A quattro anni di distanza dall’inizio dell’Hirak, il moto di protesta popolare che nel 2019 ha portato alle dimissioni del presidente Abdelaziz Bouteflika, le richieste di riforma della popolazione sono state in gran parte disattese e represse, permanendo un establishment (pouvoir) deciso a conservare i consolidati equilibri di potere.
L’Algeria è una repubblica presidenziale il cui sistema istituzionale vede il Parlamento diviso in due Camere: l’Assemblea nazionale del popolo, i cui membri sono eletti con un mandato quinquennale, e il Consiglio della nazione, di cui il presidente della Repubblica nomina un terzo dei membri, mentre gli altri due terzi sono eletti dalle assemblee locali e provinciali. Pur esistendo formalmente un certo pluralismo politico, il Fronte di liberazione nazionale (FLN, Front de Libération Nationale), protagonista della lotta di indipendenza dalla Francia, rimane la forza politica dominante, rappresentando il primo partito politico per seggi in Parlamento nonostante un significativo calo di consensi rispetto al passato. Il presidente della Repubblica, in carica per un mandato di cinque anni, rappresenta la figura di spicco del sistema istituzionale del Paese. Nonostante le proteste popolari del movimento dell’Hirak, la presidenza di Abdelmadjid Tebboune, entrato in carica nel 2019, rimane ancorata ad alcune logiche del passato. Le forze armate continuano ad avere un ruolo centrale nelle questioni politiche del Paese e il sostegno politico dei militari rimane la principale garanzia al mantenimento dello status quo. In questo contesto si iscrive l’ingente finanziamento alle forze armate disposto dalla legge di bilancio per il 2023, pari a circa 18 miliardi di dollari su un totale di 98 miliardi. Continua, inoltre, la repressione degli spazi di dissenso e l’arresto di attivisti e oppositori. La roadmap per la ‘nuova Algeria’ del post-Bouteflika, inaugurata con la modifica della Costituzione nel 2020, non sembra aver portato a una riforma radicale del sistema di governance algerino e alle aperture democratiche richieste dall’Hirak, considerando la bassa affluenza registrata negli appuntamenti elettorali degli ultimi anni, pressoché boicottati dalla popolazione. A una crisi di legittimità interna, tuttavia, fa da contraltare il ruolo sempre più centrale del Paese sul piano regionale e internazionale, confermato anche dal consolidamento dei rapporti con i Paesi europei, attraverso la direttrice della cooperazione energetica.
Pur essendo il Paese più grande del continente africano, con un totale di circa 45 milioni di abitanti, l’Algeria ha una densità abitativa molto bassa. La maggior parte del territorio, circa l’80%, è desertico e la popolazione si concentra nella parte settentrionale del Paese, lungo la costa mediterranea. La maggioranza è araba, mentre circa il 15% del totale appartiene alla comunità amazigh (berbera), concentrata principalmente nella regione montuosa della Cabilia, a est di Algeri. Pur con delle similarità con la popolazione araba, ad esempio la comune fede musulmana, gli Amazigh si configurano come la popolazione indigena della regione. Storicamente oggetto di discriminazioni da parte delle autorità, solamente nel 2016 hanno ottenuto il riconoscimento del tamazigh, a fianco dell’arabo, come lingua ufficiale dello Stato. Ciononostante, continuano a intrattenere un rapporto difficile con le autorità algerine, che periodicamente li accusano di rappresentare una minaccia per la sicurezza nazionale.
Il Movimento per l’autodeterminazione della Cabilia (MAK, Mouvement pour l’Autodétermination de la Kabylie) è classificato come organizzazione terroristica e il suo leader, Ferhat Mehenni è stato condannato all’ergastolo in contumacia a novembre 2022, con l’accusa di minare l’integrità territoriale e l’unità nazionale dell’Algeria.
Punto di snodo, insieme a Marocco e Tunisia, dei principali flussi migratori provenienti dal Sahel, l’Algeria è anche uno dei principali Paesi ospitanti di migranti della regione. Il Paese nordafricano è da decenni il luogo di riparo dei rifugiati sahrawi, provenienti dalla regione contesa del Sahara Occidentale, concentrati in cinque campi profughi nella regione di Tindouf, al confine tra Marocco, Mauritania e Sahara Occidentale, mentre la restante popolazione rifugiata, principalmente siriani e subsahariani, si concentra nelle aree urbane.
