ALBANIA
(II, p. 97; App. I, p. 77; II, I, p. 107; III, I, p. 56; IV, I, p. 73)
Condizioni demografiche e sociali. - Al censimento del 1982 la popolazione era di 2.786.100 ab., con un aumento in 22 anni del 46,2%. Nel 1989 gli abitanti stimati ammontavano a 3,2 milioni, corrispondenti a una densità di 111,3 ab. per km2.
L'incremento della popolazione è stato favorito dalla rapida diminuzione del tasso di mortalità (dal 17,8‰ nel 1938, al 7,0‰ nel 1969, al 5,6‰ nel 1988). L'età media da 38,2 anni nel 1938 è salita a 68 nel 1963 e a 72 nel 1988. Quanto all'indice di natalità, che pure aveva raggiunto la sua punta massima nel 1960 (43,4‰), presenta anch'esso una flessione, essendo sceso al 35‰ nel 1969 e al 25,9‰ nel 1988.
Un aspetto caratteristico dell'A. è la percentuale ancora elevata della popolazione sparsa (praticamente i due terzi della popolazione) nonostante il progressivo spopolamento delle campagne. Le città hanno subito un notevole incremento degli abitanti. Nel periodo 1955-87, Tirana è passata da 59.887 a 225.700 ab., assumendo l'aspetto di una città moderna, con notevole presenza di industrie e di istituzioni culturali; Durazzo, da 14.031 a 78.700 ab., si pone al secondo posto quale maggiore centro commerciale di tutto il litorale albanese; Scutari, da 33.852 a 76.300 ab., è la terza città albanese. Alla crescita urbana è seguito anche il miglioramento delle strutture scolastiche e sanitarie. Il sistema dell'istruzione pubblica si è consolidato, rendendo quasi inesistente l'analfabetismo tra i giovani. Un importante contributo allo sviluppo della cultura viene dato dall'Accademia delle Scienze, istituita nel 1972, e da vari centri e istituti di ricerca. L'assistenza sanitaria è gratuita ed estesa anche alle aree più remote del paese; attualmente vi è un medico ogni 583 abitanti, mentre nel 1973 il rapporto era di 1 a 830. Nel 1986, 797 ospedali disponevano di 17.600 posti-letto.
In espansione sono anche l'editoria e la stampa: vengono pubblicati 130 fra giornali e bollettini scientifici, oltre a 6 riviste in lingua straniera. È migliorata la diffusione degli apparecchi radio (1 su 6 ab. nel 1985 rispetto a 1 su 13 ab. nel 1972) e dei televisori (1 su 13 ab. nel 1985 rispetto a 1 su 762 ab. nel 1972).
Condizioni economiche. - L'indirizzo economico dell'A. è ancora oggi prevalentemente agricolo anche se le attività industriali, per quanto modeste, da un trentennio a questa parte hanno assunto proporzioni sempre maggiori. Si tratta di un'agricoltura modernizzata, che ha trovato piena attuazione con i piani quinquennali. Nel 1983, su una superficie utilizzata di 1.113.000 ha (38,7% della superficie territoriale), erano distribuite 500 cooperative e 50 aziende agricole statali. Queste ultime svolgono un'azione rilevante nel processo di trasformazione collettivista delle campagne e il loro sviluppo è in gran parte connesso con l'utilizzazione delle nuove terre bonificate, con il terrazzamento dei suoli in pendenza e con lo sfruttamento dei terreni meno fertili. La politica di piano, che nel 1990 ha concluso l'8° quinquennio, ha realizzato notevoli incrementi della superficie produttiva grazie alle opere di bonifica. Tra il 1970 e il 1983 gli arativi sono aumentati del 27,7%. È diminuita, invece, l'area boschiva (dal 42,9% al 36,9% della superficie territoriale) e la produzione di legname risulta ancora elevata (nel 1987 è stata di 2.330.000 m3).
