Vedi Albania dell'anno: 2012 - 2013 - 2014 - 2015 - 2016
Fin dal secondo dopoguerra, l’Albania è stata caratterizzata da un regime comunista di stampo stalinista, isolazionista e anti-revisionista. L’osservanza e la pratica politica posero l’Albania in netto contrasto con la dottrina ufficiale sovietica adottata dal 1956 dall’allora segretario del Pcus Nikita Chruščev rendendo di fatto il regime di Enver Hoxha un caso unico in Europa. Dalla fine del bipolarismo il paese ha affrontato un lungo e travagliato periodo di transizione durante il quale si è progressivamente aperto all’economia di mercato, provando ad agganciarsi alle strutture euro-atlantiche. Il processo di avvicinamento aveva come obiettivo una piena inclusione nelle principali organizzazioni internazionali: un passo fondamentale è stato compiuto con l’ingresso nella Nato nel 2009. Il paese ha inoltre aderito ai più importanti forum globali e regionali come la Banca mondiale, il Fondo monetario internazionale e l’Organizzazione della cooperazione economica del Mar Nero (Bsec), non riuscendo tuttavia ad entrare nell’Unione Europea (Eu) per la quale solo nel 2014 ha ottenuto lo status di candidato ufficiale all’ingresso.
Sul piano bilaterale, il paese ha rapporti privilegiati soprattutto con l’Italia, che costituisce uno sbocco naturale per gli scambi commerciali ed è la patria d’adozione di un’ampia comunità albanese. Il legame con Roma serve inoltre a consolidare e ad espandere i rapporti con il resto dell’Europa occidentale. L’Albania ha coltivato anche un rapporto privilegiato con gli Usa, con cui intrattiene rapporti saldi e volti a un rafforzamento della cooperazione strategica.
Accanto all’Eu e agli Usa, una terza direttrice della politica estera albanese volge verso l’area balcanica. L’Albania punta a costruire buoni rapporti con i vicini. Tuttavia il tradizionale sostegno assicurato all’istanza indipendentista del Kosovo – paese a maggioranza albanese – continua a creare attriti con la Serbia, sebbene con il premierato di Edi Rama i rapporti con Belgrado siano nettamente migliorati, come dimostrato anche dalla storica visita del primo ministro albanese nella capitale serba il 10 novembre 2014 (la prima dal 1946, quando Hoxha incontrò a Belgrado il maresciallo Tito), ricambiata dall’omologo serbo Aleksandar Vučić, in missione a Tirana il 27 maggio 2015. Al tempo stesso la discriminazione delle minoranze albanesi genera tensioni con Grecia e Macedonia. I rapporti con la Turchia, erede dell’Impero ottomano a cui l’Albania apparteneva, sono attualmente buoni, anche in virtù della comune appartenenza alla religione musulmana. L’Albania è l’unico paese europeo, assieme alla Turchia, a far parte dell’Organizzazione della cooperazione islamica (Oic).
Il sistema istituzionale albanese è caratterizzato da un parlamento unicamerale, con 140 seggi. Il presidente della repubblica, attualmente Bujar Nishani (in carica dal 24 luglio 2012), è eletto per cinque anni e ha compiti cerimoniali, mentre il potere esecutivo è affidato al primo ministro, nominato dal presidente e confermato dalla maggioranza del parlamento. A partire dal 15 settembre 2013 il governo è guidato dall’ex sindaco di Tirana ed esponente del Partia Socialiste e Shqipërisë (Partito Socialista d’Albania, Pssh) Edi Rama, succeduto all’ex presidente della Repubblica e storico leader del Partia Demokratike e Shqipërisë (Partito Democratico d’Albania, Pd), Sali Berisha. L’esecutivo può contare su una vasta maggioranza parlamentare di 84 seggi su 140 grazie ad un’alleanza tra oltre trenta formazioni politiche, tra cui il Partito socialista, il Movimento socialista per l’integrazione (Lsi) di Ilir Meta, il Partito dell’Unione per i diritti umani (Pbdnj), il Partito socialdemocratico (Psd) e il Partito cristiano democratico (Pkdsh).
