LONGO, Alberigo
Nacque da Francesco sul finire del XV secolo a Nardò, nel Salento. Le notizie intorno ai primi decenni della sua vita sono tramandate unicamente dai biografi successivi, che lo vogliono iscritto ai corsi di lettere classiche e poi giuridiche al Gymnasium Nerentinum. Alla morte del padre, il L. si sarebbe dedicato alle scienze mediche presso lo Studium urbis napoletano. Tornato a Nardò, avrebbe esercitato la professione e insegnato umanità; quindi, al fine di approfondire la conoscenza del greco, si sarebbe imbarcato da Otranto alla volta di Corfù, visitando in seguito Creta, Candia, Costantinopoli, e spingendosi fino in Moscovia.
Tornato in Italia intorno al 1530, il L. si stabilì a Ferrara, dove entrò in contatto con L.G. Giraldi. È probabile che in seguito si fosse trasferito a Roma, dove si inserì nella cerchia di Marcello Cervini (il futuro papa Marcello II). Al L. infatti si rivolse, secondo P. Pollidori, N. Maiorani nella prefazione alle sue annotazione agli Idilli di Teocrito (smarrite), lodandone la traduzione dal greco del De sacris imaginibus di Giovanni Damasceno. Sollecitato dall'ambiente papale, il L. tradusse ancora dal greco la Vita beati Simeonis maioris di Teodoreto vescovo di Cirene, confluita nelle Vitae sanctorum di L. Lippomano.
Nel 1540 era a Bologna, da dove il 1° aprile M. Antimaco scriveva a Pietro Vettori raccomandandogli di accogliere il L. tra i suoi allievi, affinché entrambi potessero giovarsi delle rispettive conoscenze del greco. La responsiva del 10 aprile manifesta la calorosa accoglienza riservata da Vettori al L. e lascia intravedere un periodo di intensa collaborazione tra i due, conclusosi nella prima metà del 1549: secondo quanto scriveva, in luglio, S. Regolo al Vettori, il L. era stabilmente a Bologna come segretario del vescovo di Maiorca G.B. Campeggi, lì presente per il trasferimento del concilio di Trento.
È quello il periodo più fecondo per l'attività poetica del L., che aderì all'Accademia Bocchiana ed entrò in contatto con L. Bonamici, U. Bassiani (che all'Orsola amata dal L. dedicò un componimento confluito in G.P. Ubaldini, Carmina poetarum nobilium, Milano 1563, c. 101), F. Bolognetti e, tra gli altri, F. Melchiori. Forte del mecenatismo di Campeggi, il L. si cimentò in eleganti e talvolta mordaci carmina (Numatius, Baculus, Catella, Catellae mors, Coridone, Pila, Hylas, Polyphemus), disseminati in diversi codici del XVI secolo. Forse a tale stagione saranno da ricondurre anche le Rime (Ferrara, V. Panizza, 1568, non è stato però rintracciato alcun esemplare), intorno alle quali il 10 ag. 1555, dopo la morte del L., P. Manuzio scrisse a C. Sigonio da Bologna, informandolo della raccolta allestita da Campeggi e della spedizione della medesima ad A. Caro, affinché ottenesse da G. Della Casa l'imprimatur per la stampa. È presumibile che la produzione poetica in volgare del L. sia proceduta parallelamente allo studio della lezione petrarchesca, come testimoniano le sue annotazioni al testo del Canzoniere che Francesco Melchiori trascrisse nei margini dell'esemplare ora a Londra, British Library, C.6.b.2.
È forse ancora allo stimolo del circolo bolognese, o forse a ragioni personali, che si deve l'intervento del L. nel 1555 nella polemica fra A. Caro e L. Castelvetro, innescata dalla canzone di Caro Venite all'ombra de' gran gigli d'oro. All'attacco di Castelvetro, infatti, Caro rispose con la mordace Apologia degli Academici de' Banchi e il L. da Bologna si lanciò in una duplice offensiva: lodando Caro in un componimento latino Ad Hannibalem Carum, e denigrando il commentatore di Aristotele sia in versi, sia in una lettera, di cui Caro dà menzione nell'Apologia: "io so, che per altra via ve ne son mandate due altre [lettere]: una di messer Alberico Longo; et l'altra di messer Pietro Marzio, le quali non vi doveranno parer sogni, né favole, perché questi sono riputati ambedue gran campioni de le buone lettere, et de la verità" (p. 216).
Nel giugno 1555 il L. fu ucciso da un colpo d'arma da fuoco a Sant'Ambrogio, presso Modena.
