Aigues Mortes
Città della Francia meridionale nel dip. del Gard. Primo porto del regno capetingio sul Mediterraneo e luogo di imbarco per le due crociate di s. Luigi (1248 e 1270), A. fu uno dei principali nodi commerciali fra l'Europa settentrionale e le grandi città marittime dell'Italia durante tutta la seconda metà del 13° secolo. Fondata e costruita ex novo, la città si estese nello spazio lagunare a O del delta del Rodano, in posizione quasi insulare: l'insediamento era infatti completamente isolato dalla terraferma, a N da una striscia lagunare intransitabile via terra, a S da un profondo stagno dove si costruì il bacino di ormeggio del porto.
L'impresa sembra essere stata cominciata nel 1241, data in cui vengono segnalati importanti cantieri nella laguna. Nel 1246 s. Luigi concesse alla nuova città la Carta di fondazione, con importanti franchige fiscali che attirarono subito sul luogo una considerevole popolazione di mercanti e di armatori catalani, provenzali e italiani, soprattutto genovesi. Ma due fattori causarono il rapido declino della città e del suo porto: prima di tutto il deposito alluvionale che fece avanzare inesorabilmente il litorale e dopo il sec. 14° cominciò a ostruire le bocche del porto e, in secondo luogo, la concorrenza di Marsiglia e dei porti provenzali, divenuti francesi nel 1481.
Alla prima fase di organizzazione del sito, sotto il regno di s. Luigi, deve essere attribuita la sistemazione della parte occidentale della città, a pianta ortogonale, centrata intorno a una grande piazza quadrata in conformità al tipo delle 'città nuove' contemporanee. La creazione della chiesa parrocchiale di Notre-Dame-des-Sablons, su un lato della piazza, appartiene certamente a questa prima fase, come attestano alcuni elementi superstiti della decorazione scolpita; molto rimaneggiato nel sec. 16°, l'edificio ha conservato della costruzione originale solo le mura esterne e la struttura generale, abbastanza singolare nel contesto francese dell'epoca, con la pianta basilicale e la terminazione rettilinea. Ancora nel 1245, i testi menzionano la costruzione di una via d'accesso munita di tutti i ponti necessari per collegare la città alla terraferma.
Ma la creazione più notevole del fondatore rimane la Torre del Re, detta anche Tour de Constance (dal nome di una principessa di Francia sposata a un conte di Tolosa nel 1158); compiuto prima del 1248, questo imponente cilindro di calcare alto m. 30 è il solo elemento superstite di un più vasto complesso, incendiato nel 1421, che i testi antichi definiscono château o maison du roi. Posta come fortificazione esterna al centro di un fossato circolare che costeggiava una cinta di mura, la torre contava due entrate che si aprivano una verso la campagna e l'altra dalla parte opposta, verso il castello. Lo spazio interno è occupato da due sale sovrapposte a pianta circolare con volte a ogiva con chiavi di volta forate a forma di anello. Nello spessore del muro (di m. 6 su 22 di diametro complessivo) sono ricavati gli ambienti di servizio e di collegamento: scale a chiocciola e disimpegni vari, le camere delle saracinesche e delle caditoie che controllano le entrate, una galleria a mezza altezza per la difesa della sala bassa, nonché diverse strutture logistiche come pozzi, cisterne, canne fumarie, eccetera. Tre ordini sovrapposti di feritoie permettevano di tenere sotto controllo l'intero perimetro dell'edificio e il parapetto, rimodellato nel sec. 16°, era probabilmente munito di caditoie impalcate; a cavallo di questo parapetto una torricella aveva la funzione di faro. La decorazione scolpita dei culots a motivi fitomorfi in stile molto naturalistico deriva direttamente dai modelli parigini contemporanei.
La seconda fase di sistemazione del sito ebbe inizio sotto il regno di Filippo III l'Ardito: venne aperta una entrata diretta al bacino interno del porto (1279 ca.), ancora oggi attestata dai resti di un molo, chiamato La Peyrade; sembra che si debba attribuire a questa fase dell'impresa anche il tracciato ortogonale del quartiere orientale della città, ma soprattutto la costruzione della cinta di mura. I lavori si svolsero, sembra, a partire dal 1272, grazie all'appoggio finanziario di Guglielmo Boccanegra, già capitano del popolo della Repubblica di Genova, allora in esilio ad A.; dopo qualche ritardo, da attribuire alla morte del genovese nel 1274 e poi ai conflitti franco-aragonesi del 1285, essi furono ripresi su richiesta di Filippo il Bello dal 1289 e conclusi nei quindici anni successivi.
