Fieschi, Alagia
Figlia di Niccolò dei conti F. di Lavagna; fu nipote di papa Adriano V e moglie di Moroello Malaspina (il vapor di Val di Magra, If XXIV 145). È ricordata in Pg XIX 142-145 a chiusura del colloquio con Adriano V, ma i versi a lei riferentisi, che non fanno parte della tematica dell'episodio, sembrano aggiunti col solo scopo di celebrare questa donna, da D. conosciuta personalmente durante il suo soggiorno in Lunigiana nel 1307. " Un accenno fugace, ma pur sufficiente a dare a questa evanescente figura di donna una sua particolare fisionomia poetica, una consistenza morale e psicologica, e a conferire a questi ultimi versi del canto un'intonazione più intima e delicata, quasi elegiaca ", osserva il Paparelli, incentrando nell'essenziale il personaggio di Alagia quale appare dalle parole del papa, soffuso di dolcezza e di rimpianto. E infatti Alagia è l'unica speranza nell'espiazione del penitente (e questa sola di là m'è rimasa) nonché di malinconico timore per la consapevolezza del peccato che la circonda ( pur che la nostra casa / non faccia lei per essempro malvagia).
Ad Alagia si attribuiscono tre figli: Manfredina, Luchino e Fiesca; rimasta vedova tra il 1313 e il 1315, si ritirò a Genova prendendo dimora non lontano da Castelletto, nell'abitazione della figlia Manfredina già vedova di Alaone Grimaldi, e qui si svolse praticamente tutta la sua vita. Ci sono rimaste molte notizie che la riguardano: il 5 ottobre 1325 Giovanni da Vigo cedeva a lei, quale procuratrice della sorella Giovanna, alcuni possessi in Lunigiana. Il 29 maggio 1327, stando nel castello di S. Miniato, sua figlia Fiesca le cedette il lascito di 1000 libre fattole dal padre Moroello nel suo testamento. Questa figlia sposò Marcoaldo dei Guidi, conte di Dovadola, e poi in seconde nozze fu moglie di Niccolò del Pecora, signore di Montepulciano. Il 20 marzo 1328 Alagia prestò per un anno 10 fiorini a Ugo del fu Francesco degli Enrighini da Pontremoli. Il 10 giugno 1334, suo fratello, il cardinale Luca F. del titolo di S. Maria in via Lata, il quale a suo tempo era stato prescelto per incoronare Enrico VII, le cedeva l'usufrutto di 2600 luoghi nelle compere del comune, cioè di quote sul debito pubblico della città. Una simile cessione venne fatta un mese dopo da una certa Franceschina Magagnini. Ormai Alagia era passata ad abitare in una casa che apparteneva alla sua famiglia a S. Donato; Ottobono F., il futuro Adriano V, infatti, aveva lasciato nel testamento del 28 settembre 1275 la casa con torre ai fratelli Niccolò e Federico; e questi, zio di Alagia, la lasciò di poi al proprio fratello Niccolò mentre si trovava fuoruscito a Sarzana, nel testamento del 5 febbraio 1313. In ultimo, e Alagia doveva essere molto vecchia, il 19 aprile 1344, essa dettò un codicillo al proprio testamento per restituire alla figlia Fiesca quanto da essa aveva ricevuto; l'atto aveva un evidente riferimento alla precedente cessione del 29 maggio 1327.
Bibl. - A. Ferretto, Personaggi della D.C., in Genova e nel Genovese, in D. e la Liguria, Milano 1925, 76-77.