ALBANIA (II, p. 97; App. I, p. 77; II, 1, p. 107; III, 1, p. 56)
Lo Stato continua a reggersi con la costituzione del marzo 1946 (modificata nel luglio 1950). In seguito all'incremento degli abitanti, l'Assemblea popolare è passata da 188 a 214 membri.
Nel 1958 l'A. ha adottato una nuova divisione amministrativa in 26 distretti, che hanno sostituito le preesistenti prefetture. Nel 1967 essi comprendevano 51 città, 125 circondari, 309 villaggi unificati e 2524 villaggi e borghi. Agli effetti statistici si distinguono 5 regioni: Settentrionale o di Scutari, di Tirana-Durazzo, di Elbasan-Berat, Sudoccidentale o di Valona, di Coriza.
Condizioni demografiche e sociali. - L'ultimo censimento generale della popolazione, che ha fatto seguito a quello del 1955, risale al 1960 e ha registrato una popolazione residente di 1.626.315 ab., con un incremento quinquennale del 16,6%. Nel 1973 gli abitanti erano stimati a 2.315.000, con una densità di 80,5 ab. per km2.
Lo straordinario incremento demografico (2,9% all'anno) è superiore a quello di ogni altro paese europeo ed è dovuto soprattutto alla rapida diminuzione del tasso di mortalità e al conseguente aumento della durata della vita media (da 38,2 anni nel 1938 a 68 anni nel 1973). Nel 1969 il coefficiente di natalità era del 3,5%, quello di mortalità dello 0,7%; il coefficiente di mortalità infantile (86,8‰ nel 1965) è ancora il più elevato d'Europa.
Il ritmo d'incremento naturale ha però già iniziato la parabola discendente, a seguito della stabilizzazione degl'indici di mortalità e dell'incipiente flessione di quelli di natalità, come riflesso delle modificazioni in atto nella struttura economica e sociale.
Il tenore di vita della popolazione è in continuo miglioramento, ma si mantiene ancora sui livelli più bassi d'Europa. Nel breve giro di quindici anni si è verificato un imponente spostamento della popolazione dalle campagne verso le città, che accolgono ormai circa un terzo degli abitanti. Dal 1955 al 1971 Tirana è passata da 59.887 a 174.800 ab. (+ 191,9%), Scutari da 33.852 a 56.500 ab. (+ 66,9%), confermandosi al secondo posto fra le città albanesi, mentre al terzo posto si è piazzata Durazzo, grazie allo sviluppo delle attività portuali, passando da 14.031 a 55.000 ab. (+ 292%). Grandi progressi hanno fatto anche Valona, salendo da 14.640 a 51.400 ab. (+ 251,1%), Coriza, da 24.035 a 47.900 (+ 99,3%), Elbasan, da 14.968 a 43.200 (+ 188,6%) e Berat, da 11.817 a 26.700 (+ 125,9%). Le città superiori ai 25.000 ab. sono così passate da 2 a 7 e ospitano ora oltre un quinto di tutta la popolazione. Lo sviluppo della rete urbana ha favorito il potenziamento delle strutture scolastiche e sanitarie. Nel 1969 frequentavano le scuole di ogni ordine e grado 629.020 giovani, di cui 18.467 erano iscritti all'università di Tirana; l'analfabetismo può dirsi ormai praticamente scomparso nelle classi giovanili. Rispetto al 1938 i posti-letto ospedalieri erano saliti nel 1973 da 0,8 a 8 per ogni mille ab., distribuiti fra 336 ospedali; i medici da 1 ogni 10.000 a 1 ogni 830 abitanti. In continua espansione è anche la diffusione degli apparecchi radio (1 ogni 13 ab. nel 1972), dei televisori (1 ogni 762 ab.), dei telefoni (1 ogni 133 ab.). Molto basso è invece l'indice della motorizzazione (1 automobile ogni 620 ab. nel 1970), poiché non è consentito l'uso privato delle autovetture.