A km. 3,5 a N-O della città si eleva una costruzione staccata, la Tour Carbonière, una porta-torre che interseca la via di accesso alla città; munita di una doppia saracinesca, è coperta a terrazza e presenta le stesse caratteristiche morfologiche delle parti più recenti della cinta muraria (dopo il 1289).
La cinta propriamente detta ha la forma di un rettangolo di m. 515 x 300 ca., all'angolo nord-ovest fu inserita la Tour de Constance a costituire una specie di donjon esterno. Si può notare che essa è sensibilmente più aperta verso S, dove era il bacino portuale, che verso la parte opposta, dove terminava l'unica via di accesso alla città; è costruita in calcare rivestito a bugnato. In origine preceduta da un fossato, è munita di due livelli di feritoie e il parapetto è concepito per sostenere le caditoie impalcate; è inoltre rafforzata da quindici elementi che sormontano e controllano i cammini di ronda. Il fiancheggiamento è assicurato da torri a ferro di cavallo, chiuse sulla linea d'innesto e costruite su tre livelli, serviti da una scala a chiocciola: una sala bassa, principalmente destinata al tiro di fiancheggiamento, una sala superiore destinata all'alloggio della guarnigione (camini, finestre, latrine) e infine una terrazza con il piano di tiro ad azimut completo. Due di questi torrioni sono collocati sul fronte settentrionale, altri tre rinforzano gli angoli della cinta e altre dieci torri dello stesso tipo affiancano a due a due le entrate della cinta.
Il passaggio di ingresso di queste entrate è fornito di una doppia saracinesca, sormontata da una sala superiore, a sua volta coperta a terrazza, mentre gli ingressi secondari non hanno che una sola saracinesca, sono privi di torri di fiancheggiamento e le loro parti alte hanno agli angoli torrette poligonali.
Costruita in meno di quarant'anni secondo un progetto unitario, la cinta di A. è uno degli esempi più omogenei conservatisi delle fortificazioni di quei tempi; tuttavia l'analisi tipologica permette di riconoscere certi mutamenti del progetto grazie ai quali è possibile ricostruire le grandi tappe dei lavori del cantiere. Un tipo molto singolare di feritoie a doppio livello, presente nella quasi totalità dei basamenti della cinta, poi abbandonato nel corso dei lavori, consente di attribuire a una prima fase la concezione complessiva della pianta, la costruzione dell'insieme delle fondazioni, le cinque cortine complete della parte orientale della cinta e il piano terra di tutte le opere connesse; questa prima campagna di lavori potrebbe essere identificata con quella finanziata dal Boccanegra fra il 1272 e il 1274. Una seconda fase, piuttosto eterogenea e con numerosi indizi di discontinuità, sembra potersi riconoscere nell'insieme del fronte nord e potrebbe corrispondere alla fase mediana dei lavori, fra il 1274 e il 1289. La fase finale, dopo il 1289, è caratterizzata dall'impiego di sistemi di volte più evoluti di quelli usati nelle parti più antiche del complesso (sei o sette costoloni invece di quattro); lo stile della decorazione scolpita (chiavi di volta e culots) è inoltre tipico dell'arte del Domaine Royal sotto il regno di Filippo IV: flora naturalistica composta in corone concentriche e scene animate, di ispirazione aneddotica. Queste opere, probabilmente di scultori estranei alla sfera meridionale, costituiscono uno dei momenti essenziali della diffusione del gusto francese nel Midi. Quest'ultima campagna concerne soprattutto le parti alte di molte delle costruzioni e la quasi totalità dei fronti sud e ovest della piazzaforte.
Tipologicamente legata ai lavori contemporanei di Carcassonne, Villeneuve-l'es-Avignon, Narbona, la cinta di A. è probabilmente opera dei medesimi ingegneri reali.
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