L’indice di Freedom house classifica l’Algeria come uno Stato non libero dal punto di vista sia dei diritti politici sia delle libertà civili. Le voci di opposizione vengono nella maggior parte dei casi silenziate tramite arresti e condanne. Nel corso dell’ultimo anno è continuata la repressione nei confronti di attivisti legati al movimento dell’Hirak e di giornalisti critici verso il governo. A dicembre 2022 Ihsane El Kadi, giornalista e direttore di Interface Media, una delle più importanti agenzie di comunicazione del Paese, è stato arrestato con l’accusa di aver ricevuto finanziamenti dall’estero per attività che minacciano la sicurezza dello Stato. Ad aprile 2023 il tribunale di Algeri ha condannato il giornalista a cinque anni, di cui tre di reclusione, e ha dichiarato lo scioglimento del gruppo Interface Media e dell’emittente Radio M. Di poche settimane successiva è l’approvazione in Parlamento di una legge che vieta ai media algerini di ricevere finanziamenti o assistenza materiale da qualsiasi entità straniera.
L’Algeria si caratterizza per un sistema giuridico misto di diritto civile francese e diritto islamico. Nonostante la presenza di una grande tradizione di associazionismo femminista e l’introduzione di due articoli nella Costituzione del 2020 volti alla tutela delle donne da ogni forma di discriminazione e alla promozione della loro rappresentanza in politica, la percentuale dei seggi occupati da donne in Parlamento è pari soltanto all’8% nel 2022 e il codice di famiglia emanato nel 1984, che discrimina le donne in materia di matrimonio, divorzio, eredità e custodia dei figli, è ancora in vigore.
Tra gli Stati più ricchi di petrolio e gas della regione, l’Algeria genera la quasi totalità della sua energia elettrica da gas naturale; pur puntando a produrre il 27% dell’elettricità da fonti rinnovabili entro il 2035, produce ancora una quantità relativamente piccola di elettricità da solare (448 MW), idroelettrico (228 MW) ed eolico (10 MW). Per rilanciare la transizione energetica del Paese, il governo ha intrapreso, nel corso dell’ultimo anno, una serie di azioni volte a rafforzare i partenariati internazionali in materia di rinnovabili. All’inizio di gennaio 2023 la compagnia di Stato Sonatrach e l’italiana ENI hanno firmato alcuni accordi volti a identificare opportunità per la riduzione delle emissioni di gas serra e metano, lo sviluppo di rinnovabili e la produzione di idrogeno verde. A marzo 2023 il gruppo Sonelgaz ha indetto una gara d’appalto nazionale e internazionale per la costruzione di 15 centrali solari fotovoltaiche, distribuite in 11 province del Sud e sugli altipiani, per una potenza totale di 2000 MW. Nello stesso mese, il ministero dell’Energia ha annunciato che l’Algeria sta lavorando a una roadmap per la produzione e commercializzazione dell’idrogeno, con cui si punterebbe a fornire al mercato europeo il 10% del suo fabbisogno entro il 2040. Con lo scoppio della guerra in Ucraina, e la conseguente volontà dei Paesi dell’Unione Europea di ridurre la dipendenza energetica dalla Russia, l’Algeria ha accresciuto il suo ruolo di esportatore di idrocarburi in Europa.
