al-ḤIGIĀZ (A. T., 91)
Z Regione dell'Arabia di nord-ovest gravitante sul Mar Rosso e racchiudente i due territorî sacri dell'islamismo: la Mecca e Medina. Staccatasi dall'Impero ottomano con la rivolta del giugno 1916, fa parte ora, governata da un viceré, dello stato del Ḥigiāz e Neǵd, che con il 22 settembre 1932 ha assunto il nome di Regno Arabo Sa‛ūdiano. Il confine occidentale è costituito dal Mar Rosso; il settentrionale, con la Transgiordania, fu così definito con gli accordi di Haddah del 2 novembre 1925 fra l'Inghilterra e il Neǵd: una linea che parte a due miglia inglesi (km. 3,200) a sud di el-‛Aqabah sul golfo omonimo, raggiunge in linea retta la ferrovia del Ḥigiāz a due miglia inglesi a sud di el-Mudawwarah e di là in linea retta arriva all'incrocio del meridiano 38° E. con il parallelo 29°35 N. A oriente confina con il Neǵd mediante una frontiera non ben definita, che a un dipresso dovrebbe essere lo spartiacque e l'orlo dell'altipiano neǵdiano e che corre parallela, a notevole distanza, alla ferrovia del Ḥigiāz, lasciando poi a quest'ultimo paese il gruppo delle oasi di Khaibar. La frontiera sud, pure mal definita, con l'‛Asīr, parte dal Mar Rosso pochi chilometri a sud di el-Līth e procede in direzione ENE., lasciando Kulākh al Ḥigiāz e Túrabah all'‛Asīr. Così considerata, la regione si svolge lungo il Mar Rosso per oltre 1200 km., con una larghezza di poco più che 300 km. dalla costa al confine orientale; la sua area si può valutare a circa 400.000 kmq., la popolazione a meno d'un milione d'abitanti, cioè circa 2 per kmq., dei quali il 17% residenti in città.
Il nome al-Ḥigiāz significa "barriera" e designava la regione montuosa fra la Tihāmah (zona pianeggiante costiera, nella quale si collocava anche la Mecca) e l'altipiano dell'Arabia centrale; divenne nome amministrativo della regione attuale durante il califfato omayyade (661-750).
Il divieto musulmano ai non musulmani di penetrare nei territorî santi ha impedito l'esplorazione della massima parte del paese; i pochissimi Europei che, travestiti da musulmani, poterono arrivare alla Mecca e a Medina (fra essi gl'italiani Lodovico de Varthema nel 1503 e Giovanni Finati nel 1811, entrambi senza importanza scientifica) non apportarono se non scarsi contributi alla conoscenza geografica dei territorî attraversati, anche se, come nel caso dell'arabista C. Snouck Hurgronje (1885), ampia fu la messe di osservazioni sociologiche. Vere esplorazioni si ebbero solo nel Ḥigiāz a nord del parallelo di Medina (v. arabia, III, 888-889 e la carta delle esplorazioni p. 887). Minutissimi rilievi furono eseguiti nel 1914-1915 dal boemo Alois Musil per l'intero territorio che sta al nord del 28° parallelo. Utili, per quanto circoscritti a strettissima fascia, i lavori degl'ingegneri che costruirono la ferrovia del Ḥigiāz da Damasco a Medina.
Le nostre conoscenze su questo paese rimangono quindi ancora piuttosto vaghe. Nelle sue linee generiche la struttura fisica appare abbastanza semplice. Il Ḥigiāz è l'estremità occidentale del tavolato arabico, del quale forma l'orlo rialzato. Rocce antiche ne costituiscono l'imbasamento, su cui nel settentrione riposano le arenarie, e nel mezzogiorno si stendono i basalti; campi di lava, detti in arabo ḥarrah, più o meno interrotti si svolgono anche nell'interno, per un migliaio di chilometri circa, da Tabūk ad aṭ-Ṭa'if.
Un'angusta fascia costiera di natura sabbiosa, la Tihāmah, orlata sul mare da numerose costruzioni coralline, ma povera di porti, si svolge, or più or meno ristretta, lungo il mar Rosso. Da essa, con ripidi gradini intagliati nella roccia, il paese si eleva verso una serie di rilievi granitici, culminanti nel Gebel esh-Shārah a quasi 2500 m. e nel Gebel Raḍwà a quasi 2000, e quindi digrada verso l'altipiano interno elevato un migliaio di m. all'incirca.