Condizioni economiche. - La pianificazione economica (iniziata con il 1° piano quinquennale nel 1951 e giunta ormai alla conclusione del 5° piano) ha radicalmente trasformato l'economia albanese, tradizionalmente agricola, in un'economia agricolo-industriale moderna. Dopo l'uscita dal COMECON, avvenuta nel 1961, all'aiuto tecnico e finanziario dell'Unione Sovietica è subentrato quello della Repubblica popolare di Cina, a cui l'A. si è strettamente legata. La popolazione attiva è ancora prevalentemente occupata nell'agricoltura (62% nel 1970), in misura superiore a qualsiasi paese europeo, ma è in corso un rapido processo di trasferimento della manodopera rurale ad altre attività, senza tuttavia trascurare gli obiettivi di sviluppo delle produzioni agricole, che vengono perseguiti attraverso opere di bonifica, d'irrigazione (da 29.000 ha nel 1938 a 261.000 ha nel 1969) e di trasformazione fondiaria. La riforma agraria, iniziata con massicce espropriazioni fin dal 1945, si è praticamente conclusa nel 1967 con la quasi totale socializzazione delle terre coltivate, che in quell'anno risultavano ripartite fra 32 aziende statali, 250 aziende pubbliche locali e 1208 cooperative. Nel 1969 la superficie agraria apparteneva per il 99,8% al settore sociale e solo per lo 0,2% al settore privato: le cooperative gestivano il 76% di questa superficie, le aziende statali il 20,4%, gli agricoltori associati alle cooperative il 3,4%.
La politica di piano ha realizzato un sensibile incremento della superficie produttiva (grazie soprattutto alle bonifiche) e vistose modificazioni nelle destinazioni colturali. Tra il 1955 e il 1970 gli arativi sono aumentati del 58%, passando dal 13,5 al 20,8% della superficie territoriale; le foreste e i boschi sono cresciuti del 9,1%, passando dal 39,3 al 42,9%. In riduzione sono invece i prati e i pascoli (− 25,8%), che sono scesi dal 29,6% al 22%, e gl'incolti produttivi.
Queste variazioni sono anche più apprezzabili in termini di prodotto lordo vendibile del settore primario, per il quale le colture erbacee sono passate dal 42% del 1937-38 al 58% del 1968-69, le colture legnose dal 6% al 10%, la silvicoltura dallo 0,1% al 4% e l'allevamento del bestiame dal 52% al 28%. Le colture erbacee sono rappresentate in massima parte dai cereali (62% della superficie nel 1968-69), mentre ancora scarse sono le piante industriali (14%), gli ortaggi (11%) e i foraggi (13%). I principali prodotti sono sempre il mais e il grano, che però negli ultimi quindici anni hanno raddoppiato i loro raccolti, grazie a un incremento delle rese unitarie. Grande sviluppo hanno avuto la barbabietola da zucchero (specie nella piana bonificata di Maliq), il tabacco e il cotone. Tra le colture legnose accanto all'olivo, che si è notevolmente esteso, si sono diffusi la vite e alcuni alberi da frutto (fichi, meli, prugni).
L'allevamento ha fatto sensibili progressi nei settori ovino e caprino che hanno visto raddoppiare il numero dei capi, nei settori dei suini e degli animali da cortile, mentre il patrimonio bovino ha registrato un miglioramento più qualitativo che numerico e il patrimonio equino, tuttora importante per i trasporti, è rimasto stazionario. L'utilizzazione dei boschi sembra avere assunto un ritmo frenetico, tanto che nel 1969 la produzione di legname risultava superiore di quasi 20 volte a quella del 1957 (per un terzo di conifere e due terzi di latifoglie), in funzione soprattutto dello sviluppo dell'industria del legno e della cellulosa (8100 t di carta e cartone e 8200 t di polpa di legno meccanica nel 1970). Ancora modeste sono invece le attività pescherecce, che si svolgono sia nelle acque marittime che in quelle interne (4000 t di pesce nel 1971).
Il settore industriale, in cui operano aziende statali e cooperative, è quello che ha realizzato le maggiori affermazioni, con il potenziamento delle attività preesistenti e con l'installazione di nuovi impianti e l'avvio di nuovi settori.
