ALBENGA (lat. Albingaunum; A. T., 24-25-26)
Città della Liguria, provincia di Savona, situata a circa 1 km. dal mare, nella più vasta pianura costiera della regione formata dai depositi alluvionali del fiume Centa, il più ricco corso d'acqua della Liguria occidentale, dopo il Varo. Limitata a S. dal mare e a N. dalle ultime diramazioni dei contrafforti alpini che la recingono a guisa d'anfiteatro, questa pianura è attraversata nel senso della lunghezza dal fiume che bagna a ponente le mura della città: è coltivata ad ortaglie e a frutta; ma in qualche tratto è ancora paludosa.
Due buone strade carreggiabili uniscono Albenga alla valle del Tànaro e al Piemonte attraverso i passi di S. Bernardo (1006 m.) e di Nava (960 m.). La stazione sulla ferrovia Genova-Ventimiglia è a poco meno di un km. dalla città. La popolazione del centro è di 6601 abitanti, quella del comune di 7557.
Anticamente la città faceva parte della IX regione augustea (Liguria) lungo la via litoranea Iulia Augusta. Il nome per esteso Album Ingaunum (Plinio, Nat. hist., III, 5, 48), o contratto in Albingaunum e nell'aggettivo Albingaunensis (Strabone, IV, 6, 1 e testi epigrafici) significa la città degl'Ingauni. Questa potente popolazione ligure rivale di Genova appare primamente durante la guerra annibalica, come quella che favorì le imprese di Magone contro Genova fedele a Roma (a. 205 a. C.), e, dopo la guerra stessa, come quella che più fieramente si oppose ai Romani nella riviera di Ponente. Fu vinta dal console L. Emilio Paolo (181 a. C.).
S'ignora come e quando Albingauno sia sorta quale ἐποικία degl'Ingauni presso il mare (Strabone, loc. cit.) nel piano presso alla foce della Neva (il nome del fiume Merula, datoci da Plinio, oggi è rimasto non alla Neva, ma al grosso torrente che sfocia ad occidente del capo Mele). Neppure abbiamo notizie che vi sia stata dedotta una colonia romana. La città durante l'Impero divenne municipio romano attribuito alla tribù Publilia. Iscrizioni esistenti nell'alta valle del Tànaro (Ormea) richiamano questa stessa tribù: è quindi verosimile che fin là si estendesse la pertica di Albingauno, la quale ad occidente toccava quella di Albintimilium, con un confine male determinabile. Più imprecisi sono i confini orientali, non essendo assolutamente certo che Vada Sabatia (Vado) fosse municipio a sé.
Per Albingauno sono nominati, delle magistrature, quattuorviri iuri dicundo, quattuorviri aedilicia potestate, questori; dei sacerdozî, flamini ed augustali.
La città di Albingauno sorgeva nel luogo non mai abbandonato dell'odierna città, in un piano formato dalle alluvioni della Neva e soggetto a lento bradisismo di abbassamento. Avanzi pertanto di età romana furono rinvenuti a un livello inferiore a quello del mare. Il fiume scorreva non ad occidente della città, come oggidì, ma ad oriente, e su di esso la via Iulia Augusta passava con un ponte di dieci archi, oggi quasi completamente interrati, lungo ben 148 metri.
Ad Albenga è vivente la tradizione del passaggio dei Goti con Alarico, ma probabilmente si tratta di Ataulfo e del suo transito alle Gallie (principio del sec. V). La città conserva la lapide che celebra in un Costanzo (Costanzo II, o Costanzo generale di Onorio) il suo restauratore (Corp. inscr. lat., V, 7781). Albingauno, che ha memorie cristiane del sec. V e del VI, divenne, alla metà del sec. V, sede di vescovado.