Il clima è desertico. I monsoni che vengono dal mare lasciano cadere, nei periodi in cui mutano direzione, poche piogge nell'interno dell'Arabia, specie sui rilievi che orlano l'altipiano; ma nulle o quasi son le precipitazioni sulla fascia costiera: Gedda, il porto della Mecca, non riceve neppur 100 mm. di acqua in tutto l'anno. L'umidità, invece, è elevata, e a guardar dall'alto, di mattina, la Tihāmah è nascosta da una cortina di nuvole bianche che più tardi, nel pomeriggio, sale verso l'altipiano. È questa umidità che rende meno desertico il clima per la vegetazione, ma fa più intolleranti le alte temperature che s'incontrano durante tutto l'anno. A Gedda, per cui abbiamo dati, la temperatura media del mese più freddo supera i 22° e quella del mese più caldo i 30°. A nord di tale città, le temperature sono un po' più fresche d'inverno, ma non meno calde nell'estate, né meno scarse vi sono le precipitazioni; e nell'interno, sull'altipiano, se la stagione invernale è ancora più fresca, così che sui monti più elevati cade pure la neve, anche più calda vi è l'estate.
Dall'interno, dove maggiori son le precipitazioni, i widiān hanno cercato di aprirsi un varco verso il mare, e hanno rudemente intagliato la roccia con gole orride e profondi burroni; ma il più delle volte non raggiungono la costa, ché la loro acqua vien dispersa per l'irrigazione o è bevuta dalle sabbie.
Il maggiore di tutti è il wādīel-Ḥamḍh (la cui parte superiore è chiamata wādīal-Qurà dai geografi arabi), che è il più importante della costa occidentale della penisola e divide il Ḥigiāz in due regioni: quella a N. comprende le due regioni di Madyan (biblico Midian) e di Ḥisma; quella a S. è il Ḥigiāz propriamente detto. Il wādī el-Ḥamḍh raccoglie le acque di parecchi widiān dell'interno e forma così un ampio bacino nel quale son sorti numerosi e importanti centri abitati. Nell'attraversare in direzione longitudinale la regione delle ḥarrah, cooperando con le sue acque al disfacimento di quei ricchi terreni vulcanici, ha formato le più belle oasi di tutta la regione; e qualche oasi minore ha pur fatto sorgere nella valle da esso scolpita nell'attraversare i rilievi costieri, dove, però, assai più frequenti sono i burronie le forre.
Nelle valli dove si raccoglie un po' d'acqua o nell'estremità sud-orientale del paese (p. es. nella regione di eṭ-Ṭā'if a circa 1550 m. s. m.), dove il clima è meno ardente e meno desertico, si pratica l'agricoltura, che però ha poca importanza. Accanto a pochi cereali: frumento, orzo, dura, si coltivano le cipolle, i cetrioli, i cocomeri, gli spinaci, le rape, le fave, l'indaco; più spesso s'incontrano gli alberi da frutto meglio resistenti al caldo e alla siccità: albicocchi, fichi, limoni, mandorli, melograni; e anche più di frequente si erge sovrana la palma dattilifera.
Di assai maggiore importanza, per la vita degli abitanti, come sempre accade nei deserti o nelle steppe, è l'allevamento delle pecore e delle capre, per la lana, il latte o il burro; e quello dei cammelli e degli asini per i trasporti. Sulle coste del Mar Rosso si esercita la pesca, non esclusa quella della madreperla e delle tartarughe; e, forse anche di più, si esercitano la pirateria e il contrabbando. Un tempo si sfruttava l'oro delle rocce cristalline o dei suoli alluvionali in varie località, e minerali di argento, piombo e rame furono segnalati lungo la costa; ferro e minerali non metallici potrebbero anche ricavarsi; ma non esiste per ora alcuna industria estrattiva.
Né l'agricoltura né l'allevamento o la pesca basterebbero di certo ad alimentare il milione di abitanti e i numerosi pellegrini che, in numero di 150-170 mila, giungono ogni anno alla Mecca dalle più remote località del mondo islamico: dall'Africa occidentale e centrale, dalla Malesia, dalla Cina, dall'Asia centrale, dall'Egitto e così via. E le importazioni, costituite in massima parte da generi alimentari, forniti dall'Egitto, e dai prodotti dell'industria europea, hanno un valore più che doppio di quello delle scarse esportazioni di lane, tappeti, pelli, madreperla, miele, gomma, senna, henné, droghe.
