al-Fārā ́bī, Abū Naṣr Muḥammad (latinizz. Alfarabius) Filosofo musulmano (Wāsīǵ, nel territorio di Fārāb, Turchestan, 870 ca
Damasco 950). Fu detto il secondo maestro, dopo Aristotele, per l’autorità che acquisì insegnando la logica.
Gli sono attribuite varie opere scientifiche, e fondamentale è il suo Grande libro della musica. Oltre alle epitomi e ai commentari (alle Leggi di Platone, alla Fisica e ad alcune opere logiche di Aristotele, ma non tutto ci è giunto), redasse diversi scritti introduttivi alla filosofia, in cui centrale è l’analisi del linguaggio. Fra le altre sue opere, alcune (L’armonia tra Platone e Aristotele) sono consacrate all’idea, già neoplatonica, dell’accordo o armonia tra il pensiero di Platone e quello di Aristotele, anche in vista della ricerca della felicità (Kitāb fī tahṣīl al-sa‛āda, «Libro sull’ottenimento della felicità», concepito congiuntamente a «La filosofia di Platone» e «La filosofia di Aristotele»); altre, come la Città virtuosa (Kitāb al-Madīna al-fāḍila) o il «Governo civile» (Kitāb al-siyāsa al-madaniyya), delineano una teoria etica e del vivere civile che, se può essere considerata come il fondamento della filosofia politica islamica, non va comunque mai sganciata dalla metafisica che la sostiene. La gerarchia della società concepita da al-F. assume quale criterio fondamentale la capacità di governanti e abitanti di attualizzare l’intelletto: l’elemento politico dipende da quello noetico e metafisico, o meglio ne è una parte. Nessuna delle opere maggiori di al-F. fu nota al Medioevo di lingua latina, che conobbe invece alcune opere minori: un «Libro sull’enumerazione delle scienze» (Kitāb Iḥsā’ al-‛ulūm) rielaborato da Gundissalvi (De scientiis) e tradotto da Gerardo da Cremona (il De ortu scientiarum, attribuito ad al-F. ci è invece noto solo in latino); una Epistola sull’intelletto (Risāla fī l-‛aql; De intellectu), in cui al-F. distingue i diversi sensi di ‘intelletto’; e inoltre un trattato di etica (Kitāb al-Tanbīh ‛alā sabīl al-sa‛āda; Liber excitationis ad viam felicitatis). L’Epistola sugli scopi della metafisica (Risāla fī aġrāḍ mā ba‛d al-ṭabī‛a), ignota ai latini, sarà invece di grande importanza per l’interpretazione avicenniana della Metafisica di Aristotele.
Per al-F. tre sono i gradi dell’intelletto nell’uomo: l’intelletto in potenza, l’intelletto in atto e l’intelletto acquisito. Il passaggio dal grado della potenza a quello della conoscenza è garantito dall’azione illuminatrice dell’intelletto agente, ultima emanazione divina. La filosofia di al-F., il cui aristotelismo è imbevuto di neoplatonismo, costituisce la prima formulazione organica del pensiero arabo-islamico e contiene in nuce molte delle teorie che saranno poi sviluppate da Avicenna e Averroè. Fra queste si possono ricordare: l’elaborazione metafisica dei concetti della logica modale (necessità, possibilità, contingenza); l’idea della processione o del flusso delle intelligenze dal Principio che, coniugata alla teoria tolemaica, dà luogo a una precisa cosmologia filosofica (la materia è l’ultima emanazione); la teoria dell’azione formatrice dell’ultima intelligenza, cui è affidata, oltre alla spiegazione della conoscenza, quella delle trasformazioni e della vita del mondo sublunare (congiuntamente all’influsso dei corpi celesti); la teoria gnoseologica, dove centrale è il ruolo della stessa intelligenza agente, e una teoria della profezia, dell’illuminazione e della felicità che vi sono intimamente correlate. Se nella sua epistemologia tutte le scienze conosciute (razionali e tradizionali) appaiono l’una complementare all’altra nella ricerca della perfezione, ma hanno il loro vertice nelle scienze universali della metafisica e infine della politica, nella sua teoria emanativa le istanze del neoplatonismo (la posizione di un Principio primo ‘uno’) si coniugano con quelle dell’aristotelismo (l’eternità del mondo, il Primo motore). L’emanazione finisce così per fornire anche un’interpretazione alla tesi creazionista: è un singolo atto intemporale del Creatore a instaurare ‘dal nulla’ il mondo (al-F. si riferisce alla pseudo Teologia di Aristotele) e il suo eterno movimento temporale (dal moto del mondo procede il tempo). La tesi platonica (e teologica) verrebbe così conciliata con quella aristotelica del mondo ingenerato, anche in forza dell’idea neoplatonica dell’atto intemporale e puntuale di Dio.