Cuny, Alain
Attore cinematografico e teatrale francese, nato a Saint-Malo (Ille-et-Vilaine) il 12 luglio 1908 e morto a Parigi il 16 maggio 1994. Con il suo volto scavato e la figura alta e sottile raggiunse un certo successo nel cinema, interpretando personaggi introversi, problematici, cinici o austeri, tra cui spiccano il crudele arcidiacono Frollo di Notre-Dame de Paris (1956) di Jean Delannoy, il grigio giornalista, marito di Jeanne Tournier (Jeanne Moreau) in Les amants (1958) di Louis Malle, e l'intellettuale suicida Steiner di La dolce vita (1960) di Federico Fellini.
Vissuto a Parigi dall'età di quindici anni, sotto l'influenza del movimento surrealista intraprese studi di psicoanalisi con J. Lacan e si iscrisse all'École nationale supérieure des Beaux-Arts. Diplomatosi in pittura, espose per qualche tempo le sue opere e intraprese lunghi viaggi. Talento multiforme, C. si dedicò prima al disegno di poster cinematografici, poi frequentò i corsi di drammaturgia di Ch. Dullin, e infine cominciò a dedicarsi al teatro come scenografo e assistente alla regia di Alberto Cavalcanti. Durante la Seconda guerra mondiale iniziò la carriera di attore: la voce lenta e cadenzata, il volto emaciato e il fisico longilineo che lo rendevano particolarmente adatto per i ruoli drammatici, gli consentirono di affermarsi come interprete delle opere di P. Claudel, L. Pirandello, W. Shakespeare, A. Strindberg e J. Racine. Gli esordi cinematografici, nel 1941, furono due piccole apparizioni in Madame Sans-Gêne di Roger Richebé e Remorques di Jean Grémillon; la prima parte di rilievo fu quella che gli venne affidata da Marcel Carné in Les visiteurs du soir (1942; L'amore e il diavolo), film in costume di ambientazione medievale dove C. impersona un enigmatico menestrello girovago. Con la partecipazione all'unica sortita cinematografica dello scrittore Curzio Malaparte, Il Cristo proibito (1951), C. cominciò a lavorare frequentemente in Italia, dove prese parte a La signora senza camelie (1953) di Michelangelo Antonioni e, nel ruolo di un garibaldino, a Camicie rosse (1952) di Goffredo Alessandrini (terminato da Francesco Rosi). In Francia, s'impose nella versione cinematografica di Notre-Dame de Paris, dal romanzo di V. Hugo con la sceneggiatura di Jacques Prévert. La parte del marito nell'allora scandaloso Les amants, e quella del cupo intellettuale Steiner, consigliere spirituale di Marcello Mastroianni in La dolce vita, ne fissarono l'icona di uomo impenetrabile, sempre in bilico tra mistero e inet-titudine. Due ruoli caratterizzati dal cinismo sono quelli in Peau de banane (1963; Buccia di banana) di Marcel Ophuls e in La corruzione (1963) di Mauro Bolognini, prima dell'ironico cammeo del chiaroveggente 'uomo dal mantello' che incontra i due pellegrini di La Voie lactée (1969; La Via lattea) di Luis Buñuel e la parte dell'ambiguo Lica in Fellini Satyricon (1969) di Fellini. Dopo l'ottima interpretazione del generale Leone in Uomini contro (1970) di Rosi, e ruoli di atipici protagonisti come Voland di Il maestro e Margherita (1972), per la regia dello iugoslavo Aleksandar Petrović, e il conte Balzieri di La rosa rossa (1973) di Franco Giraldi, fu il perverso Mario in Emmanuelle (1973) di Just Jaeckin, e Toro Seduto nell'ironico western contemporaneo Touche pas la femme blanche (1974; Non toccare la donna bianca) di Marco Ferreri, per poi proseguire la collaborazione con Rosi in Cadaveri eccellenti (1976) e Cristo si è fermato a Eboli (1979). Dopo aver preso parte a La chanson de Roland (1978) di Frank Cassenti, negli anni Ottanta, con l'inizio della carriera televisiva, la sua presenza nel cinema si fece sempre più rara: restano buone prove in ruoli di secondo piano come quello del vecchio mafioso in Détective (1985; Detective) di Jean-Luc Godard e il vedovo di Cronaca di una morte annunciata (1987) di Rosi. A ottantatré anni, C. esordì come regista, trasponendo L'annonce faite à Marie (1991) da una pièce del suo autore teatrale elettivo, P. Claudel. Tra le sue ultime apparizioni, Uova di garofano (1991) di Silvano Agosti.
B. Fabre, Une amitié: à la mémoire d'Alain Cuny, Paris 1999.