AKSU (turco Aq su "acqua bianca"; A. T., 97-98)
Città che i Cinesi chiamano Wensuh (lat. 41°7′, long. 79°7′), nella provincia Sinkiang (Turkestan cinese) (v.), sul fiume Aksu (Qum Arik). Ha una popolazione prevalentemente musulmana (sunnita), mista di varî elementi: Turchi, Mongoli, Cinesi, Sarti, ecc. La lingua parlata prevalente è il turki. La città dipende dal governatore di Urūmchī. È un centro commerciale importante, poiché è posta sul nodo di vie carovaniere per la Russia, il Turkestan e la Cina.
La città appartiene alla serie di oasi sulle pendici meridionali dei monti Tien Shan. Le grandi cadute di neve su questi monti potrebbero assicurare alla città acqua sufficiente per lo sviluppo dell'oasi, qualora s'introducessero metodi razionali per raccoglierla. Il clima è malsano; la popolazione soffre di malaria, reumatismi e di una forma maligna di gozzo. La città ha raffinerie di petrolio, in mano di Cinesi, i quali con mezzi primitivi sfruttano pozzi di petrolio scavati nelle vicinanze. Ha pure abbastanza vicine miniere di carbone e di rame.
La città è antichissima. È ricordata dagli storici cinesi sotto il nome di Wensuh, fin dal principio dell'era volgare. È circondata da mura, frequentata dai mercanti dell'Asia centrale; contiene grandi bazar e numerosi alberghi. Nel 1390, fu assediata dagli alleati di Tamerlano; possedeva una cittadella formata di tre castelli. Nel 1456 avvenne presso Aksu una battaglia fra i due figli di Wais Khān, sovrano del Moghulistan; nel sec. XVI apparteneva ancora ai suoi discendenti. Nel 1604 Benedetto Goes vi restò 15 giorni e la descrisse come una piccola città soggetta al re di Kashgar (M. Ricci, Opere storiche, Macerata 1911, p. 345). Durante la rivolta musulmana (1861-1878), Aksu fu a lungo sotto il dominio di Ya‛kūb Khān (morto nel 1877), il quale la fortificò. Fu riconquistata dai Cinesi nel 1878.