AKSUM
Città dell'Etiopia, di grande importanza per la storia politica e religiosa di quel paese, considerata come la città santa e "madre delle città" d'Abissinia.
Situata nel Tigrè, A. sorge alle falde degli altipiani di Beta Giyorgis e Mai Qoho, che la limitano rispettivamente a N e ad E, mentre a S di essa si stende la vasta pianura di Hasabo. Anticamente capitale dell'Etiopia, A. fu culla di una civiltà che raggiunse un grado ed una importanza abbastanza elevati. L'origine del regno aksumita è dovuta all'immigrazione di stirpi sud-arabiche il cui nucleo più importante era costituito dagli Habasat (donde il nome Abissinia) che si stabilirono nella parte settentrionale dell'altipiano etiopico intorno al sec. VI a. C., formando poi uno stato monarchico indipendente, il Regno di A.; essi introdussero nel paese la loro civiltà, la loro scrittura, tanto che l'antica civiltà etiopica non fu che un riflesso di quella sud-arabica. Sebbene il nome di A., anch'esso di origine sud-arabica, figuri per la prima volta nel sec. I d. C. nel Periplus maris Erythraei, la città è certamente molto più antica, e già prima dell'arrivo degli Habasat doveva costituire un notevole centro abitato. Il regno di A. fiorì durante i primi secoli dell'era volgare e nei sec. III-VI raggiunse l'apogeo della potenza estendendo il suo dominio a N e ad O, ove raggiunse la valle del Nilo, mentre ad E estese la sua signoria nella stessa Arabia meridionale; in tale epoca la capitale si arricchì di monumenti che ancora oggi ne documentano l'antica grandezza. Gli eventi misero la civiltà aksumita a contatto con la civiltà tolemaica, la greco-romana, la bizantina; della prima risentì sia nel campo spirituale che materiale: si diffuse l'uso della lingua greca, emanazione greco-cristiana divenne la letteratura, le forme artistiche si ispirarono a modelli greco-bizantini e soprattutto siriaci. Il regno di A. decadde poi rapidamente nel sec. VII, causa principale l'isolamento in cui fu posto dal diffondersi dell'islamismo. Non è noto quando A. cessò di essere la capitale politica; tuttavia, essa continuò ad essere la capitale religiosa, come sede della cattedrale di S. Maria di Syon, fondata, secondo le tradizioni, nel sec. IV, e nella quale, sempre secondo le tradizioni locali, sarebbero tuttora custodite in un cofanetto d'oro non visibile ad alcuno, le Tavole della Legge che Menelik, figlio di Salomone e della regina di Saba, avrebbe trafugato dal Tempio di Gerusalemme. Le prime diffuse notizie su questa chiesa furono date dal gesuita F. Alvarez che la vide nel 1520 e la descrisse come un grandioso edificio a cinque navate e sette cappelle, ossia, probabilmente, a sette absidi. La cattedrale fu completamente distrutta verso la metà del XVI sec. dai musulmani capitanati da Ahmad ibn Ibrahim (dagli Abissini detto Gran, "il Mancino"), o forse dall'incendio che devastò la città nel medesimo periodo; sui suoi resti fu ricostruita nel 1655 la chiesa odierna, più piccola dell'antica, a pianta rettangolare (m 38,60 × 15,6o), con il corpo diviso in tre navate da quattro pilastri e preceduta da un portico. Sino a tempi recenti venivano incoronati in essa, con solenne cerimonia, i re d'Etiopia. Questa chiesa ed i resti degli altri monumenti di A. furono descritti da viaggiatori (princip. Bruce, Salt, Rüppell, Lefèvre, Bent) che visitarono A. dal XVIII sec. in poi. Nel 1906 i resti monumentali della città furono per la prima volta rilevati e studiati scientificamente da una missione germanica (Deutsche Aksum Expedition), mentre i primi scavi vi furono compiuti nel 1939-41 dalla Missione Archeologica di A. (A. Davico, S. Puglisi, U. Riccio) inviata dal Ministero dell'Africa Italiana.