Le attività minerarie si sono avvantaggiate dalla conclusione di una campagna di prospezioni, i cui risultati sono costituiti dalla redazione di una carta mineralogica a scala 1:200.000. Sensibili incrementi ha avuto la produzione di combustibili: il petrolio (2.137.000 t nel 1973, a Qyteti Stalin, Marinèz e Patos) e la lignite (675.000 t nel 1971), che soddisfano il fabbisogno nazionale, con qualche margine per l'esportazione. Fra i minerali metallici si registra un forte aumento nell'estrazione della cromite (281.000 t nel 1973, a Bulqizë, Kam e Kalimash), delle piriti cuprifere (7000 t di rame nel 1972) e dei minerali di nichelio (4000 t nel 1971) e di ferro.
La produzione di energia elettrica è passata da 125 milioni di kWh nel 1957 a 1250 milioni nel 1972 (per due terzi idrici), grazie alla costruzione di nuovi impianti, fra cui si segnalano quelli idrici sul Drin (Bistrica, Scutari, ecc.) e quelli termici di Kukës, Fier, Tirana, Qyteti Stalin, Valona, Maliq, Cërrik e Korçë. L'elettrificazione ha così potuto essere estesa a tutto il paese, con qualche margine per l'esportazione. Fra le industrie manifatturiere il maggiore sviluppo si registra nel settore chimico, praticamente inesistente fino al 1950, che ora produce acido solforico e soda caustica (Valona), fertilizzanti azotati (Laç), superfosfati, nitrati di ammonio, solfato di rame, cloruro di polivinile, materie plastiche, colori. L'industria petrolifera ha raddoppiato le raffinerie di Qyteti Stalin e Cerrik e avviato una nuova raffineria a Fier.
Sono state potenziate anche le industrie metallurgiche, con l'inaugurazione dopo il 1960 dell'impianto siderurgico di Elbasan (ancora in fase di completamento), degli stabilimenti per la raffinazione del rame di Bicaj, Kurbnesh e Rubik (5600 t nel 1970) e dello stabilimento per l'estrazione del cromo a Bulqizë. Minore sviluppo hanno avuto le industrie meccaniche ed elettromeccaniche, che si sono localizzate a Tirana (trasformatori e motori elettrici), Scutari (trafilati) e Korgë (strumenti di misura).
Fra le industrie tradizionali, si segnalano incrementi nel settore tessile con nuovi impianti a Elbasan, Fier, Berat, Rogozhinë, Argirocastro e Korçë; nel settore del legno e della carta; dei materiali da costruzione con particolare riguardo al cemento (360.000 t nel 1971 con nuovi impianti a Tirana, Scutari, Elbasan, Fushë e Krujës); dell'alimentazione (zuccherifici, conservifici, birrifici, ecc.) e del tabacco (5300 milioni di sigarette nel 1972).
In complesso il prodotto lordo industriale era costituito nel 1969 per il 57% da prodotti di base e beni strumentali e per il 43% da beni di consumo; i settori più attivi erano rappresentati dalle industrie alimentari (28%), tessili (23%), metallurgiche (15%), meccaniche (10%), dei materiali da costruzione (6%) e del legno e carta (4%).
Commercio e comunicazioni. - Il commercio estero albanese riflette lo sviluppo economico del paese e presenta notevoli incrementi qualitativi e vistose variazioni merceologiche. Dopo la rottura con l'Unione Sovietica, i principali rapporti commerciali avvengono con la Repubblica popolare di Cina (circa 55% del totale nel 1970); seguono le repubbliche socialiste dell'Europa: Cecoslovacchia (13%), Polonia (8%) e Repubblica Democratica Tedesca (7%); il primo paese occidentale ad avere instaurato rapporti commerciali con l'A. è l'Italia (6%).
