Albarello
(o alberello)
Recipiente per lo più in terracotta invetriata o smaltata a parete cilindrica il cui profilo è sovente concavo per favorirne la presa, con piede ad anello con raccordo al corpo spesso troncoconico; presenta un collo piuttosto breve con bocca larga provvista di un robusto orlo aggettante che permette di tappare validamente il vaso mediante un lembo di pergamena. Era destinato a contenere sostanze solide e semisolide, come sali, droghe, vegetali, unguenti, miele, frutta candita.
L'a. è un'originale creazione dei ceramisti musulmani che fu accolta con molto favore in Europa, dove entrò nell'uso domestico per poi divenire tipica dell'arredo delle farmacie a partire almeno dal 14° secolo. La più antica testimonianza letteraria in Italia di questo vaso sembra quella del Decamerone (VII, 3).
L'etimologia è controversa; secondo alcuni il termine deriverebbe dall'arabo al-baranī, ma sembrano da preferire le derivazioni connesse con alveolus o albarius (recipiente) o con albero, in relazione al fatto che in origine questi recipienti erano in legno. Il tipo è stabilizzato sullo scorcio del sec. 12°inizi 13° in Persia, Siria ed Egitto, in ceramica ornata con le varie tecniche decorative correnti.
In Europa giunse, specialmente a partire dal sec. 14°, la produzione soprattutto siriana di a. e di piccole giare, in particolare quelli con decorazione dipinta in blu e verde-nero sotto invetriatura trasparente, usati soprattutto come contenitori di spezie e frutta candita. Un numero notevole di essi è stato recuperato nel secolo scorso in Sicilia, per cui nella prima letteratura antiquaria sull'argomento questi vasi furono classificati come siculo-arabi; un bell'esemplare, sembra recuperato in Sicilia, è quello del Mus. e Gall. Naz. di Capodimonte a Napoli, datato al 717 a.E./1317-1318. Questa ceramica è nota negli inventari dei secc. 15° e 16° come ceramica domaschina (per es. "3 alberegli domaschini" negli inventari di Piero de' Medici del 1463).
Una delle più antiche rappresentazioni dell'a. è nel Theatrum Sanitatis (Roma, Casanat., 4182), dove ne compaiono due esempi sulla mensola superiore a sinistra in una bottega di speziale. Fra gli esemplari più antichi della produzione italiana in maiolica dell'Italia centrale, umbra o toscana, può essere indicato un a. del Vict. and Alb. Mus. di Londra, databile al sec. 14°, con una decorazione, indipendente dai modelli islamici, dipinta in bruno manganese e verde ramina. Da prototipi del Levante, siriani o egiziani, deriva anche il tipo dell'a. della ceramica ispano-moresca, il quale entrò in produzione fra la fine del sec. 14° e i primi del 15°; fu largamente esportato e compare spesso fra gli arredi delle pitture del Quattrocento, non solo come vaso portadroghe, ma anche come portafiori (per es. Domenico Ghirlandaio, Annunciazione, Collegiata di San Gimignano; Hugo van der Goes, Trittico Portinari, Firenze, Uffizi). Gli a. ispano-moreschi dettero luogo a prodotti di imitazione nel sec. 15° in Toscana e in Romagna (Faenza).
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