Il 95% della popolazione è albanese, il 3% greco, mentre il restante 2% è composto da minoranze etniche eterogenee tra cui valacchi, rom, serbi, macedoni, montenegrini, gorani e bulgari. Quanto alle appartenenze religiose, circa il 70% della popolazione è musulmano, il 20% albanese ortodosso, il 10% cristiano cattolico. Sono infine presenti piccole comunità ebraiche, soprattutto nella capitale Tirana. Notevole, invece, l’importanza delle minoranze albanesi nell’intera regione balcanica. Un’importante comunità di emigrati è presente in Italia e Grecia, dove si contano quasi 500.000 albanesi. Altre destinazioni dell’emigrazione albanese sono il Regno Unito e gli Stati Uniti.
L’Albania è anche uno dei paesi dai quali partono e transitano uomini, donne e bambini vittime della tratta di esseri umani a fini di sfruttamento sessuale e lavoro forzato, diretti prevalentemente verso Grecia, ma anche Italia, Macedonia, Kosovo, Spagna, Francia e Regno Unito. Al fine di combattere questa piaga, il nuovo governo ha preparato un piano a lungo termine che prevede l’impiego di sostanziose riserve finanziarie. L’Albania è altresì paese di transito per rifugiati e richiedenti asilo che dal Medio Oriente raggiungono l’Europa attraverso la rotta balcanica. Il flusso di immigrati irregolari residenti in Albania nel 2013 è aumentato di quattro volte rispetto al 2010. Inoltre, anche se piccolo, il numero di persone che chiedono asilo in Albania è aumentato in modo significativo dalle 10 nel 2012 alle 158 del 2013. Nonostante la lenta ma progressiva fase di crescita economica degli ultimi anni, sono inoltre ancora numerosi gli albanesi che richiedono asilo in altri paesi d’Europa, in particolare in Italia, Grecia, Germania e Francia. Con 16.950 domande inoltrate nel 2014, l’Albania si classifica al 10° posto tra i paesi i cui cittadini fanno richiesta d’asilo in stati Eu.
L’indice di sviluppo umano pone l’Albania al 95° posto nella classifica mondiale 2014. Il tasso di alfabetizzazione è del 97,6%, ma il lavoro minorile è diffuso e si attesta intorno al 12%. Circa il 96% della popolazione albanese ha accesso all’acqua potabile e dispone di strutture sanitarie adeguate. Nelle istituzioni le donne sono ancora molto sottorappresentate, sebbene nel nuovo governo Rama siano presenti sei ministre, record assoluto nella storia politica del paese. L’accesso a Internet è molto limitato, soprattutto nelle aree rurali più remote, nonostante la tendenza indichi un generale aumento degli utenti.
Per quanto riguarda i diritti civili e politici, il settore dell’informazione e la piaga della corruzione rappresentano aspetti particolarmente critici. L’informazione è influenzata dagli interessi politici ed economici dei proprietari dei media e i giornalisti sono spesso vittime di intimidazioni e attacchi che ne limitano la libertà. Nel complesso, la democrazia albanese è ancora in una fase di transizione e di consolidamento. Anche la corruzione rappresenta un’emergenza nazionale: l’Albania è al 110° posto nella classifica mondiale di Transparency International per il 2014.