Variazioni positive e apprezzabili si riscontrano per le colture erbacee e, in modo particolare, per il frumento, il cui rendimento medio per ha è passato dai 15 q del 1970 ai 27,9 q del 1985, e per il mais, i cui valori sono di 14,8 q nel 1970 e di 42,1 q nel 1985. Tra le colture legnose, l'olivo assume notevole importanza ed è principalmente distribuito nelle aree collinari della fascia a clima mediterraneo. Il patrimonio zootecnico è quanto mai ricco, soprattutto se rapportato alle esigenze della popolazione. Il miglioramento, più qualitativo che numerico, di alcune specie (bovini e suini) ha contribuito a consolidare il settore, tradizionalmente legato all'allevamento degli ovini e caprini. Buone prospettive presenta l'attività della pesca, sia nelle acque marittime sia in quelle interne (12.468 t di pesce nel 1987).
Il settore industriale, in cui operano aziende statali e cooperative, è quello che ha realizzato le maggiori affermazioni. Contemporaneamente alla riorganizzazione tecnica e amministrativa di alcune attività preesistenti, sono stati installati nuovi impianti. Le attività minerarie, avvalendosi di periodiche ricerche sulla struttura geologica del paese, hanno portato ad apprezzabili incrementi della produzione di combustibili − il petrolio (3.000.000 di t nel 1987 a Qyteti Stalin, Marinëz, Patos), il carbone, in gran parte lignite (2.184.000 t nel 1988, ad Alarup, Memaliaj, Mborje-Drenovë, Krrabë) e il gas naturale (440 milioni di m3 nel 1985 − e delle piriti cuprifere (15.000 t nel 1987), nonché dei minerali di nichel (10.500 t nel 1987) e di ferro.
Il grado di sviluppo industriale e lo stato di benessere raggiunti dalla popolazione possono essere valutati attraverso la produzione di energia elettrica: da 125 milioni di kWh prodotti nel 1957 si è passati a 1250 milioni nel 1972 e a 3840 milioni nel 1987 (per 2/3 di origine idrica). L'energia elettrica, oltre a soddisfare le esigenze del paese, viene esportata (ben 2000 milioni di kWh nel 1984). Fra le industrie, il settore chimico è indubbiamente il più giovane e ha raggiunto un intenso sviluppo. Vengono prodotti fertilizzanti azotati (Laç e Fier), acido solforico e soda caustica (Valona), ammoniaca, acido nitrico e azoto (Fier), cosmetici, colori e materie plastiche. Notevole impulso ha avuto pure la raffinazione del petrolio attraverso gli impianti di Qyteti Stalin, Cërrik e Fier.
Nel campo della siderurgia si annovera l'impianto di Elbasan, mentre in quello della metallurgia del rame si segnalano gli stabilimenti di Bicaj, Kurbnesh, Rubik (15.000 t di metallo nel 1988). L'industria meccanica ed elettromeccanica è presente nei distretti di Tirana, Scutari, Durazzo e Koerçë; particolare importanza assume la produzione di strumenti di misura, motori elettrici, macchine agricole e mezzi vari di trasporto. Anche per i settori tradizionali, completamente ristrutturati, si registrano incrementi nella produzione.
Commercio e comunicazioni. - L'intensità del commercio albanese è strettamente collegata agli incrementi registratisi nella produzione e alle variazioni merceologiche. I principali scambi commerciali si svolgono con la Repubblica popolare di Cina, con i paesi del COMECON e con Francia, Repubblica Federale di Germania, Italia e Grecia. La bilancia commerciale è ancora passiva, anche se il deficit tra il valore delle merci importate ed esportate tende annualmente a ridursi.
Le vie e i mezzi di comunicazione sono notevolmente migliorati in questi ultimi anni. Potenziata la rete stradale, le ferrovie sono passate da 302 a 509 km. La flotta mercantile, inesistente nel 1960, ha raggiunto 20 navi nel 1988, per complessive 56.133 t.s.l. Il principale emporio marittimo è Durazzo, che costituisce anche il maggiore ganglio ferroviario del paese. I collegamenti aerei internazionali sono assicurati dall'aeroporto di Rinas, presso Tirana.
