Il contributo è tratto da Storia della civiltà europea a cura di Umberto Eco, edizione in 75 ebook
Rudolf Agricola (latinizzazione di Roelof Huysman) nasce a Baflo vicino a Groningen nel 1442 (secondo altre fonti nel 1443). Studia a Deventer, Lovanio e Parigi e viaggia poi a lungo in Italia, fermandosi a Roma e a Ferrara (memorabile il panegirico sulla filosofia pronunciato davanti a Ercole d’Este). Tornato a nord delle Alpi, si occupa di diplomazia a Bruxelles, Groningen e Heidelberg, presso l’università nella quale insegna a partire dal 1482 e dove però muore poco più che quarantenne, nel 1485, al ritorno da un’ultima missione diplomatica, a Roma.
Un metodo universale
Scritta nel 1479 e stampata la prima volta in edizione postuma nel 1515, la sua opera principale, il De inventione dialectica, è un trattato sul metodo che supera di molto la logica nominalistica scolastica nella direzione di una nuova teoria della soggettività sulla falsariga di alcune idee di Platone, Aristotele, Cicerone, Boezio e Petrarca. Rudolf Agricola punta a costituire un metodo universale che sia diverso dal pluralismo metodico di Aristotele e sia però anche libero dai legami all’etica che Lorenzo Valla aveva imposto alla sua dialettica. Agricola intende la dialettica come metodo di tutte le scienze. La grammatica e la retorica le sono, infatti, sottoposte. In accordo con Francesco Petrarca e Valla, anche Agricola reclama la restaurazione del primato dell’uso classico latino contro il gergo scolastico medievale. Occorre sottolinare l’ideale psicagogico che ispira la devotio moderna dei Fraterherren di Deventer, presso i quali Agricola viene educato, fautori di una filosofia pratica, devota e del tutto interiorizzata, esigendo che la conoscenza abbia come fine lo sviluppo delle facoltà dell’uomo in quanto essere razionale e morale. L’uomo ha bisogno di un approccio alla vita pratica e individualizzata più che di un approccio alla vita intellettuale.
La celebre definizione che Agricola dà della dialettica in quanto ars probabiliter de qualibet re proposita disserendi ne fa una disciplina formale. Infatti, la dialettica non dipende da nessun tipo di oggetti; è valida per tutte le artes et scientiae . Il probabiliter per Agricola equivale a “persuasivamente”. Visto che ““la dialettica insegna il metodo di argomentare ovvero (il che è lo stesso) di discorrere probabilmente, i suoi limiti sembrano essere pari a tutto ciò di cui si può discutere con ragione e metodo. Inoltre la dialettica non sembra presupporre alcuna materia predefinita, ma dà solo le armi con le quali veniamo preparati e istruiti per tutte le sfide””. In quanto strumento per l’invenzione di temi da proporre alla discussione, la dialettica è dunque ars artium e serve alla chiarificazione dei principi di tutte le conoscenze; è propedeutica formale, dottrina della scienza. La stessa inventio può essere formalizzata. Visto che indaga l’origine dei loci di tutte le scienze, la logica, in quanto inventio dialectica, stabilisce un sistema di riferimento per ciascun contenuto particolare e realizza la corrispondenza tra ciò che è isolato e ciò che è comune in forza di similitudini, poiché il pensiero deve poggiare su delle similitudines, se non vuole soccombere a fronte della pluralità delle cose individuali.
La dimostrazione
I loci servono alla dimostrazione. Sono garanzia dell’esattezza materiale dei contenuti trattati e rendono possibili decisioni di carattere generale. Mentre Valla si limita a far sua la topica di Quintiliano, Agricola s’impegna a elaborarne una nuova. Mentre Aristotele concepisce la topica come pratica della discussione, per Agricola la topica copre la logica intera ed è dunque ben più ampia della topica dello Stagirita. I 24 topoi o loci della tradizione che da Aristotele raggiunge Agricola passando per Cicerone, Quintiliano e Boezio rappresentano le condizioni più generali all’interno e all’esterno delle cose: “Ed ecco dunque la lista dei loci, come sono interni, quelli nella sostanza: la definizione, il genere, la specie, il proprio, il tutto, la parte, i coniugati. Quelli sulla sostanza: gli adiacenti, l’atto, il soggetto. I loci esterni, che sono detti parenti: la causa efficiente, il fine, gli effetti, i destinati. Quelli che sono applicati: il luogo, il tempo, i connessi. Quelli che sono accidenti: i contingenti, i pronunciati, il nome, i comparati, i simili. Quelli che ripugnano: gli opposti, i distanti”. Secondo Agricola i 24 loci appena elencati rimpiazzano in tutto e per tutto le dieci categorie di Aristotele. I loci sono stati scoperti una volta per tutte e servono per la inventio; aiutano il soggetto umano nella scoperta degli argomenti perché solo essi possono mostrargli gli oggetti secondo tutte e 24 le possibilità di riferimento, passando attraverso tutte le modalità di predicazione. La tessitura dell’argomento nella sede di riferimento (sedes argumentorum) cresce per addizione, non per gerarchia; e l’esame topico ha luogo nel tempo (discorrere), non certo nella contemplazione (intelligere).
