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MALASPINA, Alberico

di Patrizia Meli - Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 67 (2006)
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MALASPINA, Alberico

Patrizia Meli

Nacque verosimilmente verso la metà del sec. XV, figlio primogenito di Giacomo, marchese di Massa e Carrara, e di Taddea Pico della Mirandola; successe al padre nel maggio 1481 insieme con il fratello Francesco. Ben presto nacquero fra i due forti dissidi, acuiti dalla madre che mirava alla successione del solo primogenito, in contrasto con la consuetudine familiare che prevedeva che tutti i figli maschi potessero ereditare. Il conflitto - rimasto latente per un paio di anni grazie alla mediazione del commissario sforzesco di Pontremoli e alla necessità di difendere lo Stato dall'assalto dei ribelli milanesi (maggio 1483) - scoppiò all'inizio del 1484, quando il M. occupò tutte le fortezze del Marchesato e il fratello si rifugiò con la famiglia ad Avenza.

Francesco aveva sposato, probabilmente nel dicembre 1477, Costanza Fogliani, nipote di Francesco Sforza. Dal matrimonio erano nati quattro figli: Ludovico, che, sposato con Ippolita Fioramonti, dette origine al ramo pavese della famiglia; Gabriella, moglie di Carlo Pallavicino, marchese di Tabiano; Ludovica, monaca a Valenza; Pietra, moglie di Bertrando Rossi, conte di Berceto.

Francesco ebbe quasi subito l'appoggio dello zio, il marchese Gabriele di Fosdinovo. Dopo alcuni mesi di vicendevoli razzie e di tentativi di mediazione operati da più parti, il marchese Gabriele inviò ad Avenza un contingente di soldati al comando del proprio primogenito per impedire la cessione di quella località al genovese Banco di S. Giorgio (8 giugno). Un mese dopo giungeva nel Marchesato un inviato sforzesco, Antonio da Appiano, con l'incarico di rappacificare i due fratelli. Mentre le trattative procedevano, seppur lentamente, Francesco Malaspina morì nella notte fra il 23 e il 24 ag. 1484, molto probabilmente di malaria. Pochi giorni dopo dovette perire anche la moglie e Avenza venne governata dal marchese di Fosdinovo, che il defunto aveva nominato tutore dei figli insieme con Ludovico Fogliani, Ludovico Sforza e Pallavicino Pallavicino. Il 20 dicembre il M. riusciva però a riappropriarsi della località contesa, nonostante le proteste dello zio e dello Sforza. Grazie alla mediazione di quest'ultimo nel settembre 1491 venne raggiunto un accordo in base al quale il M. cedette al nipote Ludovico i possedimenti della famiglia in Lombardia. Otto anni dopo lo Sforza, divenuto duca di Milano, cercò di spingere il M., che non aveva figli maschi, a riconoscere il nipote come proprio erede universale: il progetto fallì per la caduta dello stesso duca e per la sua cattura da parte francese.

Nonostante queste controversie il M. continuò la politica filomilanese del padre fino alla fine del 1494 (il 10 marzo 1485 aveva rinnovato l'accomandigia decennale per Massa mentre quella per Carrara, Moneta e Avenza fu stipulata in perpetuo), quando passò dalla parte della Repubblica fiorentina.

Si trattò di una reazione al cambio di alleanza politica effettuato dallo zio Gabriele, con cui i rapporti furono sempre pessimi, anche per l'appoggio da questo dato al fratello e al nipote del M.; con l'arrivo dei Francesi sia il M. sia lo zio tentarono di impadronirsi dell'ex marchesato di Fivizzano, su cui entrambi vantavano diritti. In un primo momento fu lo zio, favorito da Ludovico Sforza e dal re di Francia Carlo VIII, a spuntarla: per reazione il M. si allontanò allora dagli Sforza e si alleò con Firenze, che fino a quel momento aveva governato Fivizzano. Nel luglio 1498 il M. tentò un riavvicinamento al Ducato di Milano, credendo che lo zio e lo Sforza fossero in contrasto: si trattò in realtà di una crisi passeggera e il M. restò quindi alleato della Repubblica fiorentina.

