ala (ale; plur. ali, più raramente ale)
Costituisce una figurazione frequente nella Commedia, tanto per le esigenze della fantasia escatologica, quanto per una propensione stilistica spiegabile con la tensione spirituale dominante nell'opera. Come " organo del volo animale ", è attestato in If V 40 E come li stornei ne portan l'ali / nel freddo tempo, e 83, XVII 127, Pg XXV 10, Pd XIX 35; ci si allontana dall'ordine naturale in Pg IX 21 Con l'ali aperte e a calare intesa, dove l'aquila ha, come giunta onirica, le penne d'oro, e in Pd VI 95 sotto le sue ali / Carlo Magno, vincendo, la soccorse, dove le a. appartengono all'aquila, sacrosanto segno dell'Impero, e tuttavia, più che significare metaforicamente una prerogativa di quello, rinnovano per sineddoche l'immagine dell'aquila nella pienezza delle sue significazioni, santità, potenza, ecc.; anche in XIX 1 Parea dinanzi a me con l'ali aperte / la bella image, le a. appartengono ad aquila di natura del tutto singolare, quale quella formata dagli spiriti giusti, ma il loro significato non va al di là della figura di cui sono parte.
Come organo del volo, le a. sono attributo tradizionale degli angeli, come in Pg II 26 mentre che i primi bianchi apparver ali, e 33, VIII 106, XII 91 e 98 quivi mi batté l'ali per la fronte, dove per la prima volta le a. dell'angelo cancellano una P dalla fronte di D. (cfr. vv. 118-136); XVII 67, XIX 46, Pd IX 78 e 138, XXXI 14 e XXXII 96; a. hanno, ovviamente, anche i diavoli, " angeli neri ": If XXI 33 un diavol nero... / con l'ali aperte e sovra i piè leggero; XXII 127 e 144 di levarsi era neente, / sì avieno inviscate l'ali sue (nell'episodio di Ciampolo le a. demoniache sono battute dalla prontezza del dannato- sebbene proprio su di esse i diavoli abbiano fatto affidamento [vv. 113-115] - e subiscono la mortificazione della pece che le rende inerti), XXIII 35, XXXIV 46 Sotto ciascuna uscivan due grand'ali, e 72: queste di Lucifero, disposte in triplice coppia, hanno più del mostruoso, come quelle delle Arpie, in XIII 13 Ali hanno late, e colli e visi umani, e di un draco, in XXV 23; in Pg XXIX 94 Ognuno era pennuto di sei ali, e 109 Esso tendeva in sù l'una e l'altra ale, concorrono alla rappresentazione dei quattro animali già visti da Ezechiele (vv. 100-105) e del grifone, e alla loro eccezionalità sia letterale che allegorica (tanto salivan che non eran viste, v. 112).
Il termine si disimpegna dall'organicità del corpo volante, conservando una pura funzionalità di mezzo per volare o per attingere la rapidità del volo, in If XVI 87 e a fuggirsi / ali sembiar le gambe loro isnelle (un rincalzo alla rappresentazione della rapidità della fuga dei tre Fiorentini dovrebbe venire dalla considerazione dei successivi vv. 88-89, ma forse l'efficacia dell'immagine delle a. ne risulta indebolita); XXVI 125 de' remi facemmo ali al folle volo (nella coppia di immagini, contigue nell'unico verso, si esprime già il dramma di Ulisse: i remi si fanno a. per l'entusiasmo che anima i navigatori, ma il loro volo è folle, ovvero la catastrofe attende quell'entusiasmo sul limite dell'umano); Pg III 54, XII 5 ché qui è buono con l'ali e coi remi, / quantunque può, ciascun pinger sua barca (per la lezione con l'ali preferita a con la vela, cfr. Petrocchi, Introduzione 197); Pd XXXIII 15 e Rime CIII 11 che, com'avesser l'ali, / giungono altrui. In Fiore CLXXIV 2 Chi 'l su' amico pensa di pelare, / infin ch'egli aggia penna in ala o in dosso, è solo l'immagine del ‛ pelare ' che provoca la metafora dell'‛ aver penna in a. ', nella quale a. conserva il suo normale valore semantico.
