AHL-I ḤAQQ
. Espressione araba per vocaboli, persiana per costruzione grammaticale, significante "i seguaci della verità". È il nome con il quale designano sé stessi i seguaci di una setta di Sciiti estremi, ormai fuori dell'islamismo nel cui seno erano nati, che i musulmani chiamano ‛Alī-Ilāhī o ‛Alī-Allāhī "divinizzanti ‛Alī". Sono suddivisi in parecchie sotto-sette, e ciò aumenta la difficoltà di conoscere le loro dottrine tenute occulte. La base della loro religione è la credenza nelle incarnazioni successive di Dio, che sette volte avrebbe fatto la sua apparizione fra gli uomini; una di queste apparizioni sarebbe stata il califfo Alī. Essi ammettono la serie dei dodici imām degli Sciiti duodecimani; non osservano le pratiche cultuali dell'islamismo, a cui sostituiscono loro adunanze speciali; bevono vino, e alcuni gruppi mangiano anche carne di maiale; non ammettono la poligamia. Hanno libri religiosi in persiano, in gūrānī (dialetto kurdo con molti elementi persiani) e in turco āzerī. Le loro origini storiche sono ignote, poiché le informazioni sia orientali sia occidentali su di loro non risalgono oltre gli ultimi anni del sec. XVII. Sono diffusi nella Persia occidentale ove il loro centro principale è il territorio di Kirmānshāh benché loro gruppi siano sparsi anche in altre regioni della Persia e nella parte della Mesopotamia centrale limitrofa alla Persia; si trovano anche nella Transcaucasia e forse anche nel Turkestān russo.
Bibl.: V. Minorsky, Notes sur la secte des Ahlé-Haqq, in Revue du monde musulman, XL e XLIV (anche in estratto con aggiunte, Parigi 1921), ove è data una completa bibliografia; Saeed Khan, The sect of the Ahl-i-Haqq, in The Moslem World, New York 1927, XVII, pp. 31-42.