La popolazione è tutta musulmana di razza araba (salvo poche immistioni di negri importati come schiavi anche per lavori agricoli) e segue nella sua grande maggioranza la scuola shāfi‛ita nel rituale e nel diritto, il sistema ash‛arita in teologia. Alla Mecca sono rappresentate quasi tutte le confraternite religiose, le quali tuttavia non sono viste di buon occhio dal governo neǵdiano wahhābita insediatosi nel 1924-1925; la massima parte delle tribù del gruppo Ḥarb, fra la Mecca e Medina è legata alla confratemita dei Senussi (Sunūsī). Cristiani ed Ebrei non sono ammessi ad abitare nel Ḥigiāz. Si calcola che i cinque sesti degli abitanti siano beduini (v., VI, pp. 475-476), distribuiti in tribù e sottotribù. Oltre il predetto gruppo Ḥarb è particolarmente notevole quello degli ‛Otaibah fra eṭ-Ṭā'ife il Neǵd.
Quasi tutto il commercio estero si svolge per via di mare, attraverso il porto di Gedda (Giddah) (circa 25 mila ab.), che è un cattivo porto, ma è il più vicino alla Mecca, e in esso sbarcano ogni anno i pellegrini che in autobus o a dorso di cammello o a piedi attraversano, poi, il paese desolato, portando danaro e commercio alla città santa, luogo di nascita del profeta. La Mecca conta da 70 a 80 mila abitanti, ed è il più popoloso centro abitato di tutta l'Arabia. Dopo di essa, per popolosità, vengono l'altra città santa, Medina (circa 30 o 40 mila abitanti), anch'essa meta d'importanti pellegrinaggi alla tomba del profeta, e il suo porto, Yambo, che ha 30.000 abitanti ed è il miglior porto del Ḥigiāz. Pochi altri nuclei urbani si contano ancora. Nel nord si trovano i piccoli porti di el-Muweiliḥ, el-Weǵh, Umleǵǵ, dove si svolge un piccolo traffico costiero, mentre nelle oasi dell'interno da tempi antichissimi sorsero alcuni modesti centri abitati: Taimā, nell'oasi omonima; el-‛Olā, sulla via dei pellegrini provenienti dal settentrione; Khaibar, con una popolazione in prevalenza di elementi negri, derivati da schiavi. Nel sud, invece, dove migliori sono le condizioni di vita e più frequente l'acqua dei pozzi, i villaggi si sono formati nelle valli maggiori o sull'altipiano, all'infuori dei grandi centri.
L'unica ferrovia di tutta l'Arabia congiunge Medina, attraverso la Transgiordania e la Siria, con Damasco e Aleppo; e, attraverso Transgiordania e Palestina, col Cairo; e serve al movimento dei pellegrini. Linee telegrafiche uniscono Gedda, la Mecca e Medina con Damasco; un cavo britannico collega Gedda con Suākin, al di là del Mar Rosso; la telegrafia senza fili, dal 1931, unisce la Mecca con er-Riyāḍ, capitale del regno.
Sede del viceré è la Mecca; le rappresentanze diplomatiche europee dimorano a Gedda, fuori del territorio sacro.
Storia. - La storia del Ḥigiāz è sostanzialmente quella dei suoi due maggiori centri urbani della Mecca e di Medina (la cittadina agricola di aṭ-Ṭā'if, che ebbe speciale floridezza in epoca preislamica e nel primo secolo dell'ègira, è poi decaduta fuori di ogni attività politica); storia svoltasi sino alla predicazione di Maometto in modo indipendente, e imperniata per l'una, retta da una aristocrazia di possidenti e commercianti, sulla vita commerciale e sull'importanza del pellegrinaggio ai suoi santuarî pagani, per l'altra sulla vita agricola, favorita dalla sua posizione geografica, e animata dalle lunghe lotte e rivalità dei suoi elementi etnici (tribù degli al-Aws e degli al-Khazraǵ) in contrasto fra loro. A Medina stessa poi, e in genere nel Ḥigiāz settentrionale, un notevole fattore commerciale ed etnico era dato dall'elemento ebraico, rappresentato da attive colonie ivi stanziate.