Con valore metaforico, significa la potenza di una facoltà, come in Pg IV 28 con l'ale snelle e con le piume / del gran disio, Pd II 57 vedi che la ragione ha corte l'ali, e XV 72 che fece crescer l'ali al voler mio (per questa medesima significazione D. si avvale dell'immagine delle penne: diversamente son pennuti in ali, v. 81); o una determinata capacità di azione, come in XXV 50 quella pïa che guidò le penne / de le mie ali a così alto volo, e Fiore CLXVII 10. Ma più si presta a locuzioni, in cui spesso la metafora dell'a. e del volo rafforza la propria energia espressiva e si offre per una notevole varietà di significazioni: ‛ batter l'a. ' (If XXII 115 ma batterò sovra la pece l'ali) vale " volare ", ma tende a significare la superiorità delle a. sulle modeste forze del dannato che potrebbe tentare la fuga; mentre con valore figurato, in XXVI 2 che per mare e per terra batti l'ali, concorre a dilatare l'immagine sarcastica dell'intera terzina. Esprime inoltre, in Pd XI 3 quei che ti fanno in basso batter l'ali, il capovolgimento verso terra delle ambizioni umane che dovrebbero volgersi verso l'alto, e in Fiore VI 1 Partes' Amore su' ale battendo, la rapida e deludente scomparsa di Amore.
Così ‛ muover l'a. ' vale semplicemente " volare ", in Pd XIX 95 che l'ali / movea sospinte da tanti consigli; mentre in Pg XI 38 si che possiate muover l'ala, / che secondo il disio vostro vi lievi, significa l'ascesa al Paradiso o volo spirituale dell'anima purgata; e in Pd XXXII 146 ne forse tu t'arretri / movendo l'ali tue, con valore tutto metaforico, significa piuttosto un tentativo di volo, e propriamente l'accezione è quella già vista di " facoltà " o " mezzo d'azione ". ‛ Drizzare l'a. ', come in Pg II 103 A quella foce ha elli or dritta l'ala, vale " dirigersi ", e a. vi conserva il suo significato letterale, in quanto l'angelo è alato e delle a. si serve tra liti sì lontani (vv. 32-33). Valore traslato ha invece ‛ chinar l'a. ', in Pg IX 9 e 'l terzo [passo] già chinava in giuso l'ale, dove dal concetto di " volgere il volo in basso " Si produce quello di " compiersi " o " concludersi ", nell'ambito della metafora dei passi con cui la notte sale nel cielo (vv. 7-8). In Pg X 25 e quanto l'occhio mio potea trar d'ale, con metafora tratta dal volo e applicata alla vista, vale " spaziare ". Notevole è il caso di Pd XXII 105 né mai qua giù... fu sì ratto moto / ch'agguagliar si potesse a la mia ala, dove con una singolare sineddoche a. significa il volo rapidissimo di D. al cenno di Beatrice.
Infine ‛ aprir l'a. ', in Pg XXII 43 troppo aprir l'ali / potean le mani a spendere, si spiega comunemente come " allungarsi ", ma l'interpretazione, suggerita dal rapporto tra mani e spendere, spinge l'immagine verso un impegno che poco le si addice (e infatti il Tommaseo commenta: " l'ali della mano dilatata, non so se sia modo bello "; il Porena la giudica " un po' ardita ") e inoltre dà tutto il credito all'aprire e quasi lo nega alle ali (" L'immagine, assai bella per sé, rimarrebbe sciupata dall'a spendere, che segue, se, non contenti di veder le mani che si aprono nell'atto di spendere il danaro, andassimo con la fantasia al volo ", Pietrobono); lasciando invece integra alla locuzione la connessione dei suoi termini, e ricordando l'attestazione di Rime CVI 113 ma quei non v'apre l'ale, dove essa evidentemente vale " volare " o soltanto " muovere rapidamente ", la si può spiegare come " affrettarsi ", nel senso che la prodigalità fa muovere in fretta le mani a spendere.