L’economia albanese è prevalentemente basata sulle rimesse degli emigrati che coprono circa l’8% del pil, anche se la difficile situazione economica soprattutto in Grecia rischia di comprometterne i flussi. Altro settore di punta è l’agricoltura che ricopre ancora un ruolo di rilievo (generando circa il 20% del pil), pur essendo caratterizzato da imprese di piccole dimensioni, infrastrutture insufficienti e bassa produttività. L’industria è poco sviluppata e conta per il 14,9% del pil. I prodotti esportati sono soprattutto quelli tessili e le calzature, che generano circa il 43% dei proventi totali. L’Italia rappresenta il primo partner commerciale dell’Albania con una quota sull’interscambio del paese con l’estero pari a circa il 37%. Altri partner commerciali sono, in misura minore, la Grecia, la Cina e la Turchia. Ciò comporta una parziale dipendenza dell’economia albanese dal controvalore delle esportazioni: la contrazione degli scambi legata all’aggravarsi della crisi economica in Italia e in Grecia ha avuto quindi pesanti ricadute anche sull’Albania. Le principali vulnerabilità riguardano il deficit fiscale e l’indebitamento pubblico, nonché la dipendenza dall’economia dei paesi dell’area euro, ancora in lenta ripresa. Nell’ultimo biennio, l’Albania è riuscita ad attrarre molti investimenti diretti esteri, invertendo una tendenza tradizionalmente poco attraente a causa delle carenze nella pubblica amministrazione e nel sistema giuridico, della corruzione e delle insufficienti infrastrutture e forniture di elettricità. I settori più attraenti sono quelli energetico, edilizio, minerario ed estrattivo, manifatturiero (tessile e calzaturiero), turistico e agricolo.
Il paese non ha ancora portato a termine quelle riforme strutturali utili a garantire una transizione verso l’economia di mercato. Per il 2015, il Fondo monetario internazionale ha stimato una crescita del pil pari al 2,7%, confermando una crescita complessiva annua media di quasi mezzo punto percentuale. Nel contempo, la disoccupazione coinvolge il 16% della popolazione attiva. L’Albania resta uno dei paesi più poveri in Europa, con un pil pro capite pari a 11872 dollari nel 2015. L’Albania possiede alcuni giacimenti petroliferi ma è dipendente dalle importazioni per il 27% del proprio fabbisogno energetico. Si registrano inoltre periodi di scarsità di energia elettrica dovuti alla mancanza di infrastrutture. Di rilievo lo sviluppo dell’energia idroelettrica, che oggi genera la quasi totalità dell’elettricità consumata dal paese e che ha contribuito alla progressiva riduzione delle emissioni di CO2. L’Albania è destinata ad assumere un ruolo di primo piano nella strategia energetica europea: dal territorio albanese passerà infatti la Trans-adriatic pipeline (Tap), che condurrà il gas azero verso l’Italia.
L’ingresso dell’Albania nella Nato nel 2009 (assieme alla Croazia) rappresenta il punto più alto sia della politica estera albanese sia dei rapporti con i paesi occidentali. Dalla caduta del comunismo il paese ha contribuito con propri contingenti militari alle missioni di stabilizzazione della Bosnia Erzegovina, dapprima nell’ambito della forza multilaterale della Nato (Sfor) e successivamente dell’Operazione Eufor “Althea”. L’Albania fornisce inoltre assistenza logistica alla missione in Kosovo (Kfor) e ha offerto protezione e rifugio a migliaia di kosovari durante il conflitto della fine degli anni Novanta.Dal 2013 Tirana ha inviato un contingente in Mali come parte della missione europea di addestramento delle forze di sicurezza maliane Eutm. L’alleanza strategica con gli Stati Uniti è stata consolidata dalla partecipazione albanese alle operazioni a guida statunitense in Afghanistan (dal 2001) e in Iraq (2003). In Afghanistan, l’Albania ha partecipato ad ‘Enduring Freedom’ con 290 unità alla missione Isaf della Nato, mentre attualmente ha ancora 43 soldati nel paese asiatico nell’ambito della missione Resolute Support. Elemento di crescente rilevanza per la cooperazione regionale e bilaterale è la lotta alle reti transfrontaliere della criminalità organizzata e ai network di reclutamento salafiti e jihadisti dello Stato islamico nei Balcani per combattere in Iraq e in Siria. Per il 2014, la spesa militare albanese conta per l’1,01% del proprio pil nazionale.