L'opera religioso-politica di Maometto (v.) iniziatasi alla Mecca, ma affermatasi e chiusasi con la morte del Profeta a Medina, fece di tutto il Ḥigiāz la culla dell'Islām nascente, e per alcuni decennî il cuore del nuovo stato islamico e il centro irradiatore donde gli Arabi con la nuova fede sciamarono alla conquista dell'Asia anteriore e dell'Africa settentrionale. Tuttavia la stessa rapidità e fortuna delle nuove conquiste spostò ben presto il centro dello stato musulmano; il trasporto della capitale da Medina ad al-Kūfah nel ‛Irāq, compiuto nel 36 èg., (656 d. C.) dal califfo ‛Alī, e il susseguente definitivo stanziamento della dinastia omayyade a Damasco tolsero al Ḥigiāz (come del resto a tutta l'Arabia) il primato politico e lo relegarono per sempre al grado di provincia secondaria dell'impero. Ma il prestigio dei suoi luoghi sacri e la memoria sempre viva dell'opera di Maometto ivi svoltasi, fecero sì che nel Ḥigiāz, e specialmente a Medina, si mantenessero e sviluppassero quelle cerchie dedite alla pietà e allo studio della legge, da cui fu per buona parte elaborato il sistema giuridico-religioso dell'islamismo, e al tempo stesso ivi trovassero alimento frequenti tentativi del legittimismo ‛alidico di ribellione all'autorità centrale, repressi però sempre con fermezza da Omayyadi e ‛Abbāsidi. Sotto questi califfi, il Ḥigiāz fu retto da un loro governatore (generalmente un principe del sangue), residente a Medina. Nel sec. X d. C., all'indebolirsi progressivo del califfato di Baghdād, caduto in balia di elementi militari stranieri, si allenta il vincolo che unisce il Ḥigiāz al governo centrale e tutta la regione cade nell'anarchia. Corso nel 930 dalle bande degli eretici Carmati, che arrivarono a saccheggiare la Mecca e ad asportare la venerata pietra nera della Ka‛bah, cominciò attorno a quell'epoca a sottostare all'autorità, nominalmente dipendente da Baghdād e più tardi dai califfi fatimiti d'Egitto, ma di fatto indipendente, di famiglie di origine ‛alide, i cosiddetti Sceriffi. Il principale ramo degli Sceriffi ḥasanidi cominciò ad avere autorità alla Mecca verso il 350 èg. (960 d. C.), e mantenne il potere con le famiglie dei Mūsawī e dei Hawāshim (sec. IV-VI èg., X-XII d. C.), e infine con l'energico sceriffo Qatādah (1200-1222 d. C.), il vero consolidatore della dinastia sceriffiana nella Mecca e nel Ḥigiāz, cui si sforzò di dare sempre maggiore autonomia di fronte alle potenze islamiche che successivamente ebbero più o meno nominale sovranità sull'Arabia.
Dopo avere a lungo gravitato nell'orbita dell'Egitto (Fatimiti, Ayyūbiti e Mammelucchi), il Ḥigiāz entrò nel 1517 in quella turca, in cui doveva durare per quattro secoli. La storia di questo periodo è quella dei rapporti fra i governatori turchi, rappresentanti del governo di Costantinopoli, e i vassalli sceriffi della Mecca, di cui la Porta non volle o non poté mai del tutto distruggere l'autorità; essa si limitò spesso a sostenere or l'uno or l'altro ramo nelle loro incessanti sanguinose rivalità per la conquista del potere. Al principio del sec. XIX il Ḥigiāz subì la prima invasione dei puritani Wahhābiti del Neǵd, che nel 1803 occuparono e saccheggiarono la Mecca, nel 1804 Medina, e solo nel 1813 furono ricacciati da Muḥammad ‛Alī, intervenuto dall'Egitto per incarico della Porta sino al 1840 l'influenza di Costantinopoli fu appena avvertibile nel paese, ed effettivamente esercitata dal fortunato pascià d'Egitto. Ma con la metà del secolo, regolati i rapporti fra la Porta e l'Egitto, la Turchia iniziò attraverso i suoi governatori, residenti di solito a Gedda, una più decisa opera di affermazione difetta politica e amministrativa, sordamente ostacolata dagli sceriffi; affermazione che culminò ai primi anni del sec. XX con l'attuazione della ferrovia del Ḥigiāz, d'importanza politica e militare oltre che sociale, giunta nel 1908 da Damasco sino a Medina, e che, nelle intenzioni di Costantinopoli, avrebbe dovuto arrivare sino alla Mecca. Tale importante opera pubblica ebbe sin dalla sua costruzione il carattere di waqf o pia fondazione musulmana, il che doveva in seguito dar luogo a complicate questioni politico-religiose per la sua amministrazione e sfruttamento.
