ALBANI
. Famiglia che si ritiene comunemente provenga dall'Albania, donde un Michele Lazii, nel 1464, sarebbe passato in Italia e avrebbe stabilito sua sede in Urbino. Qui i figli di lui, Giorgio e Filippo, avrebbero assunto il cognome di Albani. Dapprima uomini d'arme, a servizio della guerriera dinastia dei duchi d'Urbino, si volsero poi, verso la fine del sec. XVI e sui primi del seguente, agli uffizî civili, ed ebbero rapporti con la Curia romana, che, per estinzione della dinastia locale, si preparava a raccogliere l'eredità degli stati ducali.
Orazio A. (1576-1653) fu il primo che, per trattare appunto la devoluzione di quegli stati alla Sede apostolica, ebbe occasione di venire a Roma, come ambasciatore, e d'esservi tanto apprezzato da papa Urbano, che questi lo designò poi all'ufficio di senatore: ufficio che l'A. tenne con onore dal 1633 al 1645. Dei figli di Orazio, uno, Annibale, entrò nella carriera ecclesiastica; l'altro, Carlo, fu padre di Giovan Francesco che, entrato anche lui nella carriera ecclesiastica e divenuto poi cardinale e papa col nome di Clemente XI, pose il principio e il fondamento delle fortune della romana famiglia Albani. Comincia allora la serie dei grandi cardinali che illustrarono la famiglia e che ebbero, per circa un secolo, una parte molto importante nella storia di Roma e della Chiesa: Annibale (1682-1751) e Alessandro (1672-1779) anzitutto, ambedue nipoti di Clemente XI e mecenati. Più famoso il secondo, protettore del Winckelmann e intenditore e raccoglitore di oggetti d'arte. Una sua prima collezione di statue, acquistata da Clemente XII, fu il fondamento del nuovo Museo capitolino; una raccolta di medaglioni formò il primo nucleo del medagliere pontificio; la famosa villa sulla via Salaria, da lui costruita, parve incarnare la passione per l'antiquaria allora dominante, e diede l'idea e l'esempio della nuova villa-museo. E intanto, nell'altro palazzo, acquistato dai Mattei alle Quattro Fontane, si veniva formando quell'insigne biblioteca Albani che, dopo le perdite subite durante il periodo della prima repubblica romana, soffrì poi l'ultima dispersione all'estinguersi della famiglia.
Gian Francesco (1720-1803), terzo dei cardinali Albani e nipote dei precedenti, seguitò le tradizioni della famiglia, sia come uomo di gusto, sia come partigiano di Casa d'Austria, e quindi ostile alla nazione e al regime francese. Ultimo dei cardinali e forse, almeno politicamente, il più notevole di tutti, Giuseppe (1750-1834), nipote del precedente, fautore dell'impero d'Austria e capo del partito reazionario nel collegio cardinalizio. Pio VIII, di cui egli aveva determinato l'elezione, lo nominò suo segretario di stato, 1829-31; Gregorio XVI lo inviò a ristabilire nelle quattro Legazioni l'ordine turbato dalla rivoluzione del '31: il che gli guadagnò odio, e fama di soverchia severità.
La famiglia si estinse nel 1852 con la morte del principe don Filippo. Ma non va omesso che un altro ramo della medesima famiglia e della medesima provenienza si sarebbe stabilito, circa lo stesso tempo del primo, anche in Bergamo; ad esso appartiene quel Gian Girolamo A. (1504-91), canonista e autore di apprezzate opere, quali De donatione Constantini, De cardinalatu, ecc., che nel 1570 divenne cardinale.
L'arma è di azzurro con una riga accompagnata da una stella nel capo, e da una montagna di tre cime movente dalla punta, il tutto d'oro.
Bibl.: G. Moroni e P. E. Visconti, Città e famiglie dello Stato Pontificio, III, 3-110. - Per i varî cardinali, cfr. Dictionnaire d'histoire et de géographie ecclésiastiques, II, 1369-73, e la bibliografia ivi citata.