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Storia. − L'alleanza cino-albanese, asse fondamentale della politica internazionale dell'A., s'incrinò a seguito dell'apertura della Cina agli USA (1972). I rapporti fra i due paesi si deteriorarono ulteriormente con la morte di Mao Zedong (1976), fino a essere anche formalmente interrotti quando l'A. si schierò con il Vietnam nella disputa che oppose quest'ultimo paese alla Cina (1978, questione cambogiana). La Cina sospese gli aiuti militari ed economici, e l'A., perso ogni riferimento a Est, s'impegnò a uscire dall'isolamento migliorando le sue relazioni sia con i paesi dell'Europa occidentale, come aveva già fatto nel 1961 dopo la crisi con l'Unione Sovietica, sia con i paesi limitrofi, Iugoslavia e Grecia. In Europa furono avviati contatti con la Francia, l'Italia e la Gran Bretagna (1985) e si stabilirono relazioni diplomatiche con la Spagna (1986) e con la Repubblica Federale di Germania (1987). Con la Grecia furono firmati accordi di cooperazione (1984) e fu formalmente interrotto lo ''stato di guerra'' che durava dal 1940 (1987). Con la Iugoslavia ci fu un riavvicinamento sul piano della cooperazione economica (1980), ma i rapporti con quel paese restano tesi a causa della questione del Kosovo. Sul piano interno la nuova Costituzione (1976) lasciò immutato l'assetto istituzionale dell'A., che continuò a essere governata formalmente dai 250 deputati dell'Assemblea del popolo (eletti a suffragio universale ogni 4 anni in una lista unica) e dal Consiglio dei ministri. Di fatto tutto il potere restava all'Ufficio politico del Partito (comunista) del Lavoro Albanese (PLA) e al suo primo segretario, E. Hoxha. Una grave crisi interna si ebbe nel 1981 quando, in circostanze poco chiare, morì M. Shehu.
Shehu era stato il responsabile della ''rivoluzione culturale'' del 1966, presidente del Consiglio dei ministri fin dal 1954. L'anno precedente era stato già sollevato dalla carica di ministro della Difesa. La versione ufficiale parlò di suicidio, ma altre fonti suggerirono il suo coinvolgimento in una lotta per il potere con Hoxha. Lo stesso Hoxha affermò l'anno successivo (1982) che Shehu era stato il capo di una congiura ordita per assassinarlo, mentre più tardi si fece trapelare che aveva lavorato come agente segreto a favore di potenze straniere (si parlò prima degli USA, poi dell'URSS, infine della Iugoslavia).
Nell'aprile 1985 morì Hoxha: fu sostituito nella carica di primo segretario del PLA da R. Alia, già eletto capo dello stato nel novembre 1982. In seguito alla crisi del comunismo nei paesi dell'Est, Alia, che era stato confermato primo segretario del PLA (novembre 1986) e capo dello stato (febbraio 1987) inaugurò una politica di caute aperture. Nel maggio 1990 furono limitati i casi che prevedevano la pena di morte, furono aboliti i reati di propaganda religiosa e fu promessa una maggiore liberalità nella concessione dei passaporti. Nel luglio 1990 vennero ristabilite le relazioni diplomatiche con l'URSS (interrotte dal 1961). Nel novembre 1990 fu approvata una nuova legge elettorale che prevedeva il voto segreto e la possibilità di presentare candidati esterni al partito nelle elezioni previste per il febbraio del 1991. Nacquero, sulla spinta di imponenti manifestazioni di piazza e a seguito della cosiddetta ''crisi dei profughi'' (si trattava di cittadini albanesi che, rifugiatisi nelle ambasciate straniere, una volta ottenuto il passaporto, abbandonavano il paese), i primi partiti d'opposizione: nel dicembre 1990 il Partito democratico e nel gennaio del 1991 il Partito repubblicano e quello ecologista. I partiti di opposizione riuscirono a ottenere che le elezioni si tenessero il 31 marzo, mentre Alia si presentava come un comunista capace di guidare il paese nella fase di transizione e, da un lato, cercava aiuti economici all'estero, mentre all'interno concedeva l'indulto a un rilevante numero di prigionieri politici. Tutto ciò non impediva un'ondata di emigrazione verso la Grecia e, soprattutto, l'Italia. Le elezioni videro, col 64,5% dei suffragi, la vittoria del Partito (comunista) del lavoro, all'interno del quale, però, risultarono non eletti proprio i leaders favorevoli a un profondo rinnovamento del partito, fra i quali lo stesso Alia che, in base a un progetto di revisione costituzionale, potrebbe mantenere la carica di presidente. L'analisi del voto ha messo in luce che il Partito democratico, con il 27% dei voti, ha vinto nei grandi centri urbani, mentre il PLA ha ottenuto consensi soprattutto nelle campagne.
