ALA
Nell'arte militare s'indica con questa parola la parte estrema di un esercito, o di un elemento di esso, disposto linearmente. La parte situata fra le ali chiamasi corpo o centro.
Presso i Romani, ala denota sino alla guerra sociale un raggruppamento di milizie alleate (v. ausiliarî), chiamato così perché queste truppe nello schieramento si disponevano ai fianchi dell'esercito. All'esercito consolare di due legioni erano aggregate due ale di soci, distinte col nome di destra e di sinistra. Ogni ala, forte press'a poco quanto una legione, era comandata da tre praefecti socium scelti dai consoli fra gli ufficiali romani, e comprendeva coorti di fanteria e turme di cavalleria. Coorti e turme, a capo delle quali erano lasciati ufficiali alleati, formavano unità tattiche e nazionalmente omogenee, con proprie insegne, denominate sempre dallo stato che le aveva fonite. Non par probabile che oeni ala avesse un determinato numero di coorti e turme, e che queste comprendessero un numero costante di soldati; piuttosto la forza dei singoli reparti dipendeva dalla misura del contingente fornito dai singoli stati, tant'è vero che Livio parla di coorti di 400, 460, 500 e 600 soldati. Ragioni politiche e militari dovevano però richiedere che i contingenti che superassero un certo numero d'uomini, fossero divisi in due o più parti. Mancano notizie sulla loro organizzazione, ma è lecito congetturare che anche la fanteria alleata fosse distribuita come quella romana in astati, principi, triarî e veliti. Durante la marcia, se il pericolo di un attacco improvviso non rendeva necessaria una disposizione diversa, le due ale avevano un posto fisso: l'una seguiva immediatamente l'avanguardia, ogni giorno si scambiavano il posto per pareggiare vantaggi e danni. Accampate, alloggiavano insieme con le legioni nella parte anteriore del campo.
Dopo la guerra sociale, incorporati gli alleati italici nelle legioni, ala passò a designare i raggruppamenti di milizia ausiliaria non italica, che, disposti ai lati delle legioni, sostituivano le antiche milizie alleate. Siccome però l'importanza degli ausiliarî consisteva ora soprattutto nella cavalleria, la parola venne ben presto a significare un distaccamento di cavalleria ausiliaria aggregata a legioni, e in tale significato si trova usata dagli scrittori sin negli ultimi tempi della repubblica. È possibile che già durante le guerre civili ala cominciasse a denotare un'unità tattica con un numero fisso di cavalieri ausiliarî; però tale significato della parola è certo appena per l'epoca di Augusto.
Se non il nome, le ale ebbero da Augusto uno stabile ordinamento. La loro forza nominale è di 500 e talvolta anche di 1000 cavalieri, e perciò sono chiamate quingenarie o miliarie. Le quingenarie sono divise in 16 turme, le miliarie in 24. A capo dell'ala sta un prefetto. Il comando di questi reggimenti di cavalleria, tranne i rari casi in cui fu lasciato a capi indigeni, fu affidato volentieri da Augusto a giovani che aspiravano alla vita politica; anzi, perché a un maggior numero fosse data la possibilità di temprarsi alle fatiche del campo, istituì per essi una doppia prefettura delle ale. Scelse però i prefetti anche tra gli appartenenti all'ordine equestre e tra i centurioni legionarî, i quali ultimi per la lunga pratica militare dovevano sembrare i più atti ad addestrare le nuove formazioni. Ma, fallita completamente la prova coi giovani figli di senatori, ed esclusi, dal tempo di Claudio, da tale promozione i centurioni, il comando delle ale restò riservato esclusivamente ai cavalieri per i quali esso segnava generalmente il più alto grado della carriera militare. Sottoprefetti non s'incontrano che di rado. Comandante di una turma è il decurione; il primo dei decurioni dell'ala ha il titolo di decurio princeps. Inferiori al decurione sono in ogni turma il duplicario e il sesquiplicario, chiamati così dalla misura del soldo, doppio o una volta e mezzo maggiore di quello dei gregarî delle legioni. Decurioni, duplicarî e sesquiplicarî provenivano come gli altri sottufficiali dalla milizia ausiliaria, ma a questi uffici potevano essere promossi anche soldati legionarî. Ogni ala ha un alfiere, chiamato generalmente signifero; l'imaginifero, che compare in due iscrizioni, portava l'immagine dell'imperatore o di un divo. Anche la turma ha un proprio signifero. Altri sottufficiali sono il custode delle armi, il curatore e il medico. Il prefetto ha poi nel suo ufficio un corniculario che dirige la cancelleria e che è coadiuvato da un attario e da librarî, stratori (palafrenieri), statori che sembra abbiano avuto mansioni di polizia, e beneficiarî adoperati a varî servizî. L'optio comanda la scorta dei cavalieri del prefetto (singulares).
