al-LANBĀR
R Antica città dell' ‛Irāq, sulla riva sinistra dell'Eufrate, le cui rovine sono state segnalate presso l'odierna località Tell ‛Aqar. Fondata, o ricostruita, dal re sassanide Sapore II (310-379 d. C.), ricevette da lui il suo nome ufficiale di Pērōz Shāpūr ("Sapore è vittorioso"), ma i Siri (che vi ebbero un episcopato nestoriano) e gli Arabi la designarono col nome arabo di al-Anbār, forse esso stesso d'origine persiana, significante "i magazzini". Essa serviva infatti di deposito di armi e di viveri allo stato sassanide, essendo situata in ottima posizione strategica rispetto alle provincie dell'impero romano; comunicava con Ctesifonte, la capitale persiana, per mezzo di un canale. Al-Anbār è spesso citata nella storia della campagna persiana dell'imperatore Giuliano (Pirisabora di Ammiano Marcellino è corruzione del suo nome persiano) e in quella delle prime conquiste degli Arabi, che se ne impadronirono nel 12 ègira (634 d. C.). Fu residenza del primo califfo abbāside ‛Abū'l-Abbās (v.); tuttavia il suo successore al-Manṣūr l'abbandonò ben presto per trasferirsi a Baghdād, e la città decadde, specialmente dopo essere stata saccheggiata dai Qarmati (v.) al principio del sec. X, fino a scomparire completamente. Da essa originavano e ricevettero il nome i due celebrati filologi arabi al-Anbārī (morto 304 èg. = 916 d. C.) e Ibn al-Anbārī, suo figlio (271-327 èg. = 885-939 d. C.), e un altro più recente filologo al-Anbārī (513-577 èg. = 1119-1181 d. C.).
Bibl.: M. Streck, in Enciclopedia dell'Islām, Leida 1908 segg. (in edizioni francese, inglese e tedesca), I, pp. 364-365.