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Archeologia. − L'archeologia albanese nell'ultimo decennio è stata caratterizzata da una maggiore autonomia e disponibilità di mezzi anche in seguito all'istituzione, nel 1976, del Centro di ricerche archeologiche a Tirana e alla creazione del Museo nazionale archeologico di Tirana, separato dal 1981 dal Museo etnografico. La ricerca archeologica ha individuato tre temi principali: la dinamica di formazione del ceppo illirico; lo studio analitico degli abitati illirici dell'età del Ferro; le testimonianze tardoantiche e altomedievali, allo scopo di fornire un riscontro al supposto legame diretto tra civiltà illirica, civiltà degli Arberi e civiltà albanese moderna.
Il progresso della ricerca archeologica ha consentito di retrodatare il momento delle prime testimonianze umane sul suolo albanese: documentazioni relative al Paleolitico Medio provengono dai siti di Xara e Shën-Marina, nella regione di Saranda, e di Rrëzë e Dajtit, presso Tirana. I reperti più antichi dell'età neolitica provengono da Vlushë, sito che rappresenta la facies più remota del Neolitico Antico, testimoniato ora in A. da almeno tre fasi culturali, definite con i nomi dei siti più rappresentati: la cultura di Burim è caratterizzata dalla presenza di ceramica a barbotine, impressa e monocroma rossa, ed è accostata alla cultura di Starčevo i dei Balcani centrali; un'altra fase comprende più facies, geograficamente distinte: Kolsh i a Nord-Est, Vashtëmi-Podgori i a Sud-Est, Blaz ii a Nord-Ovest e al centro; particolarmente importante il sito di Podgori, che ha rivelato sette orizzonti d'insediamento e tre fasi di sviluppo culturale, con una grande quantità di ceramica dipinta bianco su rosso; esso viene accostato alle facies proto- e pre-Sesklo in Tessaglia e caratterizza anche la fase più recente del Neolitico Antico, testimoniata ampiamente anche dal sito in grotta di Blaz, i cui reperti appaiono invece affini ai tipi adriatici. Le cospicue emergenze del Neolitico Antico in A. caratterizzano dunque la regione come una zona di sutura tra i due ampi ambiti culturali neolitici, quello balcano-anatolico e quello adriatico. Gli scavi più recenti in siti già noti hanno apportato poi nuovi dati alla conoscenza delle fasi più evolute del Neolitico (Cakran-Dunavec per il Neolitico Medio, la seconda fase dell'abitato di Barc per il Neolitico Recente) e a quella dell'Eneolitico (Gradec e Burimas).
In un momento corrispondente alla facies di Maliq iii a (2100-1800 a.C.), nell'età del Bronzo Iniziale, si tende sempre più decisamente a inquadrare il fenomeno dell'arrivo di popolazioni indoeuropee, in migrazione unitaria o a ondate successive, responsabili, più chiaramente nell'ambito del Bronzo Medio, del processo di formazione dell'elemento proto-illirico, svincolato quindi dalle più tarde attestazioni di influenze culturali dei Campi di Urne. A questo fenomeno appaiono connessi la comparsa della ceramica cordée e importanti tratti culturali pertinenti alle sepolture in tumuli adottate nell'età del Bronzo e nell'età del Ferro, la cui indagine negli ultimi anni è stata ulteriormente approfondita (v. i tumuli di Kenëte e quelli scavati ultimamente a Burrel, risalenti alla prima fase dell'età del Ferro, 11°-10° sec., e poi ai secoli 6°-5° a.C.) e di cui si sono sottolineati i legami, nell'età del Bronzo, con l'area egea minoica e micenea, specialmente per alcune classi di manufatti, come le armi. Scambi e contatti si precisano anche, alla fine dell'età del Bronzo, tra le due sponde dell'Adriatico, com'è stato recentemente dimostrato dal ritrovamento a Toronica di Lezha di un ripostiglio di 124 asce di bronzo, tra le quali si segnalano alcuni tipi italici. Continuità fra età del Bronzo ed età del Ferro è stata inoltre ravvisata nella facies ''devolliana'', individuata nell'A. sudorientale e caratterizzata da ceramica dipinta a decorazione geometrica: essa, con varianti locali, si estende nell'età del Ferro illirica.
