ADIMARI, Alamanno
Nato a Firenze nel 1362 (il suo epitafio lo dice morto sessantenne nel 1422), divenne dottore utriusque iuris.Fu canonico del duomo di Firenze, poi parroco della chiesa di S. Stefano a Modigliano Faentino e, inoltre, protonotario apostolico. Il 13 dic. 1400 Bonifacio IX lo elevò alla cattedra vescovile di Firenze, ma la sua nomina suscitò nella città una violenta opposizione, coincidendo con il trasferimento dello amatissimo arcivescovo Onofrio alla diocesi di Comacchio. La Signoria, per evitare la venuta dell'A., inviò prima dispacci, poi messaggeri al papa chiedendogli, invano, di recedere dalla decisione presa. Ostinandosi il papa, i Fiorentini, che rimproveravano all'A, d'aver brigato per ottenere la dignità arcivescovile, gli rifiutarono l'accesso in città e costrinsero perciò il papa a trasferirlo alla sede di Taranto, il 16 nov. 1405, mentre l'arcivescovo di Taranto, Iacopo da Teramo, venne trasferito a Firenze. Dalla sede di Taranto, ove pare non si recò mai, passò alla sede di Pisa il 3 nov. 1406. Partecipò quindi, ed in posizione di prestigio, al concilio di Pisa del 1409, trattando anche con Carlo Malatesta per ottenere la venuta a Pisa di Gregorio XII ed aderendo poi all'obbedienza di Alessandro V. Seguace nel 1410 di Giovanni XXIII, fu inviato quale legato a latere in Francia per levare una nuova decima sul clero.
Avuta ragione dell'ostilità dell'università parigina, la sua missione ebbe successo e Giovanni XXIII, in premio, lo creò cardinale prete del titolo di S. Eusebio. Nel 1411 l'A. venne inviato come legato in Spagna, per tentare di guadagnarla contro l'antipapa Benedetto XIII. Qualche tempo dopo andò a Parigi ancora come legato, ricoprendo anche la carica di giudice dei "magistri" dell'università nelle cause relative ai benefici (fu nominato il 1maggio 1413). La missione ebbe termine coll'aprirsi del concilio di Costanza, al quale l'A. partecipò, divenendo uno dei collaboratori più vicini al nuovo papa Martino V.
Il 17 febbr. 1418 l'A. lasciò Costanza per recarsi in Aragona. Nonostante avesse iniziato le trattative coi legati che gli erano venuti incontro a Perpignano, nel maggio del 1418, a Tortosa, rese pubblico il processo contro l'antipapa Benedetto XIII che proprio in quella zona aveva i suoi più accaniti sostenitori. La decisione dell'A., che troncava le trattative, irritò il sovrano, ma questi poté ottenere solo le scuse del cardinale, non la revoca della sentenza, la quale pose fine allo scisma dei sostenitori di quell'antipapa.
L'A. lasciò Barcellona il 3 marzo 1419, giungendo a Firenze il 20 aprile; vi si trovò subito interessato alle difficili trattative tra Martino V e Braccio da Montone, per la questione del vicariato dell'Umbria, ma riuscì a realizzare la pace nel 1420. Rientrato a Roma, morì a Tivoli il 17 sett. 1422, e fu sepolto a S. Maria in Vallicella.
L'A. aveva avuto anche interessi culturali che lo avevano messo in relazione con gli esponenti dell'umanesimo fiorentino, tra i quali Leonardo Bruni.
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