La bilancia commerciale è costantemente passiva (nel 1970 le esportazioni rappresentavano appena il 69% delle importazioni) e la bilancia dei pagamenti può essere pareggiata solo grazie agli aiuti finanziari cinesi. Nelle esportazioni sono in aumento i combustibili, i minerali e i metalli (54% nel 1964), mentre sono in diminuzione i prodotti alimentari (23%) e le materie prime di origine animale e vegetale (17%). Fra le importazioni sono rapidamente cresciute le attrezzature industriali unitamente ai veicoli e ai pezzi di ricambio (50% nel 1964), mentre sono diminuiti i prodotti alimentari (16%), i beni di consumo durevole (7%), i combustibili, minerali e metalli (15%) e le materie prime di origine animale e vegetale (5%).
Le vie e i mezzi di comunicazione sono sensibilmente migliorati negli ultimi quindici anni, ma risultano ancora carenti. La lunghezza delle strade è passata dai 2400 km del 1957 ai 4800 del 1967, quella delle ferrovie da 117 km a 302. Il parco automobilistico era costituito nel 1970 da 14.700 autoveicoli, di cui solo 3500 autovetture (come si è già detto, non è consentito in A. l'uso privato dell'automobile).
La flotta mercantile, inesistente fino al 1960, ha raggiunto nel 1973 la consistenza di 18 navi per complessive 57.068 t.s.l. Il porto di Durazzo, ampliato e potenziato, ha registrato nel 1970 un movimento commerciale di 2,8 milioni di t (2,1 allo sbarco e 0,7 all'imbarco). L'aeroporto di Rinas, presso Tirana, ha migliorato i suoi collegamenti internazionali, serviti da compagnie straniere.
Bibl.: Le développement de l'agriculture en république populaire albanaise, Tirana 1962; B. Marini, Albania oggi, Bologna 1964; A. Mahuzier, L'Albanie entrouvre ses frontière, Parigi 1965; M. Pano, The People's Republic of Albania, Baltimora 1968; T. Schreiber, L'évolution politique et économique de la République populaire d'Albania 1945-68, in La Documentation française, Parigi 1969; G. Kessle-J. Myrdal, Die Albanische Herau forderung, Francoforte sul Meno 1971.
Storia. - Nel biennio 1955-56, il riavvicinamento tra URSS e Iugoslavia aveva riproposto all'A. i problemi che avevano portato alla rottura con la vicina repubblica nel 1948 e, quindi, la ricerca di nuovi appoggi internazionali. La polemica cino-sovietica negli anni Sessanta fornì ai dirigenti albanesi la strada per modificare la collocazione internazionale del loro paese. Durante il IV congresso del Partito del Lavoro d'Albania (PLA), nel febbraio 1961, Enver Hoxha condannò l'atteggiamento iugoslavo che metteva in pericolo la sicurezza albanese. L'elemento concreto dell'avvicinamento cino-albanese si ebbe nell'aprile 1961 con la conclusione dei negoziati economico-commerciali per mezzo dei quali l'A. ottenne l'assistenza tecnica cinese nel settore chimico, metallurgico, elettrico, edilizio e nell'industria leggera. Conseguentemente al nuovo corso si ebbero all'interno radiazioni dal partito e spostamenti di cariche, mentre, sempre nel 1961, si concluse con quattro condanne a morte e cinque a pene detentive un processo contro esponenti filo-iugoslavi accusati di aver tentato di rovesciare il regime comunista. Parallelamente il XXII congresso del Partito comunista sovietico (ottobre 1961), mettendo sotto accusa Stalin e gli stalinisti, condannò l'atteggiamento albanese con termini che non avevano precedenti nel movimento comunista internazionale. Per reagire al progressivo sganciamento da parte dell'URSS (da cui era dipesa fino a quel momento l'economia albanese) e degli altri paesi comunisti, l'A. si orientò verso un'apertura coesistenzialistica nei confronti dei paesi occidentali, superando gli ostacoli posti dalla diversità dei sistemi politici. In base a questa linea fu concluso un accordo commerciale con l'Italia (1961, poi rinnovato nel 1971) e con la Grecia (1970), s'instaurarono regolari rapporti diplomatici con la Svizzera (1970), con il Belgio (1970) e con la Tunisia (1973).
