Albero da Siena
Nobile senese, figlio di un Bernardino dell'aristocratico popolo di S. Martino, vissuto nella seconda metà del XIII secolo.
Notizie che lo riguardano son contenute in documenti che vanno dal 1288 al 1294. Sappiamo che tenne cavallo da guerra per conto del comune e partecipò alla fondazione della " Gran Tavola " (banca) dei Bonsignori apportandovi la somma di 1200 fiorini d'oro (segno di finanze prospere).
A D. è presentato nel racconto di Griffolino (v.; e cfr. If XXIX 109-120) come uno sciocco e vano che, non essendo riuscito a ottenere dall'alchimista il segreto di levarsi a volo come gli uccelli, pieno di risentimento, fece tanto che lo sventurato venisse incolpato di magia e di commercio con il nemico e di conseguenza fatto morire sul rogo. La vendetta venne grandemente favorita (così spiegarono i primi commentatori) dal fatto che A. era figlio del vescovo di Siena (forse il Bonfiglio che occupò la cattedra episcopale dal 1216 al 1252). I moderni tuttavia escludono questa circostanza, e piuttosto che un figlio segreto del presule fanno di A. un suo protetto.
Griffolino - osserva il Mariani - " tinge il suo racconto d'infinite sfumature; lo imposta su di un tono gaiamente discorsivo introducendovi un brano del suo colloquio con Albero del quale si compiace di mettere in luce la sciocca ed ignorante presunzione".
Tutto l'episodio infatti è improntato ad arguta ironia, e sembra che Griffolino si compiaccia di mettere in evidenza come fu fuorviata la giustizia terrena che lo condannò, non per la sua vera colpa, ma " perché non era stato capace di trasformare in Dedalo uno sciocco presuntuoso ": è quasi un vanto per l'ultima beffa perpetrata ai danni del vano senese.
Per quanto riguarda il nome del personaggio, i più antichi codici e commenti danno la forma A., mentre alcune lezioni più recenti hanno la corrente forma ‛ Alberto ' (cfr. Petrocchi, ad l.; e, dei commentatori, unico fra gli antichi, Iacopo). Possiamo quindi concordare con Buscaino Campo, il quale nei suoi Studi osserva che la lezione A. è " più comune, benché, in apparenza più strana. E forse, appunto per ciò, è la vera ... ": quasi potremmo supporre in questo nome storpiato uno scherno dei concittadini verso lo stolto senese, raccolto da D. per esasperare vieppiù la figura caricaturale del personaggio. Infine si è voluto identificare A. con l'Alberto protagonista delle novelle XI-XIV del Sacchetti. La questione è molto controversa, per quanto il personaggio dantesco abbia gli stessi caratteri di quello del novelliere.
Bibl. - P. Aquarone, D. in Siena, Siena 1865, 62-63; A. Fiammazzo, rec. a A. Buscaino Campo, Studi danteschi, Trapani 1894, in " Bull. " I (1894) 202; G. Mariani, Il XXIX canto dell'Inferno, in Lect. Scaligera 1051-1052.