La guerra mondiale trovò alla carica di sceriffo della Mecca al-Ḥusain ibn ‛Alī, che, aiutato dagl'Inglesi, cercò trarre le estreme conseguenze del dualismo fra Arabi e Turchi, e si sciolse da ogni vassallaggio verso la Porta. Proclamatosi nel giugno 1916 re del Ḥigiāz, mentre con il titolo anche assunto di re degli Arabi cercava far leva sul sentimento nazionale arabo e spingerlo alla lotta per l'unità e indipendenza, Ḥusain riuscì a strappare ai Turchi la Mecca, e, grazie all'avventurosa e fortunata guerriglia condotta dal suo terzogenito Faiṣal nell'Arabia settentrionale contro Turchi e Tedeschi, a costituire se non quel regno panarabico a cui avrebbe aspirato, e a cui l'Inghilterra, dapprima incoraggiatrice e aiutatrice, finì con l'obbligarlo a rinunziare, un "regno del Ḥigiāz" che fu riconosciuto dalla Conferenza della pace e ammesso nella Società delle Nazioni. Ma nel suo consolidamento e nei suoi tentativi di espansione, nonché nelle velleità panarabiche e panislamiche sempre risorgenti del re Ḥusain, che il 5 marzo 1924 assunse anche il titolo di califfo, il giovane regno urtò contro la vicina potenza wahhābita del Neǵd. Il sultano del Neǵd, ‛Abd al-‛Azīz Āl Faiṣal Āl Sa‛ūd, detto comunemente Ibn Sa‛ūd, dichiarò guerra nel 1924 a Ḥusain, e, col solito programma wahhābita di restaurazione religiosa oltre che di azione politica, invase il Ḥigiāz. Il 13 ottobre 1924 la Mecca fu occupata, mentre Ḥusain abdicava in favore del figlio ‛Alī che proseguiva la resistenza a Gedda, e si rifugiava ad al-‛Aqabah e poi a Cipro; il 5 dicembre 1925, dopo lungo assedio, cadde Medina, il 19 Gedda, e nel gennaio 1926 Ibn Sa‛ūd era proclamato re del Ḥigiāz, Neǵd e dipendenze del Neǵd (titolo recentemente cambiato in quello di "re del Regno Arabo Sa‛ūdiano"), stabilendo saldamente la sua autorità su tutta l'Arabia centrale e settentrionale (eccettuata la zona di Ma‛ān e al-‛Aqabah, che l'Inghilterra col 1° luglio 1925 staccò dal Ḥigiāz e annesse alla Transgiordania). Sotto la guida energica del nuovo sovrano, che favorisce la modernizzazione del paese in quanto sia compatibile con la legge religiosa musulmana, strettamente osservata nello spirito del rigorismo wahhābita, un assetto stabile e duraturo è avviato nel paese, divenuto organismo politico autonomo, di ampiezza e saldezza da secoli ignota.
Bibl.: C. Ritter, Vergleichende Erdkunde von Arabien, 2a ed., Berlino 1846-1847, voll. 2 (sempre importante); Arabia: handbook prepared under the direction of the Intelligence Division, Admiralty, Londra s. d (riguarda le tribù beduine); C. Snouck Hurgronje, Mekka, L'Aia 1888, voll. 2 con atlante separato (in tedesco, fondamentale; trad. inglese parziale 1931); B. Moritz, Arabien, Hannover 1923 (soprattutto per il Ḥ. settentrionale); A. Musil, The northern Ḥeǧâz, New York 1926 (con ottima carta 1:500.000); H. St. J. B. Philby, Arabia, Londra 1930; C. Malmignati, Through Inner Deserts to Medina, Londra 1925; C. E. Rutter, The holy cities of Arabia, Londra 1928 (visitate dall'autore). Inoltre le relazioni di viaggio di Alì Bey el-Abbasi (Badia y Leblich), G. H. Wallin, J. L. Burckhardt, R. F. Burton (alla terra di Midian), Ch. M. Doughty, Ch. Huber, J. Euting. Molto materiale utile, ma per lo più non tradotto in lingue europee, si ricava dagli scrittori arabi dei secoli passati e anche da alcuni moderni (Muḥammad Ṣādiq Pascià, al-Batanūnī, Ibrāhīm Rif'at Pascià), che percorsero parte del Ḥigiāz in missione ufficiale egiziana. Per la storia più antica v. bibl. s. v. arabi: Storia; maometto; per quella più recente oltre alla cit. opera di C. Snouck Hurgronje, I, pp. 24-189 (sino a tutto il 1887), v.: T. E. Lawrence, The Revolt in the Desert, Londra 1927; J. B. Philby, The recent history of the Ḥijāz, Londra 1922; id., Arabia of the Wahhabis, Londra 1928; rivista Oriente moderno, passim dal 1922 in poi.