ALA
Il termine ala è anche usato come termine di architettura. Come πτερόν è il portico che circonda e quindi sta anche ai lati del ναός ellenico, così alae nell'architettura etrusca sono i portici laterali accanto alla cella del tempio tuscanico.
Per analogia furon detti altresì alae gli ampliamenti laterali dell'atrium nella domus paleo-italica e romana. Dal confronto del luogo di Vitruvio (VI, 4) con la casa pompeiana si ricava, senza dubbio alcuno, che nell'atrio le alae sono quelle stanze laterali, che si aprono, in tutta la loro larghezza, sull'atrio stesso, il più spesso nella sua estremità posteriore, accanto e normalmente al tablinum, non di rado però anche nel mezzo di ciascun lato dell'atrio, talora mancano affatto, talora se ne trova una sola da un lato, secondo lo spazio di cui si disponeva per il loro impianto. Vitruvio prescrive che la larghezza, con la quale esse si aprono sull'atrio, debba essere di 1/5 o di 1/3 della profondità o lunghezza dell'atrio, secondo la grandezza di quest'ultimo; la loro profondità è determinata dallo spazio assegnato. Il più delle volte le alae si aprono sull'atrio, senza alcun segno di separazione; talora, come nella casa di Epidio Rufo a Pompei (Reg. IX, Ins. I, n. 20) si trovano due colonne nell'ingresso.
La situazione più comune delle alae nella estremità posteriore dell'atrio, ai lati dell'ingresso al tablino, è indizio della loro ragion d'essere tutta costruttiva. Per sistemare il tetto del cortile (atrium) in un sol corpo, bisognava rinunziare all'ingresso maestoso nella sala principale (tablinum), quale troviamo nei corrispondenti megara preellenici, giacché, inclinando in avanti una porzione di tetto, la continuità uniforme del tetto di copertura dell'atrio non si sarebbe ottenuta. Fu perciò necessario raccorciare il tablinum e fargli passare davanti o un lato di portico, come nell'atrio corintio e tetrastilo (v. atrium), ovvero uno dei lati coperti dell'atrio tuscanico. Di tale modificazione sono appunto indizio le alae, le quali in origine non furono che celle rimaste in uno stadio arretrato, cioè senza porta come a Troia, perché un tempo non si aprivano sul cortile (αὐλή, atrium), ma erano strettissimi corridoi, di contro ai muri non ancora accorciati del tablinum. Ed invero nelle case borghesi pompeiane le alae contenevano non di rado armadî; talora servivano come dispensa (Bull. dell'Inst., 1882, p. 177); altra volta in una di esse si trovava il larario o edicola dei domestici Lari. Nelle case patrizie erano esposte, addossate alla loro parete di fondo, le imagines maiorum (Vitruv., VI, 3, 6).
Presso il tempio di Diana a Nemi, ad oriente, verso il monte, era un porticato trasformato nell'età imperiale, mediante pareti di tramezzo, in una fila di celle. Nel pavimento di musaico di una cella tornò a luce la seguente epigrafe in lettere bellissime (Corpus inscriptionum lat.. XIV, 4.183): M(arcus) Servilius Quartus alam expoliit et ... et quae intus posita sunt dia... La cella dunque che Marco Servilio Quarto decorò, ben vi è chiamata ala, perché essa sta con lo spazio dinanzi al portico nello stesso rapporto, nel quale stanno le alae con l'atrio.
Bibl.: G. Patroni, L'origine della domus, in Rend. d. Accad. dei Lincei, cl. sc. mor., s. 5ª, XI (1902), p. 503 segg. Per Pompei: Overbeck e Mau, Pompeji, pp. 261, 276, 283, 292, 299; A. Sogliano, Guida di Pompei, 3ª ed., p. 41. Per l'iscr. del tempio di Diana: Notizie degli scavi, 1885, pp. 317, 319 (v. anche domus).