L’Angola è la terza economia più forte dell’Africa subsahariana e dal 1975, anno della sua indipendenza, è governata dal Movimento popolare per la liberazione dell’Angola (MPLA, Movimento Popular de Libertação de Angola). A fine agosto 2022 si sono tenute le elezioni presidenziali e legislative, dove il presidente João Manuel Gonçalves Lourenço, leader del MPLA, ha inaugurato il suo secondo mandato alla guida del Paese con una debole maggioranza sull’Unione nazionale per la indipendenza totale dell’Angola (UNITA, União Nacional para a Independência Total de Angola), storica formazione rivale, contro la quale il MPLA ha combattuto la guerra civile tra il 1975 e il 2002. I risultati delle elezioni hanno segnato un forte calo nella popolarità del MPLA, che Lourenço intende recuperare attraverso una più oculata spesa pubblica volta allo sviluppo di politiche sociali. L’intervento dello Stato ha il fine di contrastare il malcontento popolare dovuto alla povertà in aumento a partire dalla congiuntura economica negativa che combina le conseguenze dell’epidemia da Covid-19 e l’aumento dei prezzi delle materie prime. La sfida attuale per il Paese, che attualmente dipende dalle esportazioni del greggio, è sviluppare un’economia diversificata. La strategia di Lourenço per diversificare l’economia prevede di sfruttare l’aumento dei prezzi delle commodities energetiche per ripagare il debito pubblico e, allo stesso tempo, dare nuovo vigore alla crescita del Paese attraverso politiche fiscali espansive.
Nel periodo successivo alla guerra civile a una crescita economica sostenuta dalla produzione e dalla vendita di idrocarburi non è corrisposta una distribuzione equa delle rendite. Ne è conseguita una situazione di disparità economica con alti tassi di disoccupazione e instabilità dei posti di lavoro.
Oggi, poco meno dei due terzi della popolazione vive sotto la soglia di povertà e si stima che l’80% dell’offerta lavorativa nel Paese sia informale e, nella metà dei casi, relativa a lavori di sussistenza nel settore primario, mentre la disoccupazione giovanile si attesta al 17,3%. Sul profilo migratorio, nel dopoguerra e con il ripristino graduale della stabilità politica si è assistito a un flusso graduale di ritorni di rifugiati angolani nel Paese, mentre recentemente l’Angola è diventato anche un Paese di destinazione per gli Stati della regione. La ricchezza di risorse minerarie e petrolifere e la necessità di manodopera qualificata o non qualificata costituiscono i principali pull factors. Nel 2020 i primi quattro Paesi di provenienza di migranti sono stati la Repubblica Democratica del Congo (RDC), la Guinea, la Costa d’Avorio e Capo Verde. A causa dell’instabilità della situazione interna della RDC, si stima che oltre i tre quarti dei migranti in Angola provengano dal Paese confinante: i rifugiati congolesi nel 2022 hanno rappresentato l’89% del totale dei rifugiati presenti in Angola.
Molteplici episodi di violenza si sono susseguiti durante la campagna elettorale del 2022 e nel periodo postelettorale, sebbene nel corso dell’ultimo anno si sia registrato un tenue miglioramento. Si riscontrano numerosi casi di abusi e trattamenti vessatori verso i civili da parte delle forze dell’ordine angolane, le cui azioni rimangono spesso impunite. Giornalisti e attivisti politici sono stati presi di mira dalle forze di sicurezza durante le proteste antecedenti al voto. In seguito alle elezioni sono stati registrati arresti arbitrari, come al margine di una protesta tenutasi due giorni dopo il voto, durante la quale quaranta manifestanti sono stati denunciati e arrestati. Per quanto riguarda la parità di genere il Paese non riscontra miglioramenti significativi. Le donne sono soggette a discriminazione sociale ed economica. La parità salariale, nonostante sia garantita per legge, non viene rispettata. Generalmente le donne ricoprono posizioni di basso livello rispetto agli uomini e sono ufficialmente escluse da una serie di impieghi nei settori industriale, agricolo ed energetico. Nelle zone rurali la discriminazione di genere è accentuata da un’organizzazione della società secondo principi tradizionali che impongono alle donne un ruolo subordinato a quello degli uomini. Rimane molto diffuso anche il matrimonio combinato che prevedrebbe un limite di età di 15 anni per le ragazze e di 16 per i ragazzi. Tuttavia, queste soglie minime non sono osservate e i matrimoni combinati sono celebrati già a partire dal periodo della pubertà.
L’industria petrolifera rappresenta una fetta importante del PIL del Paese. Una produzione di più di 1 milione di barili di petrolio al giorno rende l’Angola pesantemente dipendente dal settore degli idrocarburi. Tuttavia, la raffinazione del greggio viene assicurata solo per il 30% della propria produzione, perciò per il consumo il Paese si ritrova anche a importare petrolio raffinato. Il marcato orientamento all’esportazione dell’industria petrolifera si riflette sul mix energetico del Paese che è composto per il 68% da fonti idroelettriche e per circa il 30% da fonti fossili e il restante da un ibrido solare e fossile. L’amministrazione di Lourenço punta a incrementare gli investimenti stranieri nella promozione del processo di transizione energetica del Paese attraverso l’aumento della quota di energia solare nel mix energetico. A questo proposito, Luanda ha avviato con ENI un progetto per la realizzazione di un impianto fotovoltaico da 50 MW nella provincia di Namibe, mentre con la francese Total sta sviluppando un progetto simile con una capacità di 35 MW nella provincia di Huila.
