ALBERICO (Alberigo) di Porta Ravegnana (di Porta Ravennate)
(di Porta Ravennate). Si sa poco della vita di questo giureconsulto bolognese della scuola dei glossatori. Sei documenti, del 1165, del 1168, del 1173, del 1179, del 1191, del 1194 rispettivamente, sono i soli che ci permettano di datare in maniera approssimativa l'operosità forense d'A., "causidicus", "iudex", "legum dominus", "legum doctor",richiesto di pareri giuridici in importanti controversie a Bologna e a Reggio. Bolognese lo dichiara l'epiteto stesso de Porta Ravennate, che si trova a volte aggiunto al suo nome, come si trova aggiunto a quelli di due maestri di poco anteriori, Ugo e lacopo, e che vuole indicare l'appartenenza della famiglia al quartiere, appunto, di Porta Ravegnana. Sul fondamento della comune denominazione fu pure supposta, dal Sarti, una sua parentela con Ugo, di cui darebbe indizio il frequente ricorrere nella famiglia di questo del nome Alberico, che si fissò più tardi nel cognome Alberici; ipotesi verosimile, ma non verifica-bile. Del resto il nome del glossatore appare più spesso, nelle fonti, semplicemente come Albericus, ed è siglato nelle glosse, o nelle citazioni fatte da glossatori più tardi, come Al., più di rado come A., Alb., Albri.; quando pure non è confuso da amanuensi o da tipografi col nome dell'altro giureconsulto Alderico o Aldrico.
Sull'insegnamento d'A. nello Studio bolognese qualche notizia scucita offrono i commentari al Corpus iuris d'Odofredo, posteriori d'un mezzo secolo abbondante alla data presumibile della sua morte (ad Dig., 22, 4, 2, n. ???; ad Dig., 23, 3, 6, pr., n. 1; ad Cod., I, 22, 2, n. 5; ad auth. Si quis in aliquo, post Cod., 2, I, 7, n. 3; ad Cod., 2, 21, 6,pr.; ad Cod., 5, 18, 4, n. 2). Parlano d'A. come contemporaneo, "immo senior etate", del più famoso Giovanni Bassiano; e al pari di lui, scolaro di Bulgaro; e non diversamente da lui, amante a tal segno del buon vino e dei lieti simposi che una volta un gruppo di scolan spagnoli ne profittarono per invitarlo a pranzo, farlo ubbriacare e, così ridotto, indurlo a entrar mallevadore per loro e a prestar loro "scnipta sua", non s'intende di che specie. L'aneddoto, confermato da Accorso, non èil solo a mettere in cattiva luce la figura d'A.: varie fonti insistono sulle interpretazioni sofistiche con cui, in due occasioni importanti della sua vita, avrebbe forzato la legge romana a dire ciò che a lui personalmente faceva comodo. Ma in questi racconti, come in tanti altri della stessa provenienza, non è facile sceverare la verità da quello che alla verità fu aggiunto per il gusto d'interrompere con piacevoli malignità la monotonia di lunghe lezioni. Importa di più un altro fatto, e anche di questo dà notizia Odofredo: che A. aveva tanti scolari da dover fare lezione non in casa propria, com'era l'usanza generale, ma nel Palazzo del Comune.
L'autorità che A. s'era acquistata in vita fu tenuta nel debito conto da Accorso, che ne riportò numerose glosse. Altre glosse sono sparse in vari manoscritti: dodici di questi sono enumerati dal Savigny, che ne pubblica alcuni estratti. La parte che avrebbe avuto A. in una raccolta di distinzioni che va sotto il nome d'Ugo di Porta Ravegnana e suo, è stata variamente discussa; sembra che si riducesse a un completamento e riordinamento. A valutare la personalità scientifica d'A. giova di più la Summula de testibus, scoperta appena ai primi del nostro secolo dal Seckel e pubblicata dal Genzmer: un trattatello chiaro, oggettivo, ben ordinato sistematicamente, che occupa un posto onorevole nella letteratura processualistica dei primordi; sembra essere del 1170-80 circa. E si conservano ancora, d'A., frammenti delle lezioni: li scoprì il Meijers; ma non sono stati pubblicati nè studiati.
Fonti e Bibl.: G. Belvederi, Monastero di Santo Stefano di Bologna, vol. III del Charzulariunz studii Bononiensis, Bologna 1916, pp. 123, 130. Tutte le altre fonti sono già citate dal Sarti e dal Savigny. G. Panciroli (Panzirolus), De claris legum interpretibus, Lipsiae 1721, I, p. 110-111;M. Sarti e M. Fattorini, De claris archigymnasii Bononiensis professoribus, I, 1,Bononiae 1769, pp. 61-62; F. C. v. Savigny, Storia del diritto romano nel niedio evo, trad. Bollati, II, Torino 1857, pp. 90-93, 119-121; III, ibid. 1857, pp. 426-428 (qui, edizione di Chiose di A.); F. Cavazza, Le scuole dell'antico Studio bolognese, Milano 1896, pp. 50-52; E. Seckel, Distincìiones glossatorurn, in Festschrift der Berliner luristischen Fakultàt fur Ferdinand von Martiìz, Berlin 1911, pp. 310-332; P. Sella, Sigle di giuristi medievali, in ispecie dello Studio bolognese, tratte dai Codici vaticani, Bologna 1932, pp. 4-5; E. M. Meijers, Sommes, lectures et commentaires, in Atti del Congresso internazionale di diritto romano (Bologna e Roma, XVII-XXVII aprile MCMXXXIII), Bologna, I, Pavia 1934, pp. 478-480 (qui, descrizione della Lectura Alberici et Iohannis in secunda parte digesti veteris); A. Solmi, A. glossatore, in Contributi alla storia del diritto comune, Roma 1937, I, p. 327-338 (sulla controversia decisa il 15 genn. 1179 dal vescovo di Reggio nell'Emilia con l'assistenza, tra gli altri, d'A.); H. Kantorowicz, Studies in the glossators of the roman law, Cambridge 1938, pp. 104-105 (sulle distinzioni); E. Genzmer, Summula de testibus ab Alberico de Porta Ravenna te composita, in Studi di storia e diritto in onore di E. Resta, I, Milano 1939, pp. 479-510.