Vedi AKME dell'anno: 1973 - 1994
AKME (v. S 1970, p. 24)
La definizione di Α. (Άκμή) quale ninfa si fondava sulla sola testimonianza del mosaico di Nea Paphos con scena dionisiaca. Senza escludere che tale fosse il significato della figura in quel contesto, dobbiamo ora riconoscere che in altri casi A. è una personificazione, per quanto ignota alla tradizione letteraria di cui disponiamo.
Il rinvenimento a Biblo nel 1964 di un mosaico con una complessa allegoria accompagnata da iscrizioni, ha portato a constatare che A. è simbolo di giovinezza, e propriamente del fiore dell'età (Nicolaou). Nel mosaico, trasferito al Museo Nazionale di Beirut, si scorge a destra una giovinetta, Charis, appoggiata a una colonna. Al centro è Α., seduta su di un trono di roccia, vestita di chitone e himàtion (laddove nel mosaico cipriota A. era a busto nudo): essa guarda Charis alla propria sinistra, mentre con la mano destra cerca di trattenere un giovinetto in atto di allontanarsi. Questi, che conclude il gruppo a sinistra, veste il chitone e porta il mantello sulla spalla; della scritta restano le ultime lettere: [...]ρος. Di qui l'integrazione inizialmente proposta: [Θέ]ρος, quale personificazione dell'Estate, che segnerebbe il culmine (akmè) del ciclo stagionale (Chehab).
La presenza di Charis, il soggetto trattato da Apelle (v.) a Smirne, incoraggiava, tuttavia, una lettura più articolata. Con la congettura: [Και]ρός, si proponeva d'inquadrare A. tra le figure simboliche di due concetti legati all'operare artistico, Kairos appunto, che rappresenta la teoria di Lisippo (v.), e Charis, che è l'ideale più volte affermato da Apelle. La vicinanza di A. a Kairos non sarebbe in questo senso nuova. Nei tragici il termine akmè è frequentemente usato col valore di «mоmento opportuno», quasi sinonimo di kairòs. Posidippo, celebrando il Kairos (ν.) di Lisippo, affermava che il giovinetto era «più acuto di ogni lama (akmè)» (Anth. Graec., xvi, 275, 6). Infine, la più ampia descrizione che possediamo dell'allegoria di Kairos pone la figura in relazione con l'idea di «fioritura» e «floridezza», che sono le accezioni immediate di A. (Callistr., Stat., 6). Secondo tale interpretazione, nel mosaico di Beirut la sequenza logica diventa tangibile attraverso l'armonico disporsi delle immagini: la Grazia può essere colta dall'artista fermando il momento propizio, solo mentre egli stesso è nel fiore della propria vita (Moreno, 1979).
L'ipotesi ha trovato conferma in un terzo mosaico, acquistato nel 1984 dai Musei Capitolini. Si tratta di un pavimento proveniente da Ba'albek, databile al III sec. d.C., decorato da tondi e poligoni figurati. Nei due frammenti recuperati a Roma, appare entro un cerchio il busto di A. con iscrizione e nel medesimo atteggiamento che conosciamo dal pezzo di Beirut, mentre un ottagono incornicia la protome del giovinetto parzialmente conservato nel primo caso, e questa volta con l'intera iscrizione: kairos. Dal punto di vista stilistico, non vi sarebbe difficoltà ad ammettere che A. seduta, insieme a Kairos, trovasse luogo nell'originario dipinto di Apelle, ricordato incidentalmente da Pausania (IX, 35, 6) per la circostanza che Charis vi appariva vestita, come è di fatto nel mоsaico da Biblo.
Bibl.: M. Chehab, Mosaïques inédites du Liban, in La mosaïque gréco-romaine, II, Parigi 1975, pp. 371-376 (mosaico da Biblo, pp. 371-372, tav. clxxvii); P. Moreno, La pittura tra classicità ed ellenismo, in Storia e civiltà dei Greci, VI, Milano 1979, p. 497, tav. LXII a (mosaico da Biblo); K. Nikolaou, in LIMC, I, 1981, p. 446, s.v., n. I (Nea Paphos), n. 2 (Biblo); P. Moreno, Kairos, Аrте e Charis da una pittura di Apelle, in DArch, II, 1984, pp. 115-118, figg. I-2 (mosaico da Ba'albek); id., Pittura greca, Milano 1987, pp. 150-151, figg. 157-159.