Notevoli i risultati delle ricerche condotte negli abitati fortificati − di cui oggi si conoscono esempi risalenti fino all'età neolitica − per i quali sono state proposte delle periodizzazioni a cui si attribuiscono convenzionalmente le definizioni di ''preurbano'', per i siti dell'età del Bronzo, di ''protourbano'' e ''urbano'' per i centri dell'età del Ferro. A proposito della già nota fase protourbana del 7°-6° sec. è stata sottolineata la compresenza di componenti di tradizione locale devolliana e di tipo Mat-Glasinac, legata quest'ultima alla cultura dardano-illirica del Kosovo, e di aspetti culturali mediterranei, contraddistinti dall'assimilazione di forme e modelli ellenici, derivati da un'intensa circolazione di merci e manufatti nelle regioni illiriche. Fra gli scavi più recenti si segnalano le testimonianze della fase protourbana di Butroto, il cui agglomerato fortificato del 6° sec. rappresenta l'embrione del successivo fiorente sviluppo urbano, di Badhra, di Margëlliç, di Mashkjeza, di Triport.
Per quanto riguarda le città illiriche che si svilupparono a partire dalla metà del 4° sec., recenti scavi hanno fornito nuove informazioni a proposito di Byllis, dove è stato completamente riesumato il teatro (5500 spettatori), e inoltre lo stadio, residenze a peristilio e le mura di cinta; di Lissos, dove sono state distinte e chiarite le fasi di città illirica autonoma e di municipio romano; di Finiq, già identificata con l'antico capoluogo della Chaonia, Phoinike, e ora indagata da nuovi saggi archeologici: i resti dell'agorà con il tempio di Atena, il ginnasio, il teatro testimoniano la fioritura della città, soprattutto tra 3° e 2° sec. a.C. Le emergenze di Mavrova inoltre identificano dubitativamente il sito con l'antica Olympe. Lo sviluppo urbano è ulteriormente testimoniato dagli scavi di Butroto, che rivelano una particolare intensità costruttiva tra 1° e 2° sec. d.C., nel periodo romano, e di Malathre, munita di una fortificazione rettangolare con torri angolari e accessi a falsi archi. Sul periodo urbano, e quindi sulle forme della vita politica, fanno luce i testi epigrafici in greco; all'interpretazione delle iscrizioni note si aggiunge continuamente la presentazione di nuovi ritrovamenti (si vedano le numerose epigrafi di Butroto, rappresentate essenzialmente da manumissioni servili).
Prosegue la ricerca anche nelle colonie greche: ad Apollonia, notevole l'imponente sistema difensivo, comprendente più fasi, con muro di mattoni del 4°-3° sec. a.C.; oggetti di scavo degli ultimi anni a Dyrrhachium sono state le necropoli, le cui testimonianze si estendono per un arco di tempo dal 7° sec. a.C. al 2° d.C., i resti dell'acquedotto di età adrianea e altri complessi minori, come un forno per ceramica del 1 sec. d.C. Per il periodo greco-romano importanti contributi sono arrecati dai rinvenimenti epigrafici e numismatici (per es. il tesoro di monete argentee di Hija e Korbit, rinvenuto nel 1982, e i cospicui reperti numismatici di Dimale). Lo studio delle emergenze archeologiche romane induce oggi gli archeologi albanesi a ravvisare una forte continuità illirica, turbata dalle pressioni della penetrazione romana, riscontrabile non solo a livello urbano, ma nell'organizzazione del territorio (si consideri la recente scoperta del teatro rurale nel villaggio di Sofratike, del 2° sec., e le dighe nella valle del Gjanica, del 1°-2° sec.). Sono essenzialmente i dati dell'epigrafia latina a recare oggi conferme e novità sul livello della romanizzazione e sull'amministrazione provinciale: notevoli da questo punto di vista i centri di Shkodra, Dyr rhachium, Byllis, Butroto, Lissos, dove recentemente nuovi testi hanno fornito preziose informazioni sulla vita del municipio (fra i testi inediti di particolare rilevanza si veda per es. l'iscrizione con la menzione di L. Domizio Enobarbo).
