lui protonotario apostolico, decise di abbandonare la vita ecclesiastica per 'rientrare nel secolo' e sposarsi, così da garantire una discendenza agli Spinola di Savona, altrimenti destinati a estinguersi. Gli venne allora trasferita parte dei benefici e delle proprietà del fratello, tra cui la commenda del monastero di S. Pietro d'Assisi, quella di S. Croce di Sassovivo presso Foligno e il palazzo romano in via di Parione, oggi detto del Pio Sodalizio dei Piceni.
Le ricchezze di cui disponeva gli consentirono di aspirare al cappello cardinalizio, approfittando della decisione di papa Clemente VII, presa nel bel mezzo del conflitto con Carlo V, di mettere in vendita sei cardinalati al prezzo di 40.000 ducati l'uno. Spinola fu il primo a farsi avanti, pagando nell'aprile 1527 un anticipo di 20.000 ducati. Già il 3 maggio, mentre l'esercito imperiale era alle porte di Roma, il papa ne annunciò la nomina in Concistoro con il titolo di S. Ciriaco in Thermis, cambiato anni dopo (5 sett. 1534) con quello di S. Apollinare.
Durante il sacco della città venne fatto prigioniero e fu liberato solo pagando una pesante taglia. Seguì quindi il papa nella fuga a Orvieto per raggiungere in seguito Viterbo. Qui l'8 giugno 1528 il pontefice lo nominò camerlengo, ufficio resosi vacante per la morte del precedente titolare, cardinale Francesco Armellini Medici. Il 17 luglio dello stesso anno fu nominato anche amministratore della diocesi di Savona; di conseguenza, il 15 febbraio 1529 rinunciò al vescovato di Perugia in favore del fratello Carlo (salvo poi rientrarne in possesso alla morte di questi, sei anni dopo). Nel 1533 fu nominato dal pontefice amministratore della diocesi di Alatri, nel Regno di Napoli.
Quale camerlengo accompagnò papa Clemente VII nei suoi incontri con Carlo V; fu presente all'incoronazione imperiale di Bologna (1530) e, tre anni dopo, si trovò a Marsiglia alle nozze del re di Francia Enrico II con la nipote del papa, Caterina de' Medici. Di ritorno da questo viaggio ospitò per diversi giorni il papa nel suo palazzo di Savona, acquistato dagli eredi di Giulio II. Infatti, benché di costumi assai semplici, fu sempre molto attento al decoro e al lustro della propria famiglia. Per queste ragioni, volendo istituire per il fratello una signoria feudale nel 1532 gli fece donazione di alcuni castelli della val Bormida di proprietà della mensa vescovile di Savona, a dispetto delle proteste del capitolo della cattedrale.
Nella gestione della Camera apostolica si impegnò assiduamente per assicurare alla città di Roma costanti rifornimenti di grani e vettovaglie e ciò gli procurò grande popolarità tra la plebe romana, che ne apprezzava le doti umane e la modestia del tratto. Nel 1529, durante il viaggio di Clemente VII a Bologna, ebbe anche il governo dell'Urbe insieme ai cardinali Andrea Della Valle, Paolo Cesi e Alessandro Farnese. Ritenuto di 'parte francese', partecipò al conclave che, nell'ottobre 1534, elesse Paolo III Farnese, di cui fu uno degli elettori.
Morì a Roma il 18 ottobre 1537 e fu sepolto a Savona nella chiesa del convento di S. Domenico.
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