ALA
Si chiama genericamente a. di un edificio un corpo laterale che può avere o non il suo equivalente simmetrico rispetto al centro.
In particolare prende il nome di a. (πτερόν) nell'architettura greca il portico intorno alla cella, donde i termini di periptero quando il porticato si estende intorno a tutta la cella, monoptero, se il porticato è semplice, o diptero, se esso è doppio.
Il termine passò anche nella nomenclatura del tempio tuscanico, dove si definiscono con il nome di a. i tratti porticati che fiancheggiano, e spesso non in tutta la sua lunghezza, la cella. Un esempio ce ne conserva in pianta la Tomba Ildebranda a Sovana che ha appunto la forma di un tempio rupestre. Altro esempio, a Roma, è costituito dal Tempio C dell'area sacra dell'Argentina, dove, con disposizione di tipo arcaico, i porticati sui fianchi terminano su un prolungamento laterale del muro di fondo della cella con risvolto angolare assai sviluppato.
Nella domus italica prendono il nome di a. due corridoi che si aprono al fondo delle pareti lunghe dell'atrio con andamento parallelo alla facciata del tablinum. La loro genesi è stata da alcuni messa in rapporto con la necessità costruttiva di dare una continuità al tetto dell'atrio, ma, come risulta anche dalla pianta di molte tombe etrusche, specie a Cerveteri, la loro funzione originaria doveva essere quella di costituire un disimpegno per le due stanze laterali al fondo della casa non intercomunicanti con quella centrale; la soluzione deve essere stata anche sollecitata da una distinzione d'uso, e forse di dignità, delle tre stanze di fondo rispetto alle altre che avevano l'ingresso sui lati lunghi dell'atrio; per cui, non potendo creare un accesso alle prime attraverso le seconde e non comportando la larghezza dell'atrio stesso la presenza di tre porte, si crearono tali corridoi spazialmente dipendenti dall'atrio stesso. Numerosissimi esempî se ne trovano a Pompei nelle case del Fauno, di Pansa, del Labirinto, delle Nozze d'argento, ecc. In altri casi, come nella Casa del Poeta Tragico, si trova una sola a. invece di due simmetriche; talvolta le a. si trovano spostate al centro del lato lungo dell'atrio, ma si tratta in questi casi di deroghe alla norma generale dovute a necessità particolari o alla maggiore libertà subentrata nel vecchio schema della casa italica.
L'unità spaziale di esse con l'atrio risulta nettamente dal fatto che l'ingresso alle a. non è costituito da una porta come per gli altri ambienti, ma da una reale interruzione del muro di perimetro dei lati lunghi dell'atrio. Sull'ampiezza di essa Vitruvio (vi, 4) dà norme precise, prescrivendo che essa oscilli fra un terzo e un quinto dell'intera lunghezza dell'atrio a seconda del suo sviluppo; l'interruzione con colonne, come nella Casa di Elpidio Rufo a Pompei, è un'eccezione.
Avendo perduto abbastanza presto la loro funzione specifica, le a. tendono a divenire stanze comuni uniformandosi al sistema decorativo delle altre e perdono la vastissima apertura; la cosa viene attuata per metà già nella Casa del Poeta Tragico, a Pompei. Nelle domus del tardo Impero le a. sono del tutto sparite.
Bibl: G. Patroni, L'origine della domus, in Rend. Lincei, XI, 1902, p. 503 s.; Overbeck-Mau, Pompeji, Lipsia 1884, pp. 262, 276, 283, 292, 299; A. Mau, Pompeji in Leben und Kunst, Lipsia 1908; A. Choisy, Histoire de l'architecture, I, Parigi 1899; Anderson-Spiers-Ashby, The Architecture of Ancient Rome, Londra 1927; R. Bianchi Bandinelli, Sovana, Firenze 1929, p. 85; W.B. Dinsmoor, The Architecture of Ancient Greece3, Londra 1950; F. Castagnoli, in Röm. Mitt., LXII, 1955, pp. 139-149.
(† F. Grana - G. Matthiae)