D'ADDA, Agosto (Giovanni Agostino)
Milanese, figlio di Francesco e di Antonia Balbo, fu attivo nella prima metà del sec. XVI.
Di lui, ricchissimo, dedito all'industria e al commercio, ma anche ad attività finanziarie, si conservano scarse testimonianze di poche operazioni in cui figurò direttamente, relative ai suoi prestiti alla Camera o, più spesso, ad acquisti di proprietà. Era il più influente della famiglia, i cui membri erano tutti industriali, commercianti ed operatori finanziari. In queste sue attività era favorito anche dal fatto che, avendo sposato Zenobia Mauruzzi, era cognato del gran cancelliere Francesco Taverna.
Nel 1536 il D. compì a Valladolid uno dei viaggi, che con ogni probabilità non saranno stati infrequenti, e nel medesimo anno prestò all'erario 2.000 scudi, guadagnandosi la riprovazione di Antònio de Leyva, che lo definiva "persona que podrya dar Lmil". Due anni più tardi egli giudicò di poter dare in prestito alla Camera 20.000 scudi. Lo fece a un interesse del 2,5% al mese, con la clausola che se il denaro non fosse stato rimborsato egli avrebbe ottenuto per la durata di tre anni, dal 1° genn. 1539, il dazio della mercanzia di Milano.
Seguendo la solita politica di vendite demaniali allo scopo di raccogliere denari, il 16 settembre del medesimo 1538, la Camera vendeva al D. con più atti e con la clausola della facoltà del riacquisto entro dodici anni, i feudi di Garlate e di Oggiono con le loro pievi, altri feudi nelle pievi di Varese, di Vernate e di Carnate, molti redditi camerali e giurisdizionali, fra cui quelli di Val Bossa e di Vernate; per una parte di questi beni il D. sborsò 26.075 lire.
In genere i D'Adda, considerati "gente stitica", eseguivano le loro operazioni finanziarie coperti dal nome del banchiere Tommaso Marino o attraverso prestanomi, come quelli del loro socio Agostino Foppa o di Camillo Varesino, non volendo essi "essere nominati ... per non restare in suggestione alcuna con la corte". Nel 1543 invece, allo scoperto, il D. accettò di fornire 150.000 scudi a Carlo V per il viaggio che questi doveva effettuare in Italia e in Germania. A documentare la sua attività industriale si ha notizia di un privilegio quinquennale da lui ottenuto il 10 maggio 1544 dall'Avalos, che gli concesse di poter tingere i panni di color cremisi con un nuovo metodo "perfetto che costerà meno dello scarlatto". A conferma del noto asserto che le crisi economiche giovano agli operatori finanziari, il 17 ag. 1545 il D. e i suoi soci ottennero 2.378 lire di rendita al 10% sul dazio della gabella grossa per la parte non restituita di un prestito di 58.000 lire da loro fatto alla Camera l'anno precedente. Il 23 dic. 1545 il D. veniva eletto fra i sessanta decurioni del Consiglio generale della città di Milano.
In epoca imprecisata il D. aveva preso in subaffitto da Lope de Soria alcuni beni dei frati di S. Maria delle Grazie.
Fece testamento nel 1550, e morì, presumibilmente a Milano, prima della fine dell'anno poiché il 24 dicembre gli subentrò come decurione Marco Antonio Bossi.
Con una lettera datata Firenze 29febbr. 1548, Lodovico Domenichi gli dedicò la sua traduzione della Prophetia de' Maometani et altre cose turchesche, inclusa nei Cinque libri della legge religione et vita de' Turchi di Giovanantonio Menavino, tradotti appunto dal Domenichi (Venezia 1548). Il medesimo autore pose il D. come interlocutore nel III e IV libro del suo La nobiltà delle donne (Venezia 1549, pp. 102, 148). Fu estimatore e protettore di Pietro Aretino, il quale gli inviò in dono un Raffaello (la S. Caterina di Alessandria, ora conservata nella National Gallery di Londra). Purtroppo il D. morì prima che il quadro, destinato poi al fratello Costante, arrivasse fino a lui. Dalle lettere dell'Aretino inviate al D. apprendiamo inoltre che Pietro Spino gli dedicò qualche verso.
Coetaneo, cugino e impegnato nelle medesime attività del D. fu Pagano, figlio di Rinaldo e di Margherita di Carugo. Sposò Ippolita Fiorenza, da cui ebbe Rinaldo, Pompeo, Paolo Camillo, Giulio e Ambrogio.
Rimane notizia dell'acquisto da parte di Pagano, il 6febbr. 1535, dei dazi delle badie di Como e dell'imbottato di Cremona e di Lodi per 85.446 lire. Il 30 sett. 1538, anno di grandi acquisti da parte dei D'Adda, che sembrano allora dare un indirizzo di incetta di beni immobili terrieri alla loro politica di investimenti, Pagano comperò dalla Camera numerose giurisdizioni, fra cui quella di Cornate, Colnago e Busnago, con il patto di grazia in favore della Camera per dodici anni, oltre al reddito annuo di 948staia di sale. Nella stessa data Pagano acquistava da Ludovico Maggi, un prestanome che li aveva comperati per lui dalla Camera, il reddito di 906staia di sale e il feudo di Cassano d'Adda, che nel 1543avrebbe rivenduto a G. B. Castaldo.
Nel settembre del 1543 egli fu uno degli otto eletti a difendere la città nella compilazione dell'estimo generale. Almeno dal 1548 fece parte dell'Università dei mercanti, di cui per un periodo indeterminato fu abate (sindaco). Nel giugno del 1549 divenne decurione del Consiglio generale della città di Milano e il 17 marzo 1552 acquistò, da F. Duarte, Pandino su cui in seguito fu ottenuto il titolo marchionale. Fece testamento il 12 ag. 1553 in favore della linea maschile e riservando 3.000 lire per doti a fanciulle povere.
Morì, presumibilmente a Milano, prima del dicembre del medesimo anno, quando fu sostituito come decurione dal fratello Erasmo. Fu seppellito in S. Ambrogio. Nel 1558 gli eredi di Pagano notificavano i beni avuti da lui in eredità e dichiaravano di aver ricevuto, comprese in varie zone della Ghiaria d'Adda, 13.412 pertiche di terra.
La potenza e la ricchezza dei D'Adda sono più intuibili che documentate, né si pensa che l'elenco delle loro attività possa ritenersi esaurito dalle poche notizie esposte, da intendersi come esemplificative.
Fonti e Bibl.: E. Casanova, Diz. feudale ..., Milano 1930, pp. 47, 103, 107, 111 (per agosto e pp. 21, 73 per Pagano); F. Arese, Elenco dei magistrati patrizi di Milano ..., in Arch. stor. lomb., s. 8, VII (1957), pp. 153 s. (per Agosto), e 154 (per Pagano); F. Pertile-E. Camesasca, Lettere sull'arte di P. Aretino, II, Milano 1957, pp. 330, 332, 334, 366, 397; III, ibid. 1959, p. 428 (per Agosto); F. Chabod, Usi e abusi nell'amministrazione dello Stato di Milano. in Studi stor. in on. di G. Volpe, I, Firenze 1958, p. 177 (per Agosto); Id., Storia di Milano ..., s. l. 1961, ad Indicem; Id., L'epoca di Carlo V, in Storia di Milano, IX, Milano 1961, ad Indicem; Id., Lo Stato di Milano, s. I. 1971, ad Indicem; Famiglie notab. milanesi, a cura di F. Calvi, I. Milano 1875, s. v. D'Adda, tav. II (per Agosto); tav. VI (per Pagano).