Le argomentazioni
Se l’expositio presuppone un pubblico ben disposto, l’argumentatio ne presuppone uno che potrebbe essere ostile e che deve pertanto essere costretto ad assentire. Le ragioni sono la materia dell’argumentatio, ma le cause sono delle cose stesse, e infatti “l’assenso a un discorso deve essere ottenuto per duplice via, ovvero attraverso le cose e attraverso il discorso”. Ma chi sta a sentire “o è preparato a credere o lo diventa in forza del discorso”. Pertanto “o il discorso è sufficiente per la spiegazione delle cose di cui si dice appoggiandosi alla fede e all’opinione sicura, oppure si deve forzare l’uditore renitente”. Nel primo caso si ha un’expositio, nel secondo un’argumentatio. Poiché dunque “ciascun discorso su tutto ciò che si dice sarà un’esposizione o un’argomentazione”, se ne ha che “l’esposizione è un discorso che spiega solo lo spirito di chi parla senza utilizzare alcun mezzo per far credere, mentre l’argomentazione è in verità un discorso che costringe ad assentire a ciò che si dice”. Agricola vede l’argumentatio come la lista delle cause il più possibile completa delle materie delle quali vogliamo dar conto. Tutte le argumentationes sono costruite sui loci, che sono come degli indici che ci permettono di scavare tra le cause delle cose. Appare dunque d’importanza vitale conoscerli bene, conoscerne la natura e le proprietà, memorizzarli e applicarli spesso. Condurre un’argomentazione passando in rassegna i loci è un’ottima ginnastica della mente.
La vita del filosofo
In una pagina celebre, Agricola discute se sia bene o male che un filosofo prenda moglie: Sumamus in exemplo: “Philosopho habenda est uxor”. La questione viene svolta analizzando attraverso tutti e 24 i loci, e però separatamente, le nozioni di “filosofo” e di “moglie” al fine di stabilire quali e quanti siano i punti di accordo e disaccordo. La definitio del filosofo è dunque “qualcuno che aspira alla conoscenza delle cose divine e umane e che è virtuoso”. Se il genus è ovviamente l’uomo, la species dipende invece dalla sua affiliazione, dunque un filosofo stoico, peripatetico, accademico, epicureo o di altre scuole. Il proprium è “l’appetito di sapere legato alla virtù”; il totum e le partes sono identiche a quelle dell’uomo. Suoi coniugata sono la filosofia e il filosofare; tra gli adiacentia tipici di un filosofo risaltano “il pallore, la magrezza, l’aspetto imponente e severo, il modo di vita sobrio, l’integrità morale, l’amore del lavoro, la negligenza delle cose terrestri, il disprezzo del piacere e del dolore”.
I suoi acta sono “studiare, vegliare, fare degli sforzi, esser sempre occupato di cose che possono migliorare lui stesso o gli altri”. La causa efficiens del filosofo è l’assiduità negli studi che l’hanno preparato a insegnare agli altri, ma anche il filosofo che l’ha istruito, come pure “l’attenzione e lo sforzo costantemente concentrati sullo studio per mezzo del quale ha acquisito le sue conoscenze”; il suo finis è “condurre una vita buona e tranquilla”, l’ euzein . Gli effecta della vita di un filosofo sono poi “migliorare i costumi degli esseri umani, dare delle buone direttive per una giusta condotta, pubblicare delle regole, scrivere dei libri che siano memento e strumento utile per la posterità”; i destinata , “tutto ciò che si è procurato per aver padronanza della filosofia”; i connexa, “le cose che ha acquisito, come i discepoli, la considerazione, la gloria”; il locus, “il suo paese d’origine”; il tempus, infine, “la sua età o il fatto che un uomo sia giovane o anziano”.