Con il 4° sec. d.C. si tende a identificare una ripresa dell'elemento illirico, evidente soprattutto a livello rurale; con questo fenomeno, oltre che con quello dell'organizzazione difensiva di età tardo-imperiale, vengono riconnesse le attestazioni delle fortezze tardoantiche, oggi ampiamente indagate: si tratta di fortificazioni a planimetria regolare, del tipo dei castra, destinate a ospitare le unità militari (per es. Vig, probabilmente Ad Picaria della Tabula Peutingeriana, Paleokastra) e di altre roccaforti. Alcune città illiriche documentano continuità di vita, con la sovrapposizione di fortificazioni tarde (Shkodra, Durrës-Dyrrhachium, Berat, Kanina, Butrint, Pogradec), mentre nuove fortezze sorgono disperse nel territorio (si vedano le fortezze di Kruja, di Bushat, di Onchesmos-Saranda, fra le più recentemente scavate). La facies culturale più notevole è quella di Koman (6°-7° sec.), rappresentata da una trentina di cimiteri nell'A. settentrionale e centrale, i cui corredi presentano negli oggetti d'ornamento sensibili affinità con le precedenti fasi illiriche e contribuiscono a definire questa facies come una tappa cruciale del processo evolutivo della cultura arbero-albanese (si veda in particolare la continuità documentata a Lissos e a Durrës), nella quale confluiscono anche componenti culturali bizantine. Notevoli oggi anche le testimonianze paleocristiane, in seguito a nuovi scavi e allo studio dei monumenti visibili: di particolare rilevanza le basiliche mosaicate, tra le quali si segnala per dimensioni quella di San Michele ad Arapaj.
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Arte . − La nascita di una coscienza nazionale per la liberazione da cinque secoli di dominio ottomano coincide alla fine dell'Ottocento con il risveglio dell'arte figurativa albanese. Questo accade prevalentemente in pittura, ove si opera una rottura rispetto alla perdurante tradizione bizantina: si affermano tematiche diverse da quella religiosa tradizionale, con un grande sviluppo della ritrattistica, e, sul piano formale, il realismo nella composizione, nello spazio e nel colore.
Esemplare l'opera più importante di questo periodo, Mia sorella Tone (1883), ritratto di una fanciulla che, benché cristiana, è costretta a coprirsi il volto con un velo bianco. Il quadro è ricco di sfumature psicologiche e di velature coloristiche, con quel senso della luce che si ritroverà in tutti i pittori che studieranno a Venezia. Ne è autore K. Idromeno (1860-1939), l'esperienza veneziana del quale si nota forse ancor più in Nozze a Scodra. Nato appunto a Scodra come N. Martini (1880-1916),che ha studiato a Parigi, Idromeno fa parte, insieme a S. Rrota (1887-1961), formatosi a Milano, di quel gruppo di pittori che, entrati in contatto con nuove esperienze, al ritorno in patria imprimono una svolta radicale all'arte albanese.
Oltre alla scuola di Scodra, che intrattiene rapporti con Venezia e Istanbul, l'altro importante centro di attività pittorica è Corizza (Korça).
La figura dell'eroe nazionale Skanderbeg, che si afferma anche iconograficamente come mito, diviene il soggetto favorito di alcuni artisti dilettanti: in pittura S. Xega (1876-1953), in scultura M. Toptani (1866-1918).
Dopo l'indipendenza (1912), nel periodo tra le due guerre mondiali, la ritrattistica assume a soggetto non più solo personalità eminenti della cultura e della storia albanesi, ma umili figure del popolo, visto nelle sue condizioni di vita miserabili, con un uso metaforico di colori cupi, densi come ne Il pastore di A. Kushi (1884-1958).
Diverso lo spirito e i colori dei paesaggisti come Z. Kolombi (1907-1949), pittore lirico-intimista, o come il più noto V. Mio (1891-1957), che ricava dall'esperienza veneziana una ricca produzione di paesaggi lagunari: l'acqua è tema prediletto (anche ne Il lago di Pogradec) per un pittore interessato sul piano formale ai giochi di luce, una calda luce di cui inonda, nel ritrarle, le strade e le case della nativa Corizza. Sarà lui a organizzare proprio a Corizza nel 1920 la prima mostra locale di arti figurative.