Da iscrizioni, da testimonianze di antichi scrittori e dalle liste della Notitia Dignitatum conosciamo i nomi di più di 100 ale. Quante di esse esistessero all'epoca di Augusto o in un dato periodo posteriore, è impossibile determinare, ma è certo che il loro numero andò col tempo gradatamente aumentando. Dal nome etnico delle ale si rileva da quali popoli l'esercito romano traesse la sua cavalleria. Quasi la metà delle ale esistenti prima dei Flavî proviene dalle Gallie. Dopo le ale galliche vengono per numero, se non per valore, quelle delle Spagne e della Tracia. Numerose sono anche le ale pannoniche, che godettero fama di essere ottima cavalleria. Il servizio nelle ale era considerato superiore a quello nelle coorti, come maggiore era anche il soldo. Solo per punizione un cavaliere di un'ala poteva esser trasferito in una coorte equitata. Dalle ale era scelta anche parte degli equites singulares dell'imperatore. Secondo Vegezio, per i cavalieri delle ale si richiedeva un'altezza di sei piedi o almeno di cinque piedi e mezzo.
Le insegne delle ale dovevano presentare una certa varietà, e il signum forse s'alternava al vexillum (cfr. Kubitschek, in Pauly-Wissowa, Real-Encycl. der class. Altertumswiss., II A, col. 2356). Probabilmente l'insegna dell'ala Afrorum era una testa di leone (Germania, IX, 1925, p. 120 segg.), una testa radiata quella dell'ala Petriana (cfr. Journal of Rom. Stud. II, 1912, p. 126), una testa di toro tricornuta quella dell'ala Longiniana (Bonner Jahrb., CXVII, 1908, p. 279 segg.). Sembra invece appartenere, per la diversità della forma, ad una turma, l'asta con traversa dalla quale pendono quattro foglie d'edera.
I monumenti funerarî, meglio dei rilievi delle colonne di Traiano e di Marc'Aurelio, dove è arrischiato riconoscere le varie specie di cavalieri, ci permettono di ricostruire l'uniforme e le armi dei cavalieri delle ale. La tenuta ordinaria (avevano anche un'uniforme di parata) consiste di tunica, brache, che giungono al disotto del ginocchio, e stivali alti. Sulla tunica portano una corazza con umerali, generalmente di cuoio o a maglia, e talvolta anche squamata; la testa è difesa dall'elmo con paranuca, frontale e paragote; lo scudo, ovale o esagonale (il rotondo non è usato che negli ultimi secoli dell'Impero), raggiunge talora anche un metro. Le armi offensive sono la lancia, che sembra misurare circa sei piedi, e la spatha, portata a destra, sospesa al balteo, e lunga, a quanto si rileva dagli esemplari conservati, tra 70 e 84 centimetri. Diverso era l'equipaggiamento dei cavalieri, con armi speciali. I sagittarii, armati d'arco e di spada, non portavano scudo e avevano un berretto di cuoio invece dell'elmo. Non difesi dallo scudo erano anche i contarii, così chiamati dall'asta pesante (contus) di cui erano muniti. I catafractarii, che compaiono nel secondo secolo, avevano tutto il corpo corazzato, come corazzato era anche il cavallo. I dromedarii montavano su cammelli, ed erano armati d'arco e lancia.
Nell'esercito post-costantiniano le ale fanno parte della milizia di confine. Probabilmente sotto Costantino furono costituite nuove ale dai contingenti di cavalleria prima aggregati alle legioni e alle coorti equitate. La Notitia dignitatum ne annovera ancora 65.
Bibl.: Oltre a quella citata sotto ausiliarî: per l'ordinamento delle ale è sempre indispensabile Domaszewski, Die Rangordnung des röm. Herees, in Bonner Jahrb., CXVII (1908), p. 1 segg. Il Cichorius, in Pauly-Wissowa, Real-Encycl. der class. Altertumswiss., I, col. 1224 segg., ha raccolto le notizie sulle varie ale; al suo elenco ha fatto qualche aggiunta il Cheesman The auxilia of the Roman imperial army, Oxford 1914, delle singole ale si tratta particolarmente anche nel Diz. epigr. del De Ruggiero, I, s. v. Si cfr. anche P. Couissin nella sua opera Les armes romaines, Parigi 1926. Per le insegne, oltre agli studî citati, si veda ancora Domaszewski, Die Fahnen im röm. Heere, Vienna 1885.