Tanner, Alain
Regista cinematografico svizzero, nato a Ginevra il 6 dicembre 1929. Tra i più significativi cineasti del suo Paese, ha elaborato un complesso percorso artistico nel quale si combinano le esperienze del Cinéma vérité, del Free Cinema inglese, dello straniamento e dell'analisi sociale, delle dinamiche sessuali, degli intrecci nelle relazioni culturali, nonché i temi della femminilità, dell'identità, dell'erranza. Nel 1981 ha vinto il Gran premio speciale della giuria al Festival di Cannes con Les années lumière (Gli anni luce).
Figlio di un pittore e di un'attrice, nel 1951 fondò a Ginevra, insieme a Claude Goretta, il Ciné-club universitaire, prima di iniziare a lavorare per la marina mercantile svizzera. Intorno alla metà degli anni Cinquanta, a Londra, T. frequentò un corso al British Film Institute e conobbe alcuni dei più importanti autori del Free Cinema (Lindsay Anderson, Tony Richardson, Karel Reisz) e, con Goretta, diresse il suo primo film, il cortometraggio Nice time (1957), sulla vita notturna a Piccadilly Circus. Nella prima parte della sua carriera T. si dedicò soprattutto ai documentari, a Londra (per la BBC) e poi nel suo Paese d'origine, dove, nel 1964, realizzò l'inchiesta Les apprentis, sui lavoratori apprendisti nelle fabbriche, per la quale seguì la lezione del Cinéma vérité. L'alienazione dell'ambiente di lavoro è al centro del suo primo lungometraggio di finzione, Charles mort ou vif (1969), in cui viene descritta la crisi esistenziale di un industriale ginevrino. Nel frattempo un nuovo cinema svizzero stava nascendo, e trovò nella costituzione del Groupe 5, cui T. aderì, il suo manifesto. La salamandre (1971; La salamandra), nell'indagare la vita di una donna accusata di omicidio, confermò questo percorso e sedimentò la collaborazione, in fase di sceneggiatura, fra il cineasta e lo scrittore John Berger, iniziata con il documentario Une ville à Chandigarh (1966). La crisi dei valori sociali, l'instabilità dei rapporti di coppia, lo smarrimento della generazione cresciuta negli anni Sessanta, il viaggio tragico di due ragazze sono affrontati con lucidità in Le retour d'Afrique (1973), Le milieu du monde (1974), Jonas qui aura 25 ans en l'an 2000 (1976; Jonas che avrà 20 anni nel 2000, di cui nel 1999 avrebbe girato il seguito Jonas et Lila, à demain), Messidor (1979). Il cinema del regista ha riconfermato la sua tensione formale e filosofica lontano dalla Svizzera, sfociando nella favola e nel sogno di Les années lumière, girato in Irlanda, nel diario filmato alla scoperta di Lisbona in Dans la ville blanche (1983; Nella città bianca) e nel viaggio autoriflessivo raccontato in La vallée fantôme (1987), per dispiegarsi poi in Une flamme dans mon cœur (1987; Una fiamma nel mio cuore), viaggio nella passione, tra Parigi e Il Cairo, vissuto da un'attrice di teatro. Quest'ultimo film è nato dalla collaborazione tra il regista e l'attrice Myriam Mézières (già interprete di No man's land, 1985, Terra di nessuno, meditazione sulla condizione di sradicamento e sulla metafora della frontiera), che ha prodotto anche Le journal de Lady M. (1993) e Fleurs de sang (2002, da lei codiretto). Tra i due si è sviluppata una relazione artistica nel segno dell'indagine sull'eros e sulla condizione femminile, tema quest'ultimo già affrontato in La femme de Rose Hill (1989; La ragazza di Rose Hill) insieme a quello dell'identità, che ritorna in L'homme qui a perdu son ombre (1991) e in Requiem (1998), dal romanzo di A. Tabucchi, e, con una riflessione sul senso della finzione, in Paul s'en va (2004).
M. Boujut, Le milieu du monde ou le cinéma selon Tanner, Lauanne 1974; P. Detassis, Alain Tanner, Firenze 1987; Alain Tanner. Tra realismo e utopia, a cura di D. Lucchini, Milano 2002.