Pakula, Alan J.
Regista cinematografico statunitense, di origine polacca, nato a New York il 7 aprile 1928 e morto ivi il 19 novembre 1998. Protagonista della grande stagione del cinema americano degli anni Settanta, fu identificato con i suoi thriller politici e di denuncia. Opere come The parallax view (1974; Perché un assassinio) e All the President's men (1976; Tutti gli uomini del Presidente) saldano abilmente opera civile, adesioni ai cliché di genere e sperimentazione linguistica, offrendo un affresco non banale del clima di fobia e di sospetto tipico dell'America di quegli anni. Lentamente approdato a un cinema pervaso di nostalgia dolceamara e senso dello spettacolo, grazie a film di grande successo come Sophie's choice (1982; La scelta di Sophie), con il passare del tempo apparve smarrire la serrata vena polemica degli esordi. Dopo un periodo di crisi, però, divenne di nuovo protagonista negli anni Novanta in virtù di alcuni notevoli legal thrillers, come Presumed innocent (1990; Presunto innocente) e The Pelican brief (1993; Il rapporto Pelican). Nel corso della sua carriera venne candidato per tre volte all'Oscar.
Proveniente da una famiglia di ebrei polacchi, si diplomò alla Yale School of Drama per poi entrare nel 1949 alla Warner Bros. come assistente nel dipartimento animazione. L'anno successivo passò alla Metro Goldwyn Mayer, quindi si trasferì poco dopo alla Paramount dove arrivò a ricoprire il ruolo di produttore esecutivo e responsabile della pianificazione. Dopo un lungo sodalizio con il regista Robert Mulligan, nel 1969 esordì con l'anticonformista The sterile cuckoo (Pookie), interpretato da Liza Minnelli e debitore del cinema di Jean-Luc Godard e François Truffaut. Già in Klute (1971; Una squillo per l'ispettore Klute), con Jane Fonda, appaiono alcune costanti dei suoi film: utilizzo di un raffinato impianto di suspense, polemica rappresentazione della società americana, denuncia degli squilibri del potere. Escluso l'intermezzo di Love and pain and the whole damn thing (1973; Amore, dolore e allegria), delicata storia d'amore tra un giovane e un'anziana donna inglese, gli anni Settanta rappresentarono il momento più fulgido della sua carriera. Con The parallax view, interpretato da Warren Beatty, P. riuscì a raccontare un non troppo fantasioso complotto politico con un pessimismo inedito e una messa in scena cupa e alienante; con il celebre All the President's men, invece, seppe dimostrare che storia e fantasia non erano così lontane realizzando un'appassionante ricostruzione dell'indagine dei giornalisti B. Woodward e C. Bernstein intorno all'affare Watergate, cui non manca il tocco del più tipico glamour hollywoodiano dovuto alla presenza di Robert Redford e Dustin Hoffman. Il successivo Comes a horseman (1978; Arriva un cavaliere libero e selvaggio), tentativo di western politico ed elegiaco, segnò nell'ambito della sua carriera una battuta d'arresto, subito superata con Starting over (1979; E ora: punto e a capo), intenso dramma privato interpretato da Burt Reynolds e Jill Clayburgh. Dopo Roll-over (1981; Il volto dei potenti), deludente thriller finanziario, sembrò venir meno al regista l'humus politico-sociale su cui costruire un cinema basato su accurate e lucide analisi degli intrighi del potere. P. reagì rifugiandosi nel melodramma di grande confezione Sophie's choice, nell'horror Dream lover (1986), nel teatrale Orphans (1987; Un ostaggio di riguardo) e nella commedia agrodolce See you in the morning (1989; Ci penseremo domani), lasciando perplessi critici e ammiratori.
Complice un rinnovato interesse verso la fantapolitica e il grande successo letterario del legal thriller, P. riuscì negli anni Novanta a tornare al genere prediletto. Se Presumed innocent con Harrison Ford si limita a illustrare pedissequamente il plot di S. Turow, The Pelican brief , tratto da J. Grisham, mostra un regista tornato ai precedenti livelli, con una rinnovata forza polemica e un grande senso per le scene d'azione. Tra i due, Consenting adults (1992; Giochi d'adulti), affronta con toni non banali la nuova fobia occidentale: il terrore del vicino di casa e la tendenza all'isolazionismo più retrivo. The devil's own (1997; L'ombra del diavolo), con Harrison Ford e Brad Pitt, storia di un terrorista dell'IRA infiltratosi negli Stati Uniti, fu condizionato da vistosi problemi produttivi dovuti alle liti tra i protagonisti. Fu quello, nel bene e nel male, il testamento del regista, morto in un incidente automobilistico poco tempo dopo.
F. La Polla, Il nuovo cinema americano (1967-1975), Venezia 1978, pp. 110-15; G. Robbiano, Alan J. Pakula, Firenze 1984.