La città fu distrutta parecchie volte durante le invasioni e per opera dei Saraceni. Ebbe parte importante nella prima crociata, tanto che gli Albenganesi ottennero nel 1104 da Baldovino re di Gerusalemme l'esenzione nel regno da ogni tributo commerciale, e poco dopo altre esenzioni da altri signori, in Gibelletto, a Tripoli di Soria, ecc. Nel 1127 aiutò i Milanesi nella guerra contro Como, e nel 1159 il vescovo e il console di Albenga giurarono fedeltà all'imperatore, che accordò loro privilegi, libertà e possessi. Rottasi nel 1165 la tregua fra Pisani e Genovesi, fu saccheggiata dai Pisani. Nel 1177 sottoscrisse la tregua di Venezia con le città aderenti all'Impero. Ebbe relazioni, contrasti, patti più o meno onerosi con signori vicini e con Genova, dalla quale cercò di difendersi stringendo alleanza con Savona. Altre lotte sostenne in seguito (1216-25) col suo vescovo Oberto, poi di nuovo con Genova (1226). In tale occasione, unì le sue forze con quelle di Savona, di Ventimiglia e del marchese Del Carretto; ma Genova riuscì nell'anno seguente a vincerli e sottomettere tutti al suo potere. Dal 1238 al 1251, vano essendo riuscito un altro tentativo di liberarsi da Genova, la città si affidò all'impero. Ma, alla morte di Federico II, venuto a mancare il protettore, essa dové nuovamente sottostare a Genova e rinnovare le antiche convenzioni, rese però più dure per la cessione del castello e della gabella del sale. Ricominciò allora la lotta con i proprî vescovi. Con Genova fu solidale nella guerra tra Pisani e Genovesi, e da essa fu aiutata a respingere i ripetuti assalti dei Doria e dei marchesi del Carretto; con essa, nel 1421, passò sotto la signoria di Filippo Maria Visconti; e con essa si sollevò contro di lui nel 1436. Assediata dalle milizie viscontee comandate da Nicolò Piccinino, riuscì a liberarsene. Nel 1571 le sue navi, insieme con le genovesi, si trovarono a Lepanto, dove l'albenganese Gregorio d'Aste tenne con onore il comando di dieci galee affidatogli da don Giovanni d'Austria. Ma la fedeltà venne meno nella competizione che Carlo Emanuele I, durante la guerra per la Valtellina, ebbe con Genova per la questione del marchesato di Zuccarello: perché nel 1625 i consoli di Albenga offrirono al principe Vittorio Amedeo la resa condizionata della città. Mutamento di governo e di signoria in Genova, e contrasti per l'elezione del podestà e degli anziani in Albenga, turbarono la città fino al 1672, quando invece del podestà fu nominato un commissario annuo, sostituito con uno biennale dal 1726 al 1797, anno in cui vennero meno le convenzioni che legavano la città a Genova. Dopo il trattato di Vienna (1815), Albenga, ormai decaduta dalla sua prima floridezza, anche in seguito all'interramento del porto, passò, con tutta la Liguria, sotto i Savoia.
Degna di nota la bella cattedrale di S. Michele, chiesa gotica ricostruita in varie epoche: la facciata è adorna di sculture romaniche ed ha un portale del 1672; notevole anche il bel campanile gotico (1453). Nell'interno, completamente rifatto, si osserva il pulpito di B. Tomato, della fine del sec. XVI; La discesa dello Spirito Santo, quadro di scuola genovese del sec. XVI. Nella sacrestia sono conservati alcuni codici, messali, breviarî e corali antichi. Ha una certa importanza la chiesa di S. Maria in Fontibus del sec. XIII, rifatta nel 1600, con portale gotico e bifora.
Tra i più antichi monumenti cristiani della Liguria è il Battistero, edificio ottagonale del sec. V con resti dell'antico fonte battesimale; contiene un sarcofago del vescovo Revelli, una piccola vasca battesimale e frammenti di scultura e musaici. Merita un cenno la chiesa di S. Giorgio, con affreschi di scuola ligure-piemontese rappresentanti Il Giudizio finale e una figurazione dell'Inferno dantesco. Tra gli edifici profani, si nota, nella Piazza dei leoni, il palazzo Del Carretto di Balestrino con imponente torre (alta 45 metri) e un'interessante collezione di opere d'arte e di antichità. Tra le cose notevoli di Albenga sono anche da ricordare un S. Giovanni Battista di G. Isola e la Madonna col Bambino, polittico di scuola lombardo-genovese (1502) con bella cornice. Nelle vicinanze della città sorge la chiesa di S. Fedele con campanile presso l'ingresso, del sec. XV.
Bibl.: A. Manno e V. Promis, Bibliogr. stor. degli stati della monarchia di Savoia, Torino 1884; A. D'Andrade e A. Taramelli, Relazione dell'Ufficio regionale per la conservazione dei monumenti del Piemonte e della Liguria, Torino 1899; Mommsen, Corpus inscr. lat., V, p. 894; Libri I et II Jurium Reip. Gen., Arch. di Albenga; G. Rossi, Storia della città e diocesi di Albenga, Albenga 1870; F. Mella, I battisteri di Agrate, Conturbia e di Albenga, in Atti della Soc. d'arch. e belle arti per la prov. di Torino, Torino 1883; C. Reynaudi, Guida d'Albenga, Torino 1897; P. Accame, Statuti antichi di Albenga, Finalborgo 1901; P. Toesca, Antichi affreschi nei dintorni d'Albenga, in L'Arte, IX (1906), p. 460.