La prima esposizione nazionale si tiene nel 1931 a Tirana dove, nel 1933, viene fondata la Scuola di disegno. Vi insegnano A. Kushi e A. Buza (1905-1986), che ha studiato in Italia dal 1928 al 1933. Buza è sul piano formale e tematico la personalità più originale di tutta la moderna pittura albanese; benché già attivo in questo periodo con Madre e figli (1938), esporrà per sua scelta politica solo dopo il 1945. Gli allievi della scuola di Tirana, che funzionerà solo dal 1932 al 1939, completano gli studi all'estero: fino al 1943 in Italia, dopo il 1945 nei paesi socialisti; al ritorno costituiranno il nuovo nucleo degli artisti colti del dopoguerra (N. Zajmi, B. Sejdini, S. Kaceli). Nuovo e originale è anche il caso delle prime donne pittrici: le due sorelle Zengo, che hanno ottenuto dal padre di poter studiare ad Atene, non avendo fratelli maschi. Di A. Zengo (n. 1914) si tiene una personale nel 1937 a Tirana. In scultura, del 1924 è L'affamato, opera d'intensa drammaticità eseguita a Roma da O. Paskali (1903-1985), che dominerà la scena artistica albanese fino alla morte.
Finita la guerra di liberazione, nelle piazze si erigono i primi monumenti e busti commemorativi. Gli scultori si adeguano più rapidamente dei pittori al ''realismo socialista'', alle richieste, tematiche e formali, della nuova committenza, privilegiando comunque negli anni Cinquanta il soggetto individuale, l'eroe che da solo, miticamente o simbolicamente, riassume la lotta di un popolo.
Esemplare il caso di O. Paskali, che approda rapidamente ai temi più sentiti dagli scultori del nuovo corso: dal Ritratto della moglie Ketty (1946), psicologico-intimista, al Busto dell'eroe del popolo Vojo Kushi (1949), ai monumenti al poeta Naim Frasheri (1950) e a Stalin (1957). J. Paco (n. 1914) realizza nel 1959 a Kruja un monumento equestre a Skanderbeg, opera di forte tensione dinamica. K. Koljaka (n. 1916), scultrice di grande profondità psicologica, esegue nel 1954 il monumento a Lenin in Tirana. Nel 1952 viene fondata la Lega degli Artisti. Nel 1954 viene aperta a Tirana la Galleria nazionale d'arte moderna.
In pittura, nel seno della medesima corrente del ''realismo socialista'' si riscontrano le due tendenze coloristiche già evidenziate per gli anni tra le due guerre. La distinzione, però, non coincide più con quella tra ritrattisti e paesaggisti, attiene piuttosto ai diversi intenti psicologici con cui affrontare la realtà.
Nelle opere che ricordano la durezza delle precedenti condizioni di vita e l'asprezza della lotta per l'indipendenza, come in Bajram Curri nella grotta di Dragobie di G. Madhi (1922-1988), predominano le ombre, il verde-grigio, le ocre. Nelle opere celebrative della lotta di liberazione in un'ottica ottimistica rivolta al futuro della società socialista prevalgono, come ne Il mattino del 17 novembre di B. Sejdini, luci e ricchezza di colori accesi. In entrambi i casi è il colorismo a caricare di valori simbolici il realismo della composizione. Su tutti si eleva la pittura originale di A. Buza, che usa il rosso tipico della tradizione cinquecentesca di Onufri in funzione drammatica, come ne I Rifugiati (1957).
Nel campo della scenografia si distingue H. Devolli (n. 1924), in quello della caricatura Z. Bumci (n. 1917).
Negli anni Sessanta gli scultori non affrontano più solo impegni monumentali, come Il partigiano liberatore (1964) di O. Paskali, ma sperimentano anche la scultura di formato minore per ambienti interni: il busto di E. Hoxha (1965) dello stesso Paskali è diffuso in molte copie in tutta l'Albania.
Una terza tendenza, quella della creazione di opere collettive, che predominerà negli anni Settanta e Ottanta, comincia a realizzarsi in opere di grandi dimensioni, come nel Monumento equestre a Skanderbeg (1968), a Tirana, di O. Paskali, A. Mana, J. Paco. Negli stessi anni i pittori tendono a esprimere le nuove tematiche della società socialista albanese, a ciò anche ideologicamente preparati dall'Istituto superiore delle arti di Tirana.