Anche dopo la caduta di Chruščëv e il momentaneo allentamento della tensione cino-sovietica, l'azione politica di Tirana in campo internazionale ha mantenuto la sua autonomia, grazie anche alla compattezza e unità interna nell'orientamento stalinista e filo-cinese, ottenuta facendo leva sul sentimento nazionale e sull'atavico timore di un assorbimento da parte della vicina Iugoslavia. Un momento particolarmente incisivo dell'azione albanese per rompere lo schieramento dei paesi e dei partiti comunisti legati all'URSS si ebbe nel 1965 quando Hoxha, di fronte alle delegazioni degli stati legati alla Cina, della "neutrale" Romania, delle frazioni "eretiche" di vari partiti comunisti occidentali, accusò Chruščëv e i dirigenti sovietici di aver perseguitato il PLA: solo un riconoscimento degli errori da parte dei sovietici, avrebbe reso possibile il ritorno a normali rapporti diplomatici e politici. Essendo questo riconoscimento obiettivamente impossibile, Tirana accentuò il proprio dissenso, rifiutando l'invito alla conferenza del Patto di varsavia per una politica di comune aiuto al Vietnam.
Il V congresso del PLA (1966) attaccò, sull'esempio cinese, i residui delle classi "sfruttatrici" e dell'ideologia borghese, condannando decisamente il revisionismo e denunciando tentativi di restaurazione capitalistica. Il congresso, sempre sull'esempio cinese, decretò l'inizio, sia pure in maniera sfumata, di una rivoluzione culturale le cui conseguenze immediate furono la riduzione del numero dei ministri (da 19 a 13), la soppressione di numerosi enti amministrativi (da 400 a 290), la decurtazione degli stipendi degli alti funzionari dello stato e del partito; alcuni funzionari e intellettuali furono destinati ai lavori agricoli. Tutto ciò rispondeva anche a esigenze economiche obiettive dovute a quell'isolamento dal contesto balcanico e dal sistema socialista mondiale, determinato da motivi d'insicurezza, che aveva trovato una copertura ideologica nella polemica contro il revisionismo. Il VI congresso del PLA (1-7 novembre 1971) consacrò la continuità e stabilità all'interno, riaffermò la solidarietà ideologica e politica con la Cina popolare a fianco della quale l'A., nel 1968, aveva condannato l'invasione sovietica della Cecoslovacchia mentre l'Assemblea nazionale aveva votato il ritiro del paese dal Patto di Varsavia alle cui riunioni i dirigenti albanesi non partecipavano dal 1962. L'ingresso della stessa Cina all'ONU venne sottolineato come un successo dell'azione politica albanese in campo internazionale. Il congresso non si discostò comunque dai proverbiali toni della polemica che da anni divide il mondo comunista: condanna dell'imperialismo americano e del "socialimperialismo" sovietico; riprovazione dell'atteggiamento iugoslavo e ricerca della solidarietà di fronte alle minacce egemoniche e alla teoria della sovranità limitata.
Immutate le linee di politica estera (rifiuto a partecipare alla preconferenza di Helsinki nel 1972), in politica interna, dopo le elezioni del 1974, si ebbe la formazione di un nuovo governo dal quale venne escluso il ministro della Difesa Bekir Balluku, uno degli uomini più in vista del regime fin dalla sua formazione. Quella di Balluku può considerarsi la terza purga nella storia dell'A. comunista dopo la liquidazione dei titoisti (Koci Xoxe nel 1948) e dei filo-sovietici (L. Belisova e altri nel 1961). Il ministro della Difesa venne eliminato in quanto strenuo sostenitore degli stretti legami con Pechino dopo il raffreddamento dei rapporti cino-albanesi conseguente alla semi-riconciliazione tra la Cina popolare e gli Stati Uniti d'America. Le incognite che gravano sulla regione balcanica e sul Mediterraneo orientale hanno suggerito, da una parte, un riavvicinamento alla Iugoslavia e alla Grecia e dall'altra la destituzione, nel 1975, di alcuni ministri (A. Kellezi, ministro della Pianificazione e presidente dell'Associazione per l'amicizia cino-albanese; K. Theodosi, ministro dell'Industria e K. Ngjele, ministro del Commercio Estero) favorevoli ai legami con la Cina e all'ampliamento dei rapporti commerciali con l'Europa occidentale. Nel gennaio 1976 è stato pubblicato a Tirana il testo della nuova Costituzione che deve sostituire quella varata nel 1946. Per la nuova Costituzione l'A. è una Repubblica popolare "socialista" dove continua ad essere esercitata la "dittatura del proletariato" e dove il PLA assume anche formalmente il compito di dirigere lo stato e la società; la Costituzione prevede la lotta alla burocratizzazione, vieta qualsiasi forma di proprietà privata, sancisce l'appoggio dello stato alla propaganda atea, l'opposizione all'imperialismo, al revisionismo e al socialimperialismo.
