AGRAPHA
. Questo nome, traslitterazione latina del neutro plurale greco ἄγραϕα (sottinteso λόγια "detti") da ἀ privativo e γραϕή, nel senso di Sacra Scrittura, ha ormai diritto di cittadinanza nella terminologia della critica neo-testamentaria dopo le opere di J. G. Körner (De sermonibus Christi ἀγράϕοις, Lipsia 1706) e soprattutto di A. Resch (Agrapha, aussercanonische Evangelienfragmente, Lipsia 1889, 2ª ed., 1906). Fu suggerito dal fatto che, tra gli altri Padri della Chiesa, Clemente alessandrino (Stromata, VI, 7) parla di detti di Gesù conservati dalla tradizione orale, indipendentemente dalle Scritture (ἀγράϕως). Designa dunque dei "detti" staccati (non discorsi, o parabole) del Cristo, aventi carattere di autenticità, ossia citati come suoi, al di fuori dei Vangeli, tanto canonici, quanto apocrifi. Così, negli Atti degli Apostoli (XX, 35, discorso di S. Paolo a Mileto) troviamo l'invito a "ricordarsi delle parole del Signore Gesù, che egli stesso ha detto: è cosa felice più il dare che il ricevere (μακάριόν ἐστιν μᾶλλον διδόναι ἢ λαμβάνειν)"; detto che ricorda piuttosto un passo dell'Ecclesiastico (IV, 31), ma che non è registrato in nessun Vangelo. Vale la pena di citarne qualche altro, per dare un'idea del loro carattere, letterario e spirituale: "Sudi l'elemosina nelle tue mani, finché tu sappia, a chi dare", Didachè, I, 6); "Dice il Signore: ecco, faccio la fine come il principio" (Ep. di Barnaba, VI, 13); "So che il Verbo di Dio disse: è stata nascosta a voi questa grande sapienza di Dio onnipotente, e creatore di tutte le cose" (Giustino, Dial. c. Tryphone, 38); "Dice infatti il Salvatore: chi è vicino a me, è vicino al fuoco; chi è lungi da me, lungi dal Regno" (Origene, in Hierem., XX, 3); "Dice infatti il Signore: sarete come agnelli in mezzo ai lupi. E Pietro rispondendo gli dice: E se i lupi sbraneranno gli agnelli? Disse Gesù a Pietro: Gli agnelli non temano i lupi, dopo di essere morti; e voi non temete coloro che vi uccidono, e non possono fare nulla (altro), ma temete Colui che, dopo che voi siete morti, ha potestà sull'anima e sul corpo, per gettarli nella geenna di fuoco". Si va, dunque, dalla pura e semplice parafrasi di parole evangeliche, o scritturali in genere, fino a detti di maggiore originalità, ma nei quali è pur sempre abbastanza facile sentire l'eco di qualche noto testo canonico.
Il Resch registrò non meno di 74 agrapha, a suo giudizio autentici, oltre 103 discutibili, assumendo a criterî il diverso valore delle fonti, e la somiglianza con passi evangelici. Grande valore egli riconosceva perciò ai detti registrati da autori dell'età subapostolica, che potrebbero aver conosciuto le fonti stesse dei nostri vangeli canonici. Papia commentò, in cinque libri, i Detti del Signore che tra i critici alcuni identificano con la Seconda Fonte (Q, ted. Quelle "fonte") dei Vangeli Sinottici, alcuni altri con l'originale del Vangelo secondo S. Matteo (di cui parla altro frammento di Papia), e che il Resch ritenne redatto in ebraico classico, anziché in aramaico; e da quest'unico originale cercò di dimostrare la dipendenza degli agrapha. J. H. Ropes, con critica stringente, ha diminuito il numero degli agrapha accettabili come autentici a quattordici (di cui cinque soli riconosciuti da Resch) più tredici probabili. Non tutti accettarono interamente le sue conclusioni, e la discussione sopita venne riaecesa dalle scoperte dei Logia di Ossirinco, che si ritennero generalmente estratti da un vangelo apocrifo. Nuovi indirizzi critici hanno spostato ancora la questione: si deve ormai ammettere che, almeno nel secondo secolo, tra i cristiani circolassero liberamente recensioni diverse della medesima opera (agli Atti degli Apostoli va aggiunto, per esempio, il Pastore di Erma) B. H. Streeter (The Four Gospels, Londra 1925, p. 238 segg.) ha dimostrato che versioni (o "recensioni") parallele di passi sinottici circolarono abbastanza largamente. La Formgeschichtliche Schule, che mira a rintracciare, attraverso lo studio dei tipi letterarî (apoftegmi o paradigmi, "novelle" ecc.) dei racconti evangelici, la loro forma in uno stadio anteriore a quello della redazione per iscritto, tende a ridare un certo valore agli agrapha, come esempî del modo in cui parole di Gesù, o racconti relativi a lui, furono rielaborati dalla comunità primitiva; e alle loro collezioni, come ad una riprova del bisogno sentito dai cristiami più antichi, di raccogliere le parole del Maestro, per regolare la loro vita in base ad esse.
Bibl.: Resch, op. cit. (in Texte und Untersuchungen zur Geschichte der altchristlichen Literatur, V, 4 e XXX, 3-4); Ropes, Die Sprüche Jesu (nella medesima collezione, XIV, 2), Lipsia 1896, e l'articolo fondamentale, con una lista completa, Agrapha, in Dictionary of the Bible (del Hastings), V (Extravolume); Hennecke, art. Agrapha in Realencyclopädie für Protestantische Theologie und Kirche, XXIII (buona bibliografia); Mangenot, in Dictionnaire de théologie catholique, I, i, s. v.; Buonaiuti, Detti extracanonici di Gesù, Roma 1925.