Molte opere illustrano la vita delle masse lavoratrici, come I costruttori (1964) e Il cantiere della luce (1969) di D. Jukniu (n. 1934); questo tema penetra anche nelle tele dei paesaggisti, come nell'esaltazione del lavoro volontario della gioventù in Terrazzamenti a Lukova di S. Kaceli (n. 1914). Nella ritrattistica alle semplici figure del popolo si affiancano le immagini dei capi storici del marxismo: Z. Shoshi (n. 1939) con La giovane di Zadrima (1964), e V. Kilica (n. 1932) con Lenin (1964) e L'operaio (1966).
In generale gli artisti di questo periodo fanno uso di colori più intensi, espressivi e, progredendo tecnicamente, anche di un disegno più libero, sempre realistico. Emerge la personalità di S. Shijaku (n. 1933): ne L'artiglieria di Skanderbeg (1967) appare pittore vigoroso interessato all'aspetto sia spaziale-compositivo che coloristico. A. Buza privilegia invece i temi etnografici, coniugando il senso decorativo dell'arte bizantina con lo stile naïf dell'arte popolare: in Danza l'Albania (1969), tela famosissima riprodotta in migliaia di manifesti, imprime all'opera un senso del ritmo caratteristico, fortemente espressivo dello spirito profondo del popolo albanese e delle sue tradizioni; vi è un senso di unione e di gioia nei molteplici colori dei costumi di tutte le regioni, nel movimento di danza che passa incessantemente da una figura all'altra.
Negli anni Settanta si sviluppa una scultura monumentale in opere collettive di soggetto storico: Le quattro eroine di Rreshen (1971), bronzo di A. Mana, P. Culi, F. Dushku e D. Gogollari; Per l'indipendenza (1972), eretto a Vllora da S. Hajderi, K. Rama, M. Dhrami, H. Dule e T. Damo.
In pittura prevale il tema della storia del Partito: P. Kokushta, Alla casa del partito (1971), simbolico; S. Hysa (n. 1938), Il partito è fondato (1974), con al centro E. Hoxha, leader raffigurato anche da molti altri pittori (Shijaku, Shoshi, Kilica). Più originale il contributo di S. Shijaku: in La voce delle masse (1974) ritrae l'artista che discute la sua opera con il popolo. Come unici esempi di pittura etnografica restano ancora A. Buza, Giochi popolari (1974), e D. Jukniu, I pastori nella montagna.
Anche negli anni Ottanta prosegue con il realismo socialista la funzione pedagogica dell'arte: A. Shami (n. 1942), Lavoratori ai pozzi petroliferi (1981); A. Zajmi (n. 1936), La madre (1983). Dell'ultima generazione sono N. Hoxha, A. Morina, M. Harapi, B. Kazevi, Z. Mati, L. Blushi.
Anche in pittura come già in scultura nascono opere collettive per edifici pubblici: V. Kilica e altri realizzano il mosaico L'Albania cammina (1981) sul frontone del Museo di storia nazionale a Tirana. Si devono ancora ricordare L. Dhrami e P. Mele per la grafica in genere, e N. Bakalli in particolare per i manifesti; P. Konci, D. Ligori e I.Pojani per la caricatura.
Bibl.: L. Blido, Shenime per pikturen dhe skulputren, Tirana 1987; A. Kuqali, Historia e artit shqiptar, ivi 1988.
Cinema. − Praticamente inesistente prima del 1944, la cinematografia albanese ottiene risultati degni di nota, come il premio per la regia al festival di Cannes (1953) con la coproduzione Skanderbeg diretta dal sovietico S. Youtkevitch. Nel 1957 il film Tana apre la strada alla produzione nazionale; il regista del film è K. Dhamo, uno dei maggiori cineasti albanesi insieme a D. Anagnosti e V. Gjika. Ispirati ai modelli del realismo socialista, i film albanesi, spesso realizzati collettivamente, esaltano la lotta di classe, il pensiero proletario, il benessere derivante dal socialismo, l'ottimismo delle masse rivoluzionarie.
L'A. è uno dei paesi che vanta un alto numero di spettatori cinematografici: su una popolazione di soli 2 milioni e mezzo di abitanti le presenze annuali ammontano a più di 20 milioni: una cifra molto alta, se si considera che le sale sono circa 400, molte delle quali mobili. A una tale affluenza di pubblico non corrisponde però un'adeguata produzione di film. Annualmente ne vengono infatti prodotti una decina, mentre molti lungometraggi vengono importati dalle cinematografie dell'Est.