Intorno all'omicidio nacque uno dei più controversi processi della storiografia letteraria. Probabilmente informato da corrispondenti bolognesi, Caro da Roma scrisse a V. Fontana e a L. Lenzi, vicelegato di Bologna e vescovo di Fermo, facendo convergere i sospetti sul rivale. Castelvetro fu dunque chiamato a comparire, unitamente a colui che in un primo momento fu ritenuto il mandante, F. Valentini, davanti all'uditore generale per le cause criminali S. Attracino. Il processo si risolse con la sentenza del 20 dic. 1556 che condannò a morte in contumacia Castelvetro e i modenesi A. Calori e P. Vaccari, ritenuti gli esecutori del delitto: lo smarrimento del fascicolo processuale non consente di appurare la validità dell'inchiesta svolta e le effettive motivazioni dei responsabili.
I Carmina Latina del L. sono inediti: Biblioteca apost. Vaticana, Vat. lat., 9948, cc. 31-269; Barb. lat., 1675, c. 1r (Polyphemus); dubbia l'attribuzione di quelli contenuti nel Barb. lat., 3997, cc. 20v-22v; Parma, Biblioteca Palatina, Mss., 555, cc. 821-827; Siena, Biblioteca comunale, Mss., K.V.31; Treviso, Biblioteca comunale, Mss., 1438, 2132; due poemetti in morte di F. Bolognetti sono conservati a Roma, Biblioteca Corsiniana, Mss., 45.F.17, nn. 41, 79. Lettere a P. Vettori del 1549-50 sono a Londra, British Library, Add. Mss., 10; 267, vol. VI, sub voce. A stampa: Vita beati Simeonis maioris, in L. Lippomano, Vitae sanctorum, II, Venetiis 1553, cc. 195-237; Si tres decertent iterum, me iudice, tecum, in G. Ruscelli, Del tempio della divina signora donna Giovanna d'Aragona…, Venezia, P. Pietrasante, 1555, p. 43; In Proserpinam, in L. Bonamici, Carminum liber, Venetiis, G.B. Somasco, 1572, cc. 38v-39; Symbolum in symbola Achillis Bocchi, in A. Bocchi, Symbolicarum quaestionum de universo genere…, Bononiae, apud Societatem tipographiae Bononiensis, 1574, p. CCCXLI; Ad Alexandrum Roscium, in B. Papadia, Vite d'alcuni uomini illustri salentini, Napoli 1806, pp. 160 s.; Ad Hannibalem Carum, ibid., pp. 162 s.; i Carmina in Ludovicum Castelvitreum sono editi in G. Righi, Un codice latino del Cinquecento, Bologna 1951; Coridone, in M. Marti, Opere di A. L. nel codice Vat. 9948, in L'Albero, XI (1960), pp. 56-64.
Fonti e Bibl.: P. Manuzio, Tre libri di lettere volgari, Venezia 1556, cc. 25-26; L. Castelvetro, Apologia degli Academici de' Banchi di Roma contra m. Lodovico Castelvetro…, Parma 1558, p. 216; Id., Ragione d'alcune cose segnate nella canzone d'Annibal Caro "Venite all'ombra de' gran gigli d'oro", s.l. né d., c. 103r; P. Vettori, Epistolarum libri X, Orationes XIII…, Florentiae 1586, pp. 12, 79; B. Varchi, L'Hercolano, dialogo…, Firenze 1570, p. 8; A. Caro, Lettere familiari, a cura di A. Greco, II, Firenze 1959, pp. 195 s., 201 s., 219; F. Ughelli, Italia sacra, IX, Venetiis 1721, col. 105; P. Pollidori, De vita, gestis et moribus Marcelli II pontificis maximi commentarius, Romae 1744, p. 84; A.M. Bandinio, Cl. Italorum et Germanorum epistolae ad Petrum Victorium…, Florentiae 1758, pp. 15 s., 70 s.; A.F. Seghezzi, La vita del commendatore Annibal Caro, in A. Caro, Lettere, I, Como 1825, pp. L s.; L.G. Giraldi, De poetis nostrorum temporum, a cura di K. Wotke, Berlin 1894, p. 56; G. Cavazzuti, Lodovico Castelvetro, Modena 1903, pp. 106, 200-202; G. Jacovelli, Medici pugliesi del '500 in Europa e nel mondo: Matteo Tafuri, A. L., Jacopo Ferdinando, in Momenti e figure di storia pugliese. Studi in memoria di Michele Viterbo (Peucezio), a cura di M. Lanera - M. Paone, I, Galatina 1981, pp. 255-272; E. Garavelli, Prime scintille tra Caro e Castelvetro (1554-1555), in Parlar l'idioma soave. Studi di filologia, letteratura e storia della lingua offerti a Gianni A. Papini, Novara 2003, pp. 144 s.