agro (acro)
I due aggettivi (differenziati solo in quanto ‛ agro ', più rispondente al sistema fonetico italiano, è derivazione diretta del latino acer, acris, " acre ", " aspro ", mentre ‛ acro ' è stato mutuato dallo stesso aggettivo latino come forma dotta) vengono usati da D. sempre in rima, senza che egli mostri di preferire l'uno all'altro per motivi stilistici o per sfumatura semantica. La coesistenza della coppia di rime agra / magra, acra / macra può indurre a congetturare che la scelta dell'una o dell'altra forma sia dovuta di volta in volta proprio a ragioni di rima (dimagra / Magra / agra; sacra / acra / macra). Che nella coscienza linguistica dell'epoca fossero sentite come allotropi lo conferma anche l'uso che ne viene fatto dai commentatori coevi, che di fronte a un acro del testo chiosano agro, preferendo logicamente la forma popolare (Lana, chiosa a Pg XXXI 3; Ottimo, chiosa a Pg IX 136).
‛ Acro ' ricorre due volte, sempre nel Purgatorio; in XXXI 3 volgendo suo parlare a me per punta, / che pur per taglio m'era paruto acro, conserva il significato di " aspro ", quindi, assecondando qui l'immagine della spada, " pungente ", " tagliente ". In IX 136 non rugghiò sì nè si mostrò sì acra / Tarpëa, nella comparazione tra la porta del Purgatorio e quella della rupe Tarpea, l'aggettivo può essere riferito tanto al suono sgradevole, come intendono molti commentatori antichi e moderni, sulla scia di Lucano III 154-155 (Lana, Ottimo, Giovanni da Serravalle, Vellutello, Venturi, Lombardi, Cesari, Tommaseo, Pietrobono), quanto alla difficoltà del suo aprirsi, come si trova spiegato nelle Chiose Vernon e da vari commentatori moderni, e cioè " dura ", " resistente ", " restia ad aprirsi ".
‛ Agro ' ricorre in tutto tre volte, sempre in senso estensivo e figurato. In Rime LXVIII 15 Quel dolce nome, che mi fa il cor agro, / tutte fiate ch'i' lo vedrò scritto / mi farà nuovo ogni dolor ch'io sento, vale " amaro ", " dolente ", " triste ", perché Beatrice mostra di non corrispondere all'amore del suo poeta e, forse, di farsene beffa. In If XXIV 147 con tempesta impetüosa e agra / sovra Campo Picen fia combattuto, il significato è " aspra ", " violenta ". In Pg XXV 24 " Se t'ammentassi come Meleagro / si consumò al consumar d'un stizzo, / non fora ", disse, " a te questo sì agro... ", equivale a " difficile da comprendere ", " ostico ", come di fatto era per D. la causa della magrezza dei golosi (cfr. Giamboni Libro LXXVI 11 " molte cose paiono agre nel cominciamento, che sono molto agevoli a seguitare e compiere ").