Monumenti caratteristici di A. sono le stele monolitiche, circa un centinaio in tutto, suddivise in quattro tipi: 1) Stele grezze, semplici monoliti di forma naturalmente allungata, talvolta appuntita, molte delle quali ancora erette. 2) Stele grezze con qualche grossolano indizio di lavorazione e squadratura, lunghe da m 1,6o a m 9,50.3) Stele squadrate a sezione rettangolare, rastremate, con l'estremità superiore generalmente semicircolare, lunghe da m 1,50 a m 20,88.4) Le grandi stele, a sezione rettangolare, rastremate, terminanti in alto con un elemento semicircolare, decorate sulle quattro facce con motivo che riproduce l'architettura di un edificio aksumita a più piani. In forma stilizzata vi sono infatti rappresentate le porte e le finestre con le loro intelaiature, le travature incastrate orizzontalmente nella superficie dei muri, che venivano così suddivisi in tante fasce sovrapposte, e sulle quali brevi sporgenze circolari raffigurano le testate di travicelli trasversali; ciò secondo la caratteristica muratura aksumita, che veniva rafforzata con una intelaiatura lignea composta di travi longitudinali sulle quali venivano incastrati travicelli trasversali: le testate circolari di quest'ultimi, sporgenti dalla superficie del muro, erano chiamate "teste di scimmia" (re'esa hebay), donde "muratura a testa di scimmia". Alla base di queste stele era incastrata anteriormente e posteriormente una piattaforma quadrata decorata lungo i margini e con cavità circolari probabilmente di carattere votivo. Queste grandi stele sono sei, ed una sola, decorata su tre facce, è ancora eretta; essa misura m 21. Le altre giacciono in frammenti (di queste una, che era alta circa m 24, fu trasportata a Roma nel 1937). La più grande, che giace in quattro colossali pezzi, misura alla base m 3,04 × 2,54 e alla cima m 2,35 per 1,68, ed era alta m 33,50, ossia circa m 1 più dell'obelisco del Laterano. Caratteristici di A. sono inoltre i ventiquattro troni di pietra, formati da una larga base quadrata sulla quale erano incastrate le lastre scolpite che formavano il sedile; diversi avevano quattro pilastri agli angoli che dovevano sorreggere una specie di baldacchino. Parte di questi dovevano esser stati troni votivi, altri invece riservati ai personaggi durante le cerimonie ufficiali. Il nucleo più importante trovasi raccolto nel recinto della cattedrale e comprende una fila di tredici monumenti, di cui due doppî, detti Troni dei Giudici; a breve distanza da questi si trovano altri due, di cui il maggiore era riservato al re nelle cerimonie d'incoronazione, mentre l'altro era destinato ai capo della chiesa. I palazzi di A. erano grandiose costruzioni a pianta quadrata e rettangolare, caratterizzate da quattro torri angolari; se ne conoscono tre: Enda Micael, Enda Sem'on e Ta'aka Maryam, così chiamati per essere poi stati trasformati in chiesa, rispettivamente, di S. Michele, di S. Simeone, e di Maria. Il maggiore di questi, il palazzo di Ta'aka Maryam, che doveva costituire un complesso imponente, misurava m 120 × 8o di lato. Di essi non rimangono che le sostruzioni, oggi interrate, costituite da un podio a riseghe sul quale erano basati, in epoca aksumita, tutti gli edifici sia civili che religiosi, e qualche elemento architettonico in pietra quali basi di pilastri, pilastri e capitelli; l'architettura di questi edifici, certamente a più piani, era quella a "testa di scimmia", quale abbiamo visto schematicamente riprodotta nelle grandi stele.
