ALBERICO da Rosate (o Rosciate)
Giurista; morì nel 1354. Discepolo del cremonese Riccardo Malombra, fu più un pratico che un teorico e un docente di diritto. Romanista convinto, così da sostenere che la parola ius si dovesse riferire soltanto al diritto romano, scrisse ampî commentarî al Digesto e al Codice, che sembrano, nella forma se non nella sostanza, addizioni alla glossa, e un Dictionarium iuris, dove, nonostante gli avvertimenti del maestro, fece larga parte alla scienza francese (per quanto di essa forse non avesse diretta conoscenza) e a quel metodo d'indagine e d'insegnamento. Si occupò largamente di questioni statutarie, sia cooperando direttamente alla riforma di raccolte statutarie, come a quella di Bergamo; sia scrivendo l'opera sua principale, Opus statutorum, il primo lavoro dove, con larghe vedute e con pratica efficacia, si siano discussi il problema della formazione della legge nei tre principali momenti (propositio, consultatio e reformatio) e il fondamento, la forma e l'efficacia delle leggi statutarie. I suoi commenti ebbero molte edizioni (Reggio 1484; Parma 1499; Milano 1492; Pavia 1504; Lione 1517, 1534 e 1545).
Bibl.: K. F. v. Savigny, Storia del diritto romano nel Medio Evo, trad. E. Bollati, II, Torino 1857, pag. 625; A. Salvioni, Intorno ad Alberico da Rosciate, Bergamo 1842; A. Fiammazzo, Il commento dantesco di Alberico da Rosciate, Bergamo 1895. Una sua defensionale, in C. Capasso, La signoria viscontea e la lotta politico-religiosa con il papato nella prima metà del secolo XVI, in Boll. soc. pavese di st. patria, VII (1908), p. 317 segg.; E. Besta, in Del Giudice, Storia del diritto italiano, I, Milano 1925, pp. 22, 475, 482, 507, 514, 850.