Bibl.: M. Mille, Današnja Albanija ("Albania contemporanea"), Belgrado 1962; S. Skendi, Albania and the Sinosoviet conflict, in Foreign Affairs, XL (1962), 3; W. E. Griffith, Albania and the Sino-soviet rift, Cambridge 1963; Documents fondamentaux sur le comunisme international (1961-1962). La polémique soviéto-albanaise, in Notes et études documentaires, n. 3139 (24 nov. 1964); Storia del Partito del lavoro d'Albania, Istituto di Studi marxisti-leninisti, Tirana 1971; G. Mury, Albania terra dell'uomo nuovo, Milano 1971; L. Menagatti, L'Albania socialista, 2 voll., Roma 1971; Albanien Partei VI Kongress, in Wissenschaftlicher Dienst Südosteuropa, XX (1971), pp. 181-182; R. Weiner, Albanian and Romanian deviance in the United Nations, in East European Quarterly, VII, (1973), 1, pp. 65-90; P. R. Prifti, The Albanian party of labour and the ingelligentsia, ibid., VIII (1974), 3, pp. 307-35; Albaniens neue Verfassung, in Wissenschaftlicher Dienst Südosteuropa, XXV (1976), pp. 26-8.
Archeologia. - Da circa trenta anni a questa parte, gli archeologi albanesi svolgono un'intensa attività, non solamente per quanto attiene gli scavi e le relative scoperte, ma anche negli studi e nell'interpretazione dei dati. Sono soprattutto interessati ai problemi riguardanti la storia degl'Illiri, visti come diretti ascendenti degli Albanesi.
La testimonianza più antica finora nota è quella delle paludi del Maliq (distretto di Korça): capanne rettangolari del Neolitico recente (prima metà del 3° millennio a.C.) e insediamenti lacustri su palafitte dell'Eneolitico: rispettivamente Maliq I e Maliq II. Il luogo è stato abitato senza interruzioni anche durante l'età del Bronzo. Una fase intermedia fra Maliq I e II è data dall'abitato di Kamnik (distretto di Korça). Gli abitati di Tren e di Cakran, le necropoli tumulari di età del bronzo medio e recente di Pazhok presso Elbasan (nei corredi, alcuni oggetti d'importazione micenea) e di Vajza presso Vlora sono le altre principali testimonianze preistoriche. Nel loro complesso, queste testimonianze prefigurano (forma dei tumuli, tipo di ceramica, ecc.) caratteristiche della civiltà illirica dell'età del Ferro; appaiono inserite nel grande complesso culturale balcano-anatolico. Gl'Illiri sono dunque nella regione fin dall'epoca dei primi insediamenti indoeuropei.
Durante l'età del ferro, la civiltà illirica ha sviluppo notevole. Le principali testimonianze sono costituite da necropoli tumulari: per es. quelle della valle del Mati, attribuite alla tribù guerriera dei Pirusti, o della piana di Korce, attribuite ai Dassareti; e soprattutto da fortezze situate nei punti strategici, come quelle di Gaitan, di Tren, di Rosuje, con mura di tipo "ciclopico" o "pelasgico" a grandi blocchi irregolari. Queste fortezze fioriscono soprattutto nel 7°-5° secolo a. C. (si può parlare di una prima fase dell'età del Ferro nella regione); i veri e propri abitati sono ancora dei semplici agglomerati rurali. Importanti gli scavi condotti nella necropoli tumulare della valle del Mati: i corredi comprendono soprattutto armi e ornamenti di ferro e di bronzo.
