alberi
Un esempio di organismi adattati all'ambiente
Osservando un albero e soffermandosi sul suo aspetto generale, sulla sua chioma, sulla forma delle sue foglie, si può scoprire che ogni esemplare è adattato all'ambiente in cui vive: a volte, infatti, esso si presenta rigoglioso; altre volte, invece, mostra una crescita stentata, soprattutto quando le condizioni ambientali non risultano favorevoli al suo sviluppo. Infatti in condizioni estreme, come quelle in alta quota, gli alberi sono addirittura assenti
Come tutte le piante legnose, l'albero è composto delle radici, del fusto e delle foglie. I rami su cui sono disposte le foglie si trovano a qualche metro da terra, a differenza degli arbusti e dei cespugli che invece hanno i rami piuttosto vicini al suolo, a distanza di qualche decina di centimetri o più, ma comunque sempre al disotto di un metro. Ogni albero presenta inoltre una chioma caratteristica per la forma e il colore, che dipendono dalla disposizione dei rami e dai pigmenti delle foglie.
Forma della chioma e tronco dell'albero ne definiscono la fisionomia che è detta portamento, ed è tipica di ciascuna specie. Osservando anche da lontano alberi diversi ci si accorge facilmente che il loro portamento è il primo elemento utile per riconoscerli. Tuttavia il portamento può essere talvolta completamente diverso da quella che è la norma generale: l'albero, infatti, può essere molto più basso del comune e addirittura curvo verso terra a causa delle condizioni di vita in ambienti ostili, come quelli eccessivamente esposti al vento o quelli in cui l'acqua o le sostanze nutritive del terreno risultano scarse.
Alcune piante arboree sono dette sempreverdi e altre caducifoglie (o piante decidue): le sempreverdi perdono e rinnovano le proprie foglie continuamente nel corso dell'anno, mentre le caducifoglie perdono le foglie in autunno e divengono spoglie in inverno, stagione sfavorevole alle nostre latitudini. Entrambi questi casi sono un esempio di adattamento degli alberi all'ambiente. Le piante sempreverdi, come il leccio, la quercia da sughero o l'olivo, vivono spontaneamente in ambienti costieri o a basse altitudini, dove non si raggiungono mai temperature troppo fredde neanche d'inverno. Le caducifoglie, invece, come il castagno o il faggio, vivono spontaneamente ad altitudini maggiori o in regioni con inverni più rigidi. Di conseguenza, nel corso dei lunghissimi tempi dell'evoluzione, hanno 'escogitato' una strategia per sopravvivere durante i periodi più freddi: perdere le foglie.
Confrontando la forma delle foglie di un abete e quella di un castagno sono visibili delle differenze. I botanici dividono le piante arboree in due grandi gruppi: le latifoglie, e cioè quelle con foglie a lamina estesa e appiattita, come querce e castagni, e le aghifoglie con foglie sottili a forma di ago, come il pino o l'abete. La foglia molto ridotta di questi ultimi indica la necessità di risparmiare acqua, non sempre disponibile nelle regioni fredde in cui vivono.
In montagna a circa 2.000 m si può notare che ci sono soltanto alberi isolati e più bassi rispetto a quelli incontrati ad altezze minori a quote più basse (v. fig.). È questa altitudine, infatti, il limite degli alberi, quella cioè in cui le loro funzioni vitali sono ostacolate fortemente dalle difficili condizioni ambientali, quale la scarsa disponibilità di acqua che per il freddo è spesso ghiacciata. Man mano che si avanza verso la cima, il bosco e poi gli alberi isolati vengono via via sostituiti da ampi prati di piante erbacee, le praterie di altitudine.