Anticamente sorgevano in A. numerose chiese, la maggior parte delle quali sono da tempo scomparse. Notevoli, presso la città, i resti di due chiese parallelamente disposte a m 12,50 l'una dall'altra e di cui non rimangono che i basamenti e la scalinata d'accesso. Il loro schema planimetrico è quello caratteristico dell'epoca aksumita, ossia di tipo basilicale a tre navate, con abside quadrato tra due ambienti rettangolari e col nartece diviso in tre locali. Sotto queste chiese si trovano due cripte sepolcrali a ciascuna delle quali si discende per una lunga scalinata, dette tombe di Kaleb e di Gabra Masqal; in quest'ultima si conservano ancora i resti frammentari di tre sarcofagi di pietra.
Della scultura a tutto tondo nulla rimane, all'infuori di qualche doccione di grondaia, dall'estremità scolpita con rozza stilizzazione a testa di fiera, e della base di una statua che, a giudicare dalla impronta dei piedi (cm 92), doveva essere di dimensioni colossali; probabilmente era di bronzo. Una iscrizione del tempo di re Ezana (1a metà del IV sec.) parla infatti dell'erezione di statue d'oro, d'argento e di bronzo delle divinità di Astar, Meder e Mahrem. Non manca invece qualche resto di scultura a bassorilievo: oltre alla figura di leonessa scolpita sulla roccia a semplice contorno, ma non perciò priva di carattere ed espressione, a Gobedra presso A., rimangono diversi frammenti di formelle decorative, di cui le più antiche riproducono semplici motivi geometrici propri dell'arte sud-arabica; in altre, invece, la decorazione è data da palmette e da volute ed intrecci vegetali ed è ispirata all'arte romano-orientale; vi è, infine, qualche frammento di pilastrino e lesena la cui decorazione rivela l'influsso dell'arte copta. Della pittura dell'antico regno aksumita, nulla ci è pervenuto, né si conservano nel territorio pitture d'epoca medioevale, posteriori cioè al V sec., quando, in seguito all'influsso straniero, la pittura etiopica divenne una barbarica derivazione della bizantina e più particolarmente di quella siriaca, conservando poi tale caratteristica immobile, cristallizzata, sino ai tempi odierni. Se nessuna traccia di pitture antiche si conserva in A., ciò è dovuto principalmente alle devastazioni che la città subì nel XVI sec. Di non grande antichità sono inoltre le miniature che ornano i Vangeli dalle legature in oro incise con raffigurazioni di episodi del Vecchio Testamento e della vita di Cristo, e che, insieme ad altri testi sacri ed a oggetti di rito, quali ad es. le croci liturgiche, gli incensieri, le icone d'oro, e le corone reali e diaconali in argento dorato, sono conservati nel tesoro della cattedrale.
Bibl: F. Alvarez, Ho Preste Joam das Indis. Verdadera informaçam das terras do Preste Joam, Lisbona 1540 e ediz. succ.; H. Salt, Voyage en Abyssinie. Traduit de l'anglais et extrait des voyages de lord Valentia, Parigi 1812; E. Rüppell, Reise in Abyssinien, II, Francoforte 1840; T. Lefèvre, Voyage en Abyssinie exécuté pendant les années 1839-43, Parigi 1845-51; T. von Heuglin, H. Steudner, H. Schubert, Ausflug von Adoa nach A., in Petermann's Mittheilungen, Gotha 1862; T. von Heuglin, Reise nach Abessinien, den Gala-Ländern, Ost-Sudàn und Chartùm, in den Jahren 1861 und 1862, Jena 1868; T. Bent, The Sacred City of the Ethiopians, Londra 1896; E. Littmann, D. Krencker, T. Lüpke, Deutsche A. Expedition, Berlino 1913; C. Conti-Rossini, Storia d'Etiopia, I, Bergamo 1928; U. Monneret de Villard, A. Ricerche di topografia generale, Roma 1938; S. Puglisi, Primi risultati delle indagini compiute dalla Missione archeologica di A., in Africa Italiana, settembre 1941.