AKRAGAS (᾿Ακράγας, Akrăgas)
Famoso cesellatore giudicato da Plinio (Nat. hist., xxxiii, 155) pari a Mentor, Boethos e Mys; gli si attribuivano tazze (skỳphoi) cesellate del tempio di Dioniso a Rodi, con rappresentazioni di centauri e baccanti. Il nome potrebbe essere messo in relazione con la sua patria (A. è il nome antico di Agrigento), e le scene da lui preferite inducono a collocarlo non prima, certamente, del IV sec. a. C. inoltrato. Plinio aggiunge che celebri erano le scene di caccia sulle tazze di A.; e queste scene non sono affatto rare sia sui vasi a decorazioni a rilievo in generale (si pensi ai ῥοδιακά o ῥοδιακαί in metallo prezioso che tradiscono l'esistenza di un fiorente artigianato dell'isola di Rodi, cfr. I. G., xi, 2, 287 B, lin. 132 ss.) che sui vasi aretini. Il Reinach ritiene inventato questo nome e lo mette in rapporto con la leggenda iscritta sulle monete di Agrigento. È difficile decidere, ma si potranno peraltro ricordare i rapporti fra Rodi, centro di un attivo artigianato di toreutica, ed Agrigento.
Bibl: O. Rossbach, in Pauly-Wissowa, I, c. 1192, s. v., n. 5; Th. Reinach, in Rev. Arch., XXIV, 1894, p. 170; F. Courby, Les vases grecs à reliefs, Parigi 1922, pp. 264-65; S. Ferri, Plinio il Vecchio. Storia delle arti antiche, Roma 1946, p. 44; E. Pernice, in Thieme-Becker, s. v.