L’Angola è fortemente minacciata dal cambiamento climatico, la temperatura media annua è aumentata di 1,4 °C dal 1951 e si prevede che continui ad aumentare. In particolare le regioni del Sud di Huila, Cunene e Namibe sono flagellate da lunghi periodi siccitosi con gravi effetti sulle comunità rurali. Anche l’industria estrattiva contribuisce severamente al deterioramento dell’ambiente angolano provocando inquinamento delle acque dei fiumi, degradazione del suolo e disboscamento.
Nel 2022, grazie alla ripresa della produzione di greggio e all’aumento dei prezzi degli idrocarburi a livello internazionale è stato stimato un incremento del 2,8% del PIL. La ripresa della crescita ha permesso una spesa pubblica maggiore, che a sua volta ha contribuito al rafforzamento del valore della valuta angolana, il kwanza. L’apprezzamento della moneta ha più che dimezzato il tasso di inflazione annuale che, arrivato quasi al 30% nel 2021, è tornato a una media del 21% nel 2022, fino a scendere al 10% nel marzo 2023. Con l’attenuarsi dell’inflazione e lo stabilizzarsi del kwanza, la Banca centrale dell’Angola ha deciso di abbassare gradualmente i tassi di interesse fino ad arrivare, a marzo 2023, al 17% – rispetto al 20% del 2022 – in modo da supportare lo sviluppo dei settori non petroliferi. Grazie a questa politica monetaria, il settore agricolo e quello ittico hanno assistito a una crescita del 7% nel 2022, arrivando a rappresentare il 13,6% del PIL. Dal 2019, il governo ha intrapreso un programma di privatizzazione (PROPRIV, Programa de Privatizações) che è stato rinnovato fino al 2027: delle 195 imprese statali, 94 sono state già privatizzate. Tra le compagnie statali incluse nel programma, vi sono anche la Sonangol, la compagnia petrolifera nazionale, e l’Endiama, la compagnia nazionale per l’estrazione dei diamanti, di cui è programmata una privatizzazione parziale. Una svolta per l’amministrazione di Lourenço è stato il rilascio del mandato di arresto internazionale nei confronti di Isabel dos Santos, figlia dell’ex presidente José Eduardo dos Santos, accusata di aver sfruttato le risorse finanziarie nazionali per il proprio tornaconto mentre era a capo della Sonangol, tanto da esser stata riconosciuta come la donna più ricca del continente africano fino al 2017, anno in cui sono state avviate le indagini per corruzione nei suoi confronti.
Sul fronte della sicurezza interna, l’Angola tiene a freno le spinte del movimento secessionista del Fronte per la liberazione dell’enclave di Cabinda (FLEC-R, Frente de Libertaçao do Enclave de Cabinda-Renovada) che opera nell’omonima regione, un’exclave angolana situata oltre il confine settentrionale con la Repubblica Democratica del Congo e ricca di riserve di petrolio. A livello regionale, l’Angola è impegnata come mediatore delle negoziazioni di pace tra la Repubblica Democratica del Congo e il gruppo ribelle del Movimento 23 marzo (M23) che agisce nella zona nordorientale della RDC, nel Nord Kivu. A marzo 2023, quando il cessate il fuoco tra la RDC e l’M23 è stato violato, l’amministrazione angolana ha inviato delle truppe nel Nord Kivu, a supporto dell’esercito congolese. Inoltre, sono sempre più frequenti episodi di pirateria nella zona del porto di Luanda che mettono a rischio il mercato marittimo.
L’Angola mantiene storicamente buone relazioni con la Cina e il Sudafrica, che ne importano il petrolio, e con la Russia, che le fornisce armi dal periodo dell’indipendenza. I legami con la Cina sono particolarmente stretti in quanto rappresenta il maggiore creditore dell’Angola, coprendo circa il 40% del suo debito estero. Tuttavia, il Paese si sta avvicinando gradualmente all’Unione Europea, in quanto rappresenta per quest’ultima un partner chiave nella strategia di diversificazione delle fonti di energia, soprattutto nell’ottica di allontanamento dalla fornitura russa. A fronte di ciò, a gennaio 2023 il ministro degli Esteri russo Sergej Lavrov si è recato in Angola, anche a seguito del voto angolano a favore della condanna dell’occupazione russa dei territori ucraini in seno all’Assemblea generale dell’ONU a fine 2022, nonostante avesse optato per l’astensione in occasione della prima votazione sulla questione. Di conseguenza, alle successive votazioni a fine marzo 2023 sull’appello dell’ONU per un ritiro immediato delle truppe russe dall’Ucraina, l’Angola si è astenuta nuovamente.
Ciò dimostra che, nonostante l’avvicinamento all’Occidente, lo Stato africano ambisce a mantenere una posizione mediana conservando le relazioni con i suoi partner storici. Dopotutto, le relazioni con la Russia dipendono anche dallo stretto legame tra Luanda e Mosca nella produzione di diamanti. L’angolana Endiama mantiene una partnership strategica con la russa Alrosa, leader mondiale nel settore, che detiene anche il 41% di una delle più grandi miniere angolane. A livello regionale, l’Angola, la RDC e lo Zambia hanno firmato un accordo per la creazione del corridoio di Lobito, che connetterà le zone minerarie della provincia di Katanga alla regione del Copperbelt, permettendo la vendita e il trasporto dei metalli in maniera più agevole.