Del prendere moglie
Hoc pacto etiam erit explicanda uxor per suos locos . La definitio di moglie è “donna scelta come compagna legale in vista della posterità”. Si tratta evidentemente di un concetto relazionale, visto che non vi sono mogli in sé, ma solo mogli di qualcuno. Il suo genus è dunque donna, la sua species “questa sposa o quella sposa”, il suo proprium è “mettere al mondo dei figli”. Il totum e le partes sono gli stessi dell’uomo, i coniugata dipendono a loro volta dalla relazione di matrimonio tra una donna e un uomo. Gli adiacentia sono “l’affetto coniugale e l’amore, il desiderio di intrattenere lo sposo, la castità o l’indifferenza rispetto alla vita sessuale”. Gli acta sono quelli tipici: “vantare, piangere, cercar baruffa, essere sospettosa, temere un’amante, badare al compimento dei diritti coniugali, mettere al mondo dei figli e allevarli, dirigere gli affari della famiglia”. La causa efficiens è “l’impegno unanime del matrimonio”, il finis “la procreazione e la conservazione dei figli”. I destinata sono “i mezzi materiali grazie ai quali una famiglia può essere mantenuta e tutte le cose necessarie a sostenere il peso del matrimonio” e i connexa sono “lo sposo, le ricchezze, la dote, la nobiltà”. Il locus è l’essere la donna straniera o indigena, il tempus infine è la sua età. L’analisi viene completata dalla considerazione dei pronuntiata, le sentenze lasciate da uomini illustri a proposito della questione enunciata, e dei comparata, questioni simili, come, ad esempio, se un capitano debba sposarsi, se un servo o un governatore di città debbano sposarsi, oppure a proposito della moglie di un filosofo, se non sia più utile ch’egli viva con un servo, un amico o una concubina.
La soluzione pratica
Detto questo, la soluzione più idonea dal punto di vista pratico viene individuata considerando i loci tutti assieme per determinare quali si accordano, quali congiurano per confermare il tema propositum, e quali non congiurano e piuttosto lo annichilano. E dunque di nuovo: il genus del filosofo è essere qualcuno che investiga con cura le cose umane e divine, cosa che conviene al genus della donna, che è generare dei figli, anche se in sé avrebbe poco a che vedere con la filosofia, non fosse che le donne e gli uomini sono naturalmente congiunti. La species della moglie, se ci limitiamo a considerare le donne che si distinguono per la loro virtù, non può che essere conveniente al filosofo, visto che anch’egli è dedito alla pratica della virtù. Continuando in questo modo, si arriva a confrontare la definizione del filosofo con tutti e 24 i loci della definizione di una moglie, cercando quelli che convengono e quelli che non convengono, facendo particolare attenzione ai casi che presentano un locus nel quale coesistono due parti contrarie, ad esempio lo stoico e l’epicureo si oppongono in quanto l’uno cerca la virtù e l’altro il piacere. Se all’epicureo convengono i “piaceri del talamo”, le vanterie, la grazia e la bellezza, allo stoico convengono la generazione dei figli assieme alla preoccupazione di frenare la sua libido al fine di non venir rapito da cose che non sono permesse. La tecnica è dunque quella di descrivere il mondo attraverso i loci. Il confronto per via descrittiva delle due definizioni ci permette di accomodare alle migliori intenzioni quel che si è così trovato.
Rudolphus Agricola
Ragione e ordine
De inventione dialectica, l. III, c. 10
Ma la ragione è libera di disporre secondo ciò che essa può legare in uno, il che non era altro se non la legge dell’ordine. Infatti, ciascuno decide di darsi l’ordine che gli pare, seguendo non la natura delle cose, ma il proprio spirito.
Testo originale:
Libera tamen et haec ipsa disponendi ratio est vel propter hoc, quod ad nullam unam ordinis legem potest alligari. Quisque enim ordinem, qui sibi visus est, instituit, nec rerum naturam, sed animum suum sequitur.
R. Agricola, De inventione dialectica, Edizione postuma 1515
Rudolphus Agricola
L’ordine delle cose
De inventione dialectica, l. III, c. 8
L’ordine mi sembra massimamente essere triplice. Vi sono delle cose che hanno un certo stato e un certo ordine tra di loro, come l’anno precedente e l’anno successivo. Vi sono anche delle cose che non hanno alcun ordine o altre che possono avere certamente un ordine qualsiasi, che però noi non seguiamo, o che possono essere sottomesse in maniera assai adatta sotto altre cose a seconda dell’occasione del discorso. Il terzo è l’ordine delle cose che noi spostiamo deliberatamente, ponendo dopo ciò che era prima. Il primo è l’ordine naturale. Il secondo lo possiamo chiamare (se lo vogliamo) arbitrario. Il terzo è quello che chiamiamo artificiale.
Testo originale:
[…] mihi triplex maxime [ordo] videur. Aliae sunt enim res, quae statutum quendam et certum ex se habent ordinem, ut annus prior ad annum sequentem. Aliae vero sunt res, quae vel non habent ordinem, vel, quanquam posset earum certus esse ordo aliquis, nos tamen nullum sequimur, sed solum utcunque alia alii aptissime ex dicendi occasione subtexi potest, proinde subiungitur. […] Tertio loco est, cum rerum ordinem consulto turbamus, et quae priores sunt, posteriore loco ponimus. […] Primus ordo naturalis est. Secundus arbitrarius (si ita volumus) dici potest. Tertius est, quem artificialem vocant.
R. Agricola, De inventione dialectica, Edizione postuma 1515