Fin dalla fine del regime comunista, l’Albania ha avuto tra i suoi principali obiettivi di politica estera l’avvicinamento all’Unione Europea. Dopo la firma nel 1992 di un primo accordo sul commercio e la cooperazione economica, Tirana e Bruxelles hanno avviato le trattative per l’Accordo di stabilizzazione e associazione (Asa) nell’ambito del processo di stabilizzazione e associazione (Sap) volto ad avvicinare gradualmente i paesi dell’Europa sud-orientale all’Eu. L’accordo è stato firmato nel 2006 ed è entrato in vigore il 1° aprile 2009, mentre nel novembre del 2010 l’Eu ha approvato il sistema di abolizione dei visti per i cittadini albanesi, così come per quelli bosniaci. Il processo di adesione ha subito una svolta quando i ventotto membri dell’Unione hanno accettato di concedere all’Albania lo status di paese candidato all’ingresso nell’Unione Europea durante il Consiglio europeo del 26-27 giugno 2014. L’apertura ufficiale dei negoziati di adesione resta tuttavia soggetta all’attuazione di riforme in cinque settori chiave (pubblica amministrazione, stato di diritto, lotta alla corruzione e alla criminalità organizzata, rispetto dei diritti fondamentali) oltre che alla riduzione della polarizzazione politica.
Fin dall’insediamento nel 2013, l’azione del governo socialista guidato da Edi Rama è stata imperniata su una ridefinizione e una riorganizzazione della struttura politico-amministrativa nazionale volta a migliorare la trasparenza, l’efficienza e l’efficacia nell’utilizzo delle risorse. Obiettivi di lungo periodo del governo Rama sono gli stessi (non raggiunti) dell’ex premier Sali Berisha: lotta alla criminalità organizzata e alla corruzione endemica, seria implementazione di riforme economiche e sociali, utili ad abbassare il debito pubblico nazionale che pesa per il 73,3% sul pil. Tuttavia la loro ritardata implementazione ha portato l’opposizione albanese a contestare duramente le politiche economiche fin qui adottate dall’esecutivo in carica a causa, soprattutto, del rincaro dei costi dell’energia elettrica e dell’aumento dell’imposizione fiscale. In politica estera, invece, l’amministrazione Rama punta all’ingresso entro il 2020 nell’Unione Europea e nonostante alcuni episodi di tensione in particolare con la Serbia a causa della questione kosovara e delle strumentalizzazioni politiche del cosiddetto progetto di “Grande Albania”, allo sviluppo di relazioni di buon vicinato con tutti i paesi dell’area balcanica.
Nei decenni post-transizione Hoxha, l’Albania ha conosciuto lo sviluppo di alcuni fenomeni criminali e il proliferare di organizzazioni illegali dedite, soprattutto, al traffico di sostanze stupefacenti e alla prostituzione di giovani donne clandestine. Le cause di tali fenomeni sono in parte legate alla posizione geografica strategica, in parte al carente controllo delle autorità locali sul territorio. In virtù di tali deficienze, la mafia albanese è riuscita con facilità a controllare ampie parti di territorio, piegandole ai suoi traffici clandestini. Si stima che gran parte dell’eroina e della cocaina – quest’ultima proveniente dal Sudamerica – che entra in Europa transiti per i Balcani e più precisamente dall’Albania. Infatti, situata sulla direttrice che da oriente porta verso occidente, l’Albania è una sorta di hub per i flussi di migrazione clandestina, droga, armi e prostituzione – oggi l’attività più lucrativa per la mafia albanese – verso l’Italia e, da lì, verso il resto d’Europa. A contribuire a questo successo criminale ha inciso anche la capacità della mafia albanese di essere ben radicata sui territori confinanti, in virtù dei contatti privilegiati con le altre organizzazioni illegali come le mafie turca, russa, montenegrina e la Nuova sacra corona unita in Italia. A preoccupare le autorità albanesi è inoltre il crescente avvicinamento delle organizzazioni criminali locali all’ideologia jihadista, come dimostrerebbero una serie di attacchi contro le forze di polizia e lo smantellamento di alcune cellule attive nel reclutamento e nell’addestramento di aspiranti combattenti dello Stato islamico.