Negli anni successivi il M. rimase fedele a questa scelta di campo che gli permise di passare indenne dalle campagne militari che si susseguirono per il predominio in Italia. Solamente per un breve periodo perse il controllo di tre castelli: Carrara, Avenza e Moneta. Nel giugno 1500 essi furono infatti confiscati dal comandante dell'esercito francese, Jean de Beaumont, in transito per Pisa: si trattava di una rappresaglia contro Ludovico Malaspina, ritenuto un ribelle per essere rimasto fino all'ultimo al fianco dell'ormai deposto duca di Milano. Inutilmente il M. fece presente che il nipote non li aveva mai governati: per riaverli ricevette la richiesta di un pagamento di 52.000 ducati. In più, pochi mesi dopo i tre castelli vennero consegnati al rivale del M., lo zio Gabriele, ma anche i Fregoso stavano inutilmente cercando di ottenerne la proprietà. Grazie all'aiuto fiorentino e del duca di Ferrara Ercole I d'Este, con cui era imparentato, il M. riuscì però a rientrarne in possesso (14 maggio 1501). Pare comunque che durante la lunga trattativa per recuperare i tre castelli egli avesse pensato di vendere quanto restava del suo Marchesato (in pratica la sola Massa) alla Repubblica di Lucca. Dopo che questa vicenda si risolse positivamente per il M., non risulta che egli abbia avuto ulteriori problemi e continuò a governare tranquillamente il suo Stato fino alla morte.

Una grossa preoccupazione per il M. fu rappresentata dall'organizzazione della propria successione. Nel 1488 erano state concluse le nozze, celebrate due anni dopo, fra il M. e Lucrezia d'Este, figlia di Sigismondo, marchese di San Martino, e nipote del duca Ercole I. Dal matrimonio nacquero solo figlie femmine: Eleonora, Taddea, Ricciarda e Lucrezia, monaca a Ferrara. Divenne quindi fondamentale la scelta del marito per la primogenita Eleonora - poi sostituita da Taddea a causa della precoce morte della giovane - in quanto era ragionevole ritenere che sarebbe stato costui a succedere al M.; alla fine il prescelto fu Scipione Fieschi, ma Taddea morì nel 1515 senza prole, ragion per cui il Fieschi si risposò con la cognata Ricciarda: da questo matrimonio nacque una sola femmina e la Malaspina, rimasta vedova nel 1520, si risposò con Lorenzo Cibo.

Il M. ebbe un'altra figlia di nome Taddea, quasi sicuramente illegittima, che verso il 1524 sposò il conte di Scandiano, Giovan Battista Boiardo.

Il M. morì il 13 apr. 1519 e la figlia Ricciarda gli subentrò senza problemi, ottenendo alcuni anni dopo dall'imperatore l'investitura del Marchesato.

Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Massa, Arch. Malaspina di Fosdinovo, marchesi di Massa, ff. II, ins. 1; III, ins. 3; Arch. di Stato di Milano, Arch. Sforzesco. Potenze estere, Lunigiana, 1004, 1006, 1232-1233 passim; Arch. di Stato di Modena, Carteggio dei principi esteri, bb. 1206/1, 1507 b/20, passim; M. Sanuto, I diarii, III, Venezia 1880, col. 1374; Cronache di Massa di Lunigiana, a cura di G. Sforza, Lucca 1886, p. 73; E. Lasinio, Regesto delle pergamene del R. Arch. di Stato in Massa, Pistoia 1916, pp. 144-178 passim; L. de' Medici, Lettere, VII, a cura di M. Mallett, Firenze 1998, pp. 274, 280; VIII, a cura di H. Butters, ibid. 2001, pp. 38, 40, 356; X, a cura di M.M. Bullard, ibid. 2003, p. 208; XI, a cura di M.M. Bullard, ibid. 2004, pp. 348 s., 635, 647; E. Gerini, Memorie storiche della Lunigiana, II, Massa 1829, pp. 363 s.; E. Branchi, Storia della Lunigiana feudale, III, Pistoia 1898, pp. 769-776; G. Sforza, La nuora e la figlia di Francesco Malaspina, in Giorn. stor. e letterario della Liguria, I (1900), pp. 333-336; M.G. Tamborini, Ricerche sulla politica sforzesca in Lunigiana nel secondo Quattrocento, in Annuario della Biblioteca civica di Massa, 1981, pp. 94-96; G. Caciagli, Storia della Lunigiana, Pontedera 1992, pp. 150, 160, 175; M. Traxino, Gian Luigi Fiesco il grande e la sua opera equilibratrice tra le fazioni genovesi, in I Fieschi tra Papato ed Impero, a cura di D. Calcagno, Lavagna 1997, pp. 278 s.; P. Litta, Le famiglie celebri italiane, s.v. Malaspina, tav. XX; Enc. Italiana, XXII, p. 508.

Vedi anche
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alberato agg. [part. pass. di alberare]. – 1. Piantato ad alberi: strade a., viale alberato. 2. Appoggiato a un albero vivo, detto della vite (v. alberata). 3. Di nave, fornita d’alberi.
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