L’economia algerina ha continuato a beneficiare, nel corso dell’ultimo anno, dell’aumento dei prezzi dell’energia. Al considerevole arricchimento delle casse dello Stato legato all’esportazione di idrocarburi segue storicamente una redistribuzione della ricchezza sotto forma di sussidi e politiche sociali. Alla fine del 2022 è stata approvata la legge di bilancio per il 2023 che, accanto all’ingente spesa militare, indirizza i fondi pubblici verso le politiche sociali e il supporto di settori quali istruzione, sanità e agricoltura. A fianco a ciò si segnalano, tuttavia, problematiche come l’aumento del tasso di inflazione e la scarsa diversificazione economica. Le finanze pubbliche continuano a essere dipendenti dalle esportazioni di idrocarburi e rimangono soggette alla volatilità dei prezzi delle materie prime. Negli ultimi mesi si è assistito a un’accelerazione sul fronte degli investimenti, che si è riflettuta nella concessione, nel 2022, di crediti alle imprese e nella facilitazione degli scambi finanziari internazionali, in particolare con l’apertura, nel corso del 2023, di filiali di banche algerine in Africa e in Europa. Ad aprile 2023 il presidente Tebboune ha dichiarato che il valore degli investimenti nel settore privato dovrebbe superare i 30 miliardi di dollari entro il 2027, con un impatto misurabile già nel breve periodo: entro i primi 18 mesi è prevista la creazione di 55.000 nuovi posti di lavoro.
I rischi principali per la sicurezza dell’Algeria sono legati al terrorismo, specialmente nelle province del Sud, e ai difficili rapporti con il vicino Marocco. Da decenni attraversati da un’aspra rivalità per il territorio conteso del Sahara Occidentale, Algeri appoggia il Fronte Polisario, il movimento indipendentista del Sahara Occidentale, nelle sue richieste di indipendenza, mentre Rabat rivendica il controllo sul territorio. Inoltre, motivi di tensione tra i due Paesi riguardano l’accusa a Rabat di sostenere associazioni considerate terroristiche da Algeri, quali il MAK e il movimento islamista Rachad, e il posizionamento del Marocco nei confronti di Israele – almeno fino allo scoppio della guerra a Gaza a ottobre 2023 –, che con Tel Aviv ha normalizzato le relazioni siglando gli Accordi di Abramo. Dopo un tentativo di distensione promosso nell’estate del 2022 dal re marocchino Mohammed VI, i rapporti tra le parti sono tornati a deteriorarsi all’inizio del 2023. A marzo il presidente Tebboune ha dichiarato che tra Algeri e Rabat i rapporti avevano raggiunto un punto di non ritorno, suggerendo come fosse al momento improbabile il ristabilimento delle relazioni diplomatiche bilaterali. Il dato è stato confermato anche in occasione della risposta al terremoto in Marocco a settembre 2023, quando Rabat ha rifiutato l’offerta di aiuti di Algeri.
Sul piano della politica estera, l’Algeria esprime storicamente una posizione di non ingerenza e di difesa dell’autodeterminazione, in particolare per quanto riguarda la vicina Libia e la causa palestinese. Contemporaneamente, sotto la presidenza Tebboune, il Paese continua a posizionarsi quale mediatore per la stabilità nell’area. A novembre 2022 Algeri ha ospitato il vertice della Lega Araba che ha segnato il suo ritorno sulla scena regionale. Nello stesso mese, anche in virtù degli stretti rapporti diplomatici e commerciali con Cina e Russia, l’Algeria ha presentato domanda di adesione ai BRICS, raggruppamento intergovernativo che riunisce Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica. Sulla scia del rinnovato dinamismo diplomatico, nel corso del 2023 si sono tenuti ad Algeri vari incontri bilaterali, tra cui quelli con i rappresentanti della Giordania a febbraio e dell’Arabia Saudita a maggio. Sul fronte europeo i rapporti con l’Italia continuano a rafforzarsi nel nome della cooperazione energetica, mentre con la Francia le relazioni rimangono altalenanti. Se ad agosto 2022 il presidente francese Emmanuel Macron si era recato in visita ad Algeri allo scopo di aprire una nuova era di partenariato, nel febbraio 2023 il presidente Tebboune ha accusato Parigi di aver orchestrato la fuga di un’attivista già arrestata nel 2019. Le relazioni tra le parti sono riprese un mese dopo, con il ritorno dell’ambasciatore algerino a Parigi. Degna di nota è, infine, la visita di Tebboune in Russia, nel giugno 2023. Nel corso del suo incontro con il presidente russo Vladimir Putin è stato concordato un approfondimento del partenariato strategico bilaterale.