Lewin, Albert
Regista, sceneggiatore e produttore statunitense, nato a New York il 23 settembre 1894 e morto ivi il 9 maggio 1968. Autore anomalo nel panorama del cinema americano degli anni Quaranta e Cinquanta, esteta raffinato, di cultura e gusto europei, tentò di introdurre nella forma hollywoodiana una sensibilità figurativa ricercata, un'ambizione cromatica e visionaria, un gioco inquietante delle psicologie.
Ottenuta la laurea in letteratura inglese alla Harvard University, nel 1924 si trasferì a Hollywood per lavorare alla Metro Pictures, prima come sceneggiatore, poi come produttore esecutivo. Tra i film da lui prodotti, spiccano China seas (1935; Sui mari della Cina) di Tay Garnett, Mutiny on the Bounty (1935; La tragedia del Bounty) di Frank Lloyd, che ottenne l'Oscar per il miglior film, So ends our night (1941; Così finisce la nostra notte) di John Cromwell. Nel 1940 fondò, assieme all'amico David Loew, la casa di produzione indipendente Loew-Lewin, che gli permise di passare alla regia con The moon and sixpence (1942; La luna e sei soldi), biografia di P. Gauguin tratta da un romanzo di S. Maugham, The picture of Dorian Gray (1945; Il ritratto di Dorian Gray), dal romanzo di O. Wilde, e The private affairs of Bel Ami (1947; Il disonesto), adattamento da G. de Maupassant. Nel 1951 realizzò quello che molti considerano il suo capolavoro: Pandora and the Flying Dutchman (1951; Pandora). In seguito, la presenza di L. divenne sempre più rara: realizzò nel 1953 Saadia, storia di mistero e di amour fou calata nel clima esotico di un Marocco d'invenzione; e, assieme a René Cardona, The living idol (1957), fiammeggiante film gotico girato in Messico. Dopo il 1959 il regista-produttore dovette abbandonare l'attività per motivi di salute.
Nei suoi primi tre film si ritrova il desiderio di dar corpo alla figura dell'artista e dell'intellettuale (pittore in The moon and sixpence, dandy in The picture of Dorian Gray, giornalista in The private affairs of Bel Ami), personaggio raramente esplorato a Hollywood, di cui L. cerca di restituire travagli e contraddizioni anche morali con insolito acume (i produttori gli imposero spesso dei finali tanto 'concilianti' quanto incongrui). Un vero e proprio trittico ‒ costruito sull'attore George Sanders, per molti versi alter ego dello stesso regista ‒ che si caratterizza per l'accuratezza un po' algida della ricostruzione e delle immagini (in particolare in The picture of Dorian Gray, che ottenne l'Oscar per la fotografia di Harry Stradling, e in The private affairs of Bel Ami, fotografato da Russell Metty). I tre film sono in bianco e nero, ma L. inserisce sequenze a colori: nella stampa originale di The moon and sixpence, la parte a Tahiti è in seppia, e il capolavoro finale di Gauguin, un'anacronistica Tentazione di sant'Antonio dipinta da M. Ernst, è a colori, e lo stesso avviene con il ritratto di The picture of Dorian Gray, dipinto da I. Albright. Ma è con il Technicolor di Pandora and the Flying Dutchman che L. dà il meglio di sé: in un bric-à-brac surrealista vorticante attorno a una fulgida Ava Gardner, tra mitologia greca e leggende germaniche, poesia romantica, languori fitzgeraldiani ed esotismo kitsch forse involontario, il film alterna corride, flamenco, corse automobilistiche e concerti jazz sulla spiaggia tra statue greche, il tutto memore della 'bellezza convulsiva' auspicata da André Breton.
S. Felleman, Botticelli in Hollywood: the films of Albert Lewin, New York 1997.