Vedi ALBENGA dell'anno: 1958 - 1973 - 1994
ALBENGA (v. vol. I, p. 196 e s 1970, p. 25)
Mancano finora ad A. ritrovamenti archeologici relativi all'Età del Ferro, mentre per l'epoca romana si dispone oggi di maggiori elementi conoscitivi sia attingendo a fonti epigrafiche sia valutando і dati archeologici. Sono scarse, in generale, le notizie desumibili dalle fonti letterarie circa le vicende dell'antico abitato di Α., e anche le iscrizioni latine del municipio non sono molto numerose. Si tratta, in prevalenza, di tituli funerari di età imperiale, provenienti in gran parte da reimpieghi medievali. Vanno tuttavia ricordate le dediche in onore di Caracalla (CIL, V, 7788 = Suppl. It., IV, 4) e di personaggi di rango senatorio, benemeriti nei confronti del municipio per specifiche committenze di opere di carattere pubblico (costruzione delle terme da parte di M. Valerius Bradua Mauricus: CIL, V, 7783, lo stesso personaggio è ricordato in un'altra epigrafe Suppl. It., iv, 6; verosimilmente è un acquedotto l'opera voluta da un senatore non identificabile. Suppl. It., iv, 7). Un particolare rilievo nella raccolta epigrafica albingaunese acquista l'elogium (CIL, V, 7781) di Costanzo, generale di Onorio e futuro imperatore, in cinque distici elegiaci, per і riferimenti all'opera di ricostruzione della città devastata dall'invasione dei Goti nel 410 d.C. Questa testimonianza ha finora costituito il più valido argomento a sostegno della identificazione di A. con il sito che impressionò Rutilio Namaziano, nel suo viaggio di ritorno da Roma nelle Gallie, per l'intensa attività edilizia voluta da Costanzo. Ad Α., infatti, si tende a riferire uno dei gruppi di distici elegiaci (frg. B) recentemente scoperti e attribuiti al II libro del De reditu.
Alle conoscenze già acquisite per la topografia della città romana bisogna aggiungere l'individuazione di due tratti del circuito delle mura tardo-repubblicane (scavi 1955-56); і resti di due domus (scavi 1955-56) e di un grande edificio porticato (scavi 1970-71). Quest'ultimo, già in disuso nel V sec. d.C. quando l'area venne occupata da sepolture entro anfore, e stato solo parzialmente esplorato e resta perciò di incerta interpretazione. Altri limitati saggi stratigrafici, condotti a più riprese nel centro storico, e lo scavo nella cattedrale non hanno conseguito risultati apprezzabili per la ricostruzione dell'impianto urbanistico che non risulta ancora sufficientemente documentato, benché N. Lamboglia ipotizzasse uno schema ad assi ortogonali.
Strutture di II-III sec. d.C. sono state identificate già in passato (forse le terme; piloni di acquedotto; recinti funerari) nell'alveo del fiume Centa che solo dalla metà c.a del XIII sec. scorre a O della città, dopo aver abbandonato l'originario percorso a N, in corrispondenza del ponte «lungo». Questi resti sono oggi scarsamente visibili a causa della portata delle acque del fiume, eccetto і muri localizzati a ridosso dell'argine sinistro, quasi all'altezza di Porta d'Arroscia. Il rilievo, di recente esecuzione (1988), ha posto in evidenza la problematicità di questa costruzione, composta da un muro piuttosto poderoso (spessore m 2,65) rintracciabile per c.a 30 m con orientamento E-0 e inglobato a E nel moderno argine. Esso presenta la faccia S a scarpata, mentre sulla faccia N, verticale, si legano a distanze regolari sei contrafforti, in origine forse ricoperti a volta. Sulla base dei nuovi dati sembra trovare conferma l'identificazione con una parte delle mura di Costanzo, già avanzata dal Lamboglia, anche se l'ipotesi sembrerebbe contrapporsi al riconoscimento della perfetta sovrapposizione delle mura tardo-repubblicane, tardoantiche e medioevali proposta dallo stesso studioso.
In località Monte, a SO della città, in area extraurbana, è stato parzialmente rimesso in luce l'anfiteatro, poco lontano dalla Via Iulia Augusta. Lungo questa direttrice viaria, a О rispetto all'anfiteatro, è nota l'ubicazione di recinti funerari (edifici A, B, D, G) e di un colombario (edificio C) con ustrina all'esterno. L'estensione della necropoli di età romana imperiale è comunque accertata sul pendio N del Monte e nel sito ove nel V-VI sec. d.C. si impiantò la chiesa di S. Calocero. L'esplorazione di questo complesso, ripresa nel 1985, ha inoltre permesso di individuare і resti di una crypta con volta costituita da anfore africane, spagnole e orientali databili alla seconda metà del v sec. d.C.
Mancano al momento studi di dettaglio sulle produzioni locali e sugli scambi commerciali di A. nelle varie ероche. A quanto risulta da materiali di varia provenienza (tombe, la c.d. Stipe di Caprauna) il municipio appare chiaramente inserito, in età augustea e nel I sec. d.C., nei circuiti commerciali, probabilmente marittimi, del tempo. È attestato, per quanto riguarda la terra sigillata italica, il bollo entro cartiglio rettangolare di Gn. Ateius e di liberti della sua officina Zoilus, Xanthus, Ehodus, mentre per le produzioni di sigillata tardo italica è noto il marchio in pianta pedis di Gn. Rasinius. Al I sec. d.C. sono, inoltre, da riferire frammenti di sud-gallica e vasi a pareti sottili di esclusiva produzione ispanica, con decorazione «à la barbotine». Successivamente per la ceramica fine da mensa non manca la presenza di terra sigillata nord-africana.
Per quanto riguarda l'estensione del territorio ingauno resta tuttora problematica l'identificazione del limite settentrionale. A E e a O, secondo l'ipotesi avanzata dal Lamboglia seguendo і più antichi confini delle diocesi, la pertica ingauna giungeva rispettivamente all'altezza del colle del Melogno e del torrente Argentina. A N i rinvenimenti in più siti (Clavesana, Marsaglia, Castellino Tanaro, Roascio, Paroldo, Camerana, Sale, Mombasiglio, Torre Mondovì, Montaldo, Trappa di Garessio) di epigrafi con attestazione della tribù Publilia, cui era ascritto il municipio di Α., ha fatto ritenere da un lato che il territorio di questo ― anche sulla scorta di Plinio (Nat. hist., III, 5, 46) ― comprendesse l'alta valle del Tanaro, dall'altro che tale area potesse gravitare su un altro centro municipale individuato nell'antica Coeba (Ceva).
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