Salviati, Alamanno
Alamanno di Averardo di Alemanno S. nacque nel 1459 in una delle più illustri famiglie fiorentine (originaria di Fiesole e legata fin dal Medioevo alla potente casa ghibellina dei Caponsacchi), dedita tanto all’attività bancaria quanto al commercio della lana e della seta (Pinchera 1999, pp. 1-3). Studens humanis litteris presso lo Studio fiorentino (Verde 1977, pp. 9-10), S. fu in giovinezza amico di Lorenzo il Magnifico: dietro suo consiglio sposò il 12 settembre del 1482 Lucrezia Capponi (1465-1529), da cui ebbe dieci figli. Negli anni della Repubblica, S. si affermò come una figura politica di primo piano: nel 1499 fu eletto ambasciatore presso il re di Francia Luigi XII che, conquistando il ducato di Milano, aveva sconvolto gli equilibri politici della penisola; nell’estate del 1502 fu membro della Signoria quando Arezzo si sollevò contro il dominio fiorentino e, con Antonio Giacomini Tebalducci (→), venne incaricato di reprimere la ribellione. Nello stesso anno propose l’istituzione di un gonfaloniere perpetuo e sostenne la candidatura di Piero di Tommaso Soderini (→), nella mal riposta speranza di riaffermare con ciò l’egemonia ottimatizia. In questa fase, furono buoni anche i rapporti fra S. e M.: una lettera personale del primo al secondo, allora in legazione presso il Valentino, lascia trasparire amicizia e stima (23 dic. 1502, Lettere, pp. 78-79).
Negli anni successivi, la delusione di S. per la politica filopopolare di Soderini si trasformò in dura opposizione. Il conflitto fu aspro, in particolare, intorno alla costituzione di una milizia della Repubblica (cfr. Guidi 2009, pp. 142-46). Anche per conquistarne il consenso, nell’autunno del 1504 M. dedicava a S. il primo Decennale (→ Decennali) con una lettera proemiale, sia in latino sia in volgare, nella quale riconosceva di essere stato sollecitato alla composizione da S. stesso (Inglese 1983-1984, p. 120). Il poemetto lodava l’istituzione del gonfalonierato perpetuo e auspicava la creazione della nuova milizia. La reazione di S. fu tutt’altro che positiva, tanto che nel 1506 l’opera uscì a stampa per le cure di Agostino Vespucci priva della dedica a S. (Sasso 1988, pp. 111-13, 165-72). Una lettera di Biagio Buonaccorsi riferisce un risentito e aspro giudizio di S. su M., dove sarà da vedere probabilmente anche un riferimento alla dedica del Decennale: «Alamanno [...], parlando di voi, disse: “Io non comissi mai nulla a cotesto ribaldo, poi che io sono de’ Dieci”, seguitando el parlare in questa sentenzia o meglio» (B. Buonaccorsi a M., 6 ott. 1506, Lettere, p. 145). Alla fine del 1507, S. fu probabilmente fra coloro che impedirono l’invio di M. in missione presso l’imperatore (→ Appendice: Biografia). Un miglior rapporto personale pare invece attestato dallo scambio di lettere del 28 settembre-4 ottobre 1509; la missiva di M. (Lettere, pp. 195-99; cfr. anche Luzzati, Sbrilli 1986) contiene un ampio resoconto della politica imperiale in Italia dopo la rotta inflitta ai veneziani ad Agnadello; la responsiva di S. è elogiativa («Il discorso tuo è bellissimo; quale io ho mostro a questi signori condottieri e signori consoli [...] e da tutti è stato assai commendato», Lettere, p. 200), e M. ne risulta, in qualche modo, l’autentico responsabile della linea politico-diplomatica della città:
Ricordovi bene fate ogni diligenzia di mantenere insieme il Cristianissimo, la Santità di Nostro Signore et il Cattolico, et avvertite che una desperazione non facessi fare di quelle cose a qualcuno di che nascessi la totale rovina d’Italia (p. 200).
S. morì, dopo lunga malattia, il 24 marzo 1510. Francesco Guicciardini, che ne aveva sposata la figlia Maria, spende parole di viva ammirazione per la rettitudine, l’amor patrio e le capacità politiche di S. nelle Storie fiorentine, dove si sofferma in particolare sull’intervento risolutivo svolto dal suocero ad Arezzo (Storie fiorentine dal 1378 al 1509, a cura di A. Montevecchi, 1998, pp. 230-31), e nelle Ricordanze. L’archivio di famiglia (oggi presso la Scuola Normale Superiore di Pisa) conserva appunti autobiografici di S., insieme con un cospicuo numero di documenti legati a vicende imprenditoriali e politiche (Hurtubise 1985, pp. 59-70). Fra questi ultimi figurano le lettere degli Otto di Balìa inviate a S. e a Giacomini Tebalducci durante la loro commissaria ad Arezzo nel 1502; le lettere di Piero Soderini a S., tra l’ottobre del 1502 e l’ottobre del 1509 (una di esse, del 26 giugno 1503, è di mano di M., che verga anche una lettera inviata a S. dal commissario al campo di Pisa, Antonio da Filicaia; cfr. Luzzati, Sbrilli 1986).
Bibliografia: Fonti: F. Guicciardini, Ricordanze, in Id., Scritti autobiografici e rari, a cura di R. Palmarocchi, Bari 1936, pp. 58-67; F. Guicciardini, Storie fiorentine dal 1378 al 1509, a cura di A. Montevecchi, Milano 1998, pp. 230-31.
Per gli studi critici si vedano: A.F. Verde, Lo Studio fiorentino (1473-1503). Ricerche e documenti, 3° vol., Firenze 1977, pp. 910; G. Inglese, Contributo al testo critico dei Decennali di Niccolò Machiavelli, «Annali dell’Istituto italiano per gli studi storici», 1983-1984, 8, pp. 115-71, in partic. p. 120; P. Hurtubise, Une famille-témoin. Les Salviati, Città del Vaticano 1985, pp. 59-70; M. Luzzati, M. Sbrilli, Massimiliano d’Asburgo e la politica di Firenze in una lettera inedita di Niccolò Machiavelli ad Alamanno Salviati (28 settembre 1509), «Annali della Scuola Normale Superiore di Pisa», classe di Lettere e Filosofia, s. III, 1986, 3, pp. 82554; G. Sasso, Machiavelli e gli antichi e altri saggi, 2° vol., Milano-Napoli 1988, pp. 111-13, 165-72; V. Pinchera, Lusso e decoro. Vita quotidiana e spese dei Salviati di Firenze nel Sei e Settecento, Pisa 1999, pp. 1-3; A. Guidi, Un segretario militante: politica, diplomazia e armi nel cancelliere Machiavelli, Bologna 2009, pp. 142-46.