Dalla fine del 5° secolo a.C., s'impiantano colonie greche sul litorale meridionale del paese: Epidamnos-Dyrrhachion, Apollonia, Buthroton, Orichon. Esse sono dotate di monumenti piuttosto notevoli: mura con porte e torri, templi, teatri (Buthroton), abitazioni decorate da mosaici (di tipo analogo a quelli di Pella sono rappresentati a Dyrrhachion nel 4°-3° secolo), necropoli (i tumuli di Apollonia testimoniano la presenza di influssi illirici in ambiente di colonizzazione greca). Contemporaneamente, nelle tribù illiriche (per le quali si può ora parlare di seconda fase dell'età del Ferro) si registra un nuovo impulso, con la nascita di una vita urbana, in cui le città sono punti di riferimento per unità etnografiche rurali. La presenza di importanti monumenti (stadio del 3°-2° secolo ad Amantia, portico a nicchie a Dimala, teatro a Byllis, abitazioni a peristilio ad Antigonea, monumentali tombe rupestri nella Selza inferiore, cinta con porte a Lissus, thesauros a Finiqi), i materiali ritrovati (ceramica locale e d'importazione, utensili in metallo, materiale da costruzione), le testimonianze di vita agricola (grande granaio a Rosuje) e commerciale (emissione di moneta a Skodra e a Lissus) dànno l'immagine di una società in sviluppo (basata sull'economia schiavistica) e in buoni rapporti con le colonie greche del sud. I tipi di ceramica ritrovata, l'onomastica testimoniata nelle iscrizioni, ecc. rivelano la presenza attiva dell'elemento illirico nella vita di queste città. Il periodo di sviluppo della civiltà illirica si protrae fino al 2° secolo a.C.; durante la fase di maggior floridezza (335-230 circa) si formano dei "regni", fra cui il più noto è quello di Genthius.
Dopo la conquista romana continua la prosperità delle città costiere, che anche in età imperiale si arricchiscono di nuovi monumenti: fontana monumentale ad Apollonia, terme e anfiteatro a Dyrrhachium, rifacimento del teatro a Butrinto. Anche nelle regioni dell'interno i Romani estendono la loro sfera d'influenza, concentrando tuttavia l'attività economica in pochi grossi centri come quelli della regione di Elbasan: Ad Quintum, Skampini, Belësh. Il diritto di municipium è dato a Lissus da Cesare; coloni italici sono inviati a Dyrrhachium, Byllis, Buthrotum, Skodra. Un'importante arteria, la via Egnatia, conduce da Apollonia e Dyrrhachium fino a Edessa. Malgrado tutto ciò, sembra però che la romanizzazione sia stata nel complesso meno profonda che altrove: per es., la non eccessiva quantità di iscrizioni rinvenute testimonia una penetrazione relativamente limitata della lingua latina.
Bibl.: S. Anamali, L'archéologie albanaise dans ces 25 ans, in Studia Albanica, VI (1969), 1, p. 21 segg.; Autori vari, in Deuxième Conférence des études albanologiques, Tirana 12-18/1/1968, Tirana 1970, p. 335 segg.; M. Korkuti e altri, Shqipeira Arkeologjike (L'Albanie archéologique), ivi 1971; Monumentet, I (1971), p. 61 segg., 78 segg.; II (1971), p. 22 segg., 37 segg., 144 segg.; III (1972), p. 7 segg., 147 segg., 159 segg.; IV (1972), p. 7 segg., 29 segg., 103 segg.; Iliria, I (1971), p. 13 segg., 49 segg., 103 segg., 275 segg.; La Ville illyrienne. Ier Colloque des études illyriennes 15-21 sett. 1972, in Iliria, II (1972); La nuova Albania, passim e soprattutto 1972,4; 1973,2; 1973,4; Albania oggi, I (1972), genn.-febbr.; B. Strazimiri-H. Nallbani-N. Ceka, Monumente të arkitekturës nê Sqhipêri (